UN POVERO PAESE (di G. La Grassa)

Il nostro è proprio un “povero paese” (non “un paese povero”) come diceva De Gaulle. Ricordo i “raffinati progressisti” che si vergognavano di “essere rappresentati” da Berlusconi. Io sono invece desolato per essere italiano come questa schiera di mentecatti e irresponsabili che hanno votato fior di personaggi (a partire da Prodi) di cui non c’è solo da arrossire, ma da preoccuparsi fortemente perché sono dei tipacci poco raccomandabili (e non semplicemente in quanto “ladri”; magari fossero soltanto questo, punto e basta). Leggo oggi – e mi auguro che la notizia sia mal riportata, ma temo di no – che l’ineffabile sindaco di Bologna, in lotta con gli orchestrali, ha ordinato che venga eseguita comunque la “Bohème” con il solo pianoforte. Se lo fanno, si tratterebbe di un ottimo simbolo dello squallore cavernoso di questo “pauvre pays” (simbolo forse persino migliore dei personaggi interpretati da Alberto Sordi). Per completare la simbologia, suggerirei al (o alla) pianista di presentarsi in mutande, con ben preciso “messaggio”. Comunque, per oggi, voltiamola in ridere. Questi sono proprio dei clown; pur se ammetto che mi divertivano di più quelli dei vecchi circhi del “periodo postguerra” (penso a Fiacca e Bagonghi del circo “Zoppé e Zamperla”; un circo povero, da Italietta, ma nessun paragone con quello odierno dei buffoni di sinistra; quello suscitava pena e tenerezza, questo solo disgusto e voglia di…..).