IL MONACO CAPITALISTA

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“Non possiamo demandare al funzionamento dei mercati la creazione di una società equa perché non hanno coscienza, non hanno morale, non sanno distinguere tra ciò che è giusto e ciò che non lo è”… ”l’efficienza non è e non può essere l’unico elemento che regola la vita. C’e’ un limite oltre il quale il profitto diventa avidità e chi opera nel libero mercato ha il dover di fare i conti con la propria coscienza”…”gli eventi e la storia hanno dimostrato che ci reggevamo su un sistema di governance del tutto inadeguato. Soprattutto, hanno evidenziato la necessità di ripensare il ruolo del capitalismo stesso, e di stabilire qual è il corretto contesto dei mercati. Sono una struttura che disciplina le economie, non la società”… “se li lasciamo agire come meccanismo operativo della società, tratteranno anche la vita umana come una merce. E questo non può essere accettabile”…”la forza del libero mercato in un’economia globale è fuori discussione…nessuno di noi può frenare o alterare il funzionamento dei mercati…questo campo aperto è la garanzia per tutti di combattere ad armi pari…il perseguimento del mero profitto, scevro da responsabilità morale, non ci priva solo della nostra umanità, ma mette a repentaglio anche la nostra prosperità a lungo termine… [Occorre] creare le condizioni per un cambiamento virtuoso…per promuovere la globalizzazione che sia davvero al servizio dell’umanità”.

Si tratta di dichiarazioni di Sergio Marchionne, come riporta l’Ansa, in occasione della consegna di un premio Luiss sulla finanza. Il leader della Fiat dimostra, con tali affermazioni, di ignorare le basi dell’economia o, peggio, di essere un filisteo. Egli travisa tutto, come fanno tanti altri predicatori della triste scienza in questa fase di squilibri finanziari, sottoponendo i propri uditori ad un inutile sermone intriso di elementi morali ed ideologici che non spiegano la situazione odierna e la crisi in corso.

Accusare i mercati di non avere coscienza è una stupidaggine oltre che una ridondanza. Costui meriterebbe uno  zero in pagella. I mercati sono il regno anarchico delle merci ed il fatto che oggi si siano estesi a tutto il pianeta, secondo le dicerie globaliste, non muta il loro intrinseco funzionamento. Non vi è nessuna degenerazione nei mercati che sono anzi, seppur solo formalmente, il luogo dell’uguaglianza degli individui i quali vi si recano liberamente per acquistare e vendere i loro prodotti, secondo leggi ferree di  una certa formazione sociale, leggi solo occasionalmente violate con truffe e raggiri ( puniti dai tribunali), che però non rappresentano la norma. Marchionne vorrebbe che i mercati non trattassero la vita umana come merce. Ma i mercati non sanno che farsene della nuda vita e nemmeno delle sue parole. Gli unici corpi che interessano ai mercati sono quelli delle merci in quanto contenenti un (plus)valore da realizzare per trarne un profitto, non i corpi tout court né, tanto meno, i fisici corpulenti di certi manager in vena di spararle più grosse della loro mole. Non c’è rischio che la vita umana diventi merce perché se accadesse ci troveremmo dinanzi ad un arretramento, ad un ritorno della società ai vincoli personali di tipo schiavistico e feudale. Sarebbe una regressione secolare a forme di esistenza precedenti già superate dal modo di produzione capitalistico. Ma poiché sotto il saio francescano Marchionne cela il sempiterno abitino dell’apologeta del Capitalismo, torna immediatamente sui suoi passi: “ la forza del libero mercato in un’economia globale è fuori discussione”. La forza del libero mercato, in quanto feticcio marchionnesco, è sicuramente fuori discussione, molto meno il fatto che al libero mercato verrebbero certamente a mancare le forze se si spezzassero i rapporti sociali capitalistici, affermatisi storicamente, che gli infondono quelle forze. Nulla di naturale e di imperituto, insomma, ma di storicamente determinato. Inoltre, la globalizzazione viene sempre più erosa da un ritorno in auge degli Stati i quali entrano in conflitto tra loro per affermare una diversa visione della globalizzazione, più confacente alle loro spinte egemoniche, dopo aver sottostato per decenni a quelle provenienti dal mondo d’oltreatlantico, vero dominus dei presenti “equlibri globalizzati”.

Infine, ciliegina sulla torta, Marchionne vorrebbe limitare i profitti: “il perseguimento del mero profitto, scevro da responsabilità morale, non ci priva solo della nostra umanità, ma mette a repentaglio anche la nostra prosperità a lungo termine”. Fossi un grande azionista della Fiat lo licenzierei all’istante. Lui è stato messo lì per fare quello non per dispensare etica e senso della misura. Peraltro, il canadese, guidando un’impresa di automobili, dovrebbe dimostrarsi in grado di produrre veicoli competitivi, per incrementare profitti e conquistare vaste fette di mercato. Invece, pare più aduso a far quadrare i conti attraverso i giochetti in borsa, con scalate, fusioni o acquisizioni. Ovvero, le azioni spregiudicate di tipo finanziario che critica in pubblico. Come tutti i falsi preti Marchionne predica bene e razzola malissimo.