AUTOSTRADE-ABERTIS, LA FUSIONE CHE VERRA’

 

C.V.D. Sono passati pochi giorni dalla chiusura dell’affaire Telecom e già se ne sentono delle belle. In primo luogo, il presidente di Telefonica Cesar Alierta, fatto fuori il non gradito Tronchetti-Provera, torna a perorare la causa di Guido Rossi a capo della nuova creatura che sorgerà dalle ceneri di Telecom. I due “compari”, i quali avevano già tentato l’approccio quando il “Tronchetto” era ancora saldo al suo posto, furono lesti al dietrofront non appena seppero che l’operazione, nei termini fissati dal marito di Afef, non piaceva alla politica. Ora che Tronchetti si è tolto “finalmente” dalle palle, Alierta media con Mediobanca e Generali per avere il superavvocato alla guida della nuova Telecom. Il presidente di Telefonica sa benissimo che in Italia la politica conta per cui un personaggio “intrallazzatore” come Rossi può fare ancora molto comodo. Del resto, gli spagnoli si sentono debitori nei confronti dell’ex senatore della sinistra indipendente (il quale paragonò il clima che si respirava in Telecom a quello della Chicago degli anni ‘20) che, con grande abilità e il solito doppiogiochismo, era riuscito a bloccare Tronchetti-Provera quando Telefonica era già pronta a sborsare 3,3 euro ad azione, poi diventati “solo” 3 grazie alle pressioni esercitate dal Governo sul leader di Pirelli. La politica (e la Grande Finanza) ha fatto sentire tutto il suo peso, ha impugnato il tricolore come un gladio per salvare, si dice, l’ “italianità” dell’azienda di telecomunicazioni.

Ma la distribuzione delle prebende non è ancora finita perchè, come vi avevamo già preannunciato, c’è un’altra famiglia del capitalismo italiano che si sta sfregando le mani, dopo aver subito molti smacchi dall’attuale governo. I Benetton sono riusciti a dimostrare la propria fedeltà alla GF attualmente dominate in Italia (perché è questa la forza preminente nel nostro paese) attraverso una serie di atti che hanno convinto quel mortadella di Prodi (maggiordomo di Bazoli) a dare semaforo verde alla famiglia di Ponzano Veneto per la fusione con la spagnola Abertis. Il primo atto di vassallaggio dei Benetton era stato l’acquisto di una parte delle azioni RCS liberate da Ricucci. Si trattò di un 5% di titoli, al prezzo di 4 euro e mezzo per azione, in un momento in cui il gruppo editoriale stava avendo un calo diffusionale imbarazzante, certificato anche nel bilancio 2005. Altro che mercato! Si trattò di un atto di codinismo politico (e di remissione) con il quale i Benetton cercarono d’ingraziarsi il salotto buono del capitalismo “straccione” che guida il nostro paese. Poi è arrivata la vicenda Telecom con i Benetton che, stanchi di incassare i niet del governo sull’operazione con Abertis, hanno volato basso, bassissimo, giocando al meglio il peso della loro partecipazione in Olimpia. Oggi che le banche si sono pappate il boccone prelibato delle tlc finalmente i “magliari” di Ponzano possono passare dalla cassa. Come volevasi dimostrare. Il Ministro Di Pietro, duro e puro fino a qualche giorno fa, ha spalancato il portone ai Benetton “offrendo” una maggiore chiarezza del quadro legale entro il quale la fusione diviene possibile: difesa degli assetti pubblici strategici, approntamento degli investimenti, rispetto delle regole, difesa dell’italianità. In cambio, il governo s’impegnerà a non modificare le norme sulla concessione qualora dovesse cambiare il soggetto titolare dei contratti. Insomma, la minaccia della ricontrattazione delle concessioni e della retroattività delle nuove norme, con la quale il Ministro Di Pietro aveva sin qui bloccato le aspirazioni di Abertis e Autostrade, viene completamente quanto “improvvisamente”accantonata.