QUALE STRATEGIA DI POTENZA PER IL PAKISTAN (V ed Ultima Parte)

 

UN PERIMETRO COMMERCIALE RISTRETTO

 

Le analisi delle relazioni economiche sono molto istruttive per comprendere la capacità di un paese di svilupparsi velocemente. La potenza produttiva del Pakistan risiede soprattutto nell’agricoltura (44% della popolazione attiva, per il 22% del PIL) e nell’industria (25% del PIL). I beni prodotti sono quelli di un paese sottosviluppato come cereali (mais, riso, grano), cotone (4° produttore mondiale) per ciò che riguarda l’agricoltura; prodotti siderurgici, petrolchimici, derivati agricoli e prodotti artigianali per quel che concerne l’industria.

Si deduce subito la struttura del commercio estero di questo paese:

         Esportazione di prodotti tessili (cotone in primis), riso, tappeti e altri prodotti artigianali per 11,4 mld di dollari nel 2003.

         Importazione di petrolio (e derivati), di macchinari, di prodotti chimici, di ferro, di acciaio, di prodotti alimentari e fertilizzanti, per 15,7 mld di dollari nel 2003.

Queste caratteristiche commerciali dimostrano una dipendenza reale e problematica del Pakistan rispetto ai suoi fornitori principali. Al contrario, il Pakistan non dispone di mezzi di pressione efficaci per il fatto che esporta soprattutto prodotti agricoli ed artigianali. La struttura economica pakistana non permette al paese di posizionarsi come potenza economica egemone. Inoltre, i suoi partners commerciali riflettono determinate alleanze esterne delle quali abbiamo già detto. I suoi principali clienti sono gli USA, gli Emirati Arabi Uniti e l’Afghanistan. I principali fornitori sono l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e la Cina.

Malgrado una crescita esponenziale dell’economia pakistana lo scorso anno, l’ottimismo post-11 settembre non è più lo stesso. La filiera tessile (60% delle esportazioni pakistane), i cui sbocchi principali sono gli Usa e l’UE, si è vista ritirare le condizioni di preferenza per l’accesso a questi mercati (con l’aumento dei diritti di dogana). Gli aiuti internazionali si sono assottigliati giacché sono stati concentrati sul disastro causato dal terremoto dell’ottobre 2005.

Il miglioramento delle relazioni diplomatiche e commerciali con l’India, dopo il terremoto, è reale ma senza grandi conseguenze positive per l’economia pakistana. Il commercio bilaterale tra i due paesi ammonta a circa 800 milioni di euro, ma nei fatti, questa cifra è appannaggio, soprattutto, dell’India (la bilancia commerciale pakistana segna un deficit di 400 milioni di dollari).

Il Pakistan non è membro di alcun accordo di libero scambio ma è membro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Il Pakistan partecipa ugualmente all’Associazione Sud-Asiatica di Cooperazione Regionale (ASACR), all’accorso di Commercio Preferenziale per l’Asia del Sud (ACPAS), con l’Afghanistan, il Bangladesh, il Bhoutan, l’India, le Maldive, il Nepal e lo Sri Lanka (la Cina e il Giappone ne sono parte come osservatori). L’ASARC incoraggia la cooperazione in agricoltura, nello sviluppo rurale, nello sviluppo scientifico e tecnologico, ma anche nella cultura, nella sanità, nel controllo delle nascite, nella lotta al narcotraffico e al terrorismo internazionale. Purtroppo, le tensioni tra i singoli Stati membri impediscono di dare coerenza e omogeneità alle politiche messe in atto da tale organismo, il che finisce col rallentare il raggiungimento degli obiettivi programmati. La strada verso lo sviluppo di una strategia di potenza nella regione è ancora molto lunga date le rivalità tra i paesi che ne fanno parte.

 

L’economia pakistana soffre, nei suoi scambi esterni, la dipendenza tecnologica da altri paesi, la complessità delle relazioni internazionali e la forte instabilità politica interna. Tutto questo non permette al Pakistan di esercitare l’influenza economica necessaria su qualsivoglia avversario internazionale.

 

DAL BISOGNO ENERGETICO AL PROBLEMA DELL’ACQUA

 

I problemi energetici del Pakistan sono ugualmente incipienti, poiché questo paese è poco dotato di materie prime (come ferro e carbone) e solo il 10% dei bisogni di petrolio sono coperti dalla produzione nazionale. Come buona parte dei paesi dell’area, l’approvvigionamento di acqua potabile è un problema strategico per il Pakistan. I suoi bisogni di acqua sono considerevoli perché l’agricoltura è tra le attività più importanti (l’80% del nutrimento del Pakistan viene dalla terra). Così, nel 2000, il 98% delle risorse di acqua sono state utilizzate per l’agricoltura mentre la media dei paesi sviluppati è tra il 70 e l’80%. Un rapporto concluso nel 2000 dall’International Water Management Institute dimostra che il Pakistan avrà gravi problemi di siccità da qui al 2025. L’acqua è, quindi, una risorsa strategica per il paese mussulmano e le sue fonti di approvvigionamento  sono ancora più preziose. La spartizione dell’acqua del fiume Indus, unica sorgente d’acqua della zona, è retta da un trattato tra L’india e il Pakistan sotto l’egida della banca Mondiale. Benché il trattato sia rispettato, il Pakistan resta dipendente dal buon volere dell’India che controlla il bacino del fiume dalla zona del Cachemire. Fatto ancor più paradossale è che l’acqua determina anche contenziosi interni che minano la coerenza del paese e i suoi progetti strategici. Così, l’annuncio fatto nel 1998 dal governo pakistano di costruire la diga di Kalabagh ha generato un numero considerevole di critiche. La posta in gioco aperta da tale diga è stata così alta che le parti politiche della Provincia di Frontiera del Nord-Ovest hanno cambiato posizione in virtù di questa questione.

 

ASSENZA D’INFLUENZA CULTURALE

 

Questa assenza si spiega principalmente per la mancanza di solidarietà, tra gli stessi mussulmani e tra le posizioni internazionali del potere e della popolazione, cosa davvero sorprendente per uno Stato nato con il fine di riunire i mussulmani della regione. L’unità del paese, necessaria per far intendere la voce pakistana sulla scena internazionale e presso gli altri paesi mussulmani è spesso malfunzionante. L’egemonia dei Penjabi è decisiva nell’esercito e nelle altre strutture di potere: la burocrazia permanente, l’aleatorietà del Parlamento, il dominio dell’acqua, essenziale all’economia del paese. Questa dominazione pendjabiana è particolarmente sentita dai Sindi e dai Beluchi, così come dai Mohajirs di Karachi. Tutto questo non può certo incoraggiare la nascita di uno spirito nazionale unitario.

Sul piano internazionale, la diffidenza occidentale nei confronti del Pakistan si è accresciuta con l’avvio dei test atomici. Le recenti rivelazioni di Musharaff, nella sua autobiografia, confermano i sospetti americani concernenti gli aiuti pakistani alla Corea del Nord. Le relazioni tra Washington e Islamabad rischiano diincrinarsi nuovamente come all’epoca del lancio del programma nucleare pakistano (1998). Gli Stati Uniti sembrano interessarsi al Pakistan solo quando ci sono interessi americani in ballo. Gli Usa dopo essersi “curati” del paese durante la guerra fredda e durante la guerra URSS-Afghanistan, contribuendo al suo sviluppo militare, hanno dimenticato le sanzioni imposte a causa del nucleare per ottenere l’appoggio pakistano contro i Taleban in Afghanistan. Gli Stati Uniti non hanno lasciato alcuna scelta ai dirigenti pakistani, come ha più volte dichiarato Musharaff. Ma a parte questi “avvicinamenti” non c’è mai stata grande confidenza tra i due paesi. Del resto, il Pakistan si trova tra due fuochi e finché continuerà ad accostarsi agli Usa gli altri paesi mussulmani non gli riconosceranno mai alcuna leadership.

 

CONCLUSIONI

 

Nella ricerca di una maggior potenza il Pakistan di Musharaff è riuscito ad ottenere un forte sostegno internazionale, grazie agli eventi seguiti all’11 settembre 2001.

Tuttavia i pakistani non gradiscono l’avvicinamento della classe dirigente agli Usa; nel paese sta così montando un forte antiamericanismo che si fa vieppiù caustico a causa della difficile situazione interna, sia economica che sociale.

In più, le zone tribali si stanno talibanizzando, a fronte di una maggiore militarizzazione del governo centrale, e questo contribuisce a rendere incoerente l’avvio di qualsiasi politica di potenza la quale, come ben si sa, richiede una situazione interna di unità (ed omogeneità). I gruppi islamici stanno screditando Musharaff per la sua politica americanista e si propongono alla popolazione come la vera alternativa ad un governo codino degli USA.

Sul piano internazionale, il Pakistan gioca un ruolo strategico per la stabilità della regione (ed è per questo che gli americani sono abbastanza interventisti negli affari di questo paese) sia verso l’Asia Centrale che verso l’Asia del Sud. Per ora il paese sta giocando un ruolo opportunistico nella situazione internazionale ma appare evidente la sua incapacità di agire secondo interessi più vasti e più rispondenti al ruolo che questa nazione potrebbe avere in un prossimo futuro.