LA CRISI DI AIRBUS

 

La vicenda Airbus sta prendendo una brutta piega, ieri la maglia nera della borsa è andata proprio a Parigi per Eads (- 4,1%) dopo i nuovi ritardi preannunciati nella produzione degli Airbus A380, con conseguente downgrade da parte delle principali banche d’affari. Naturalmente si sono subito levati gli alti lai degli economisti liberisti che, come da ipotesi di scuola, hanno imputano l’inefficienza di Airbus al controllo stringente da parte dei governi francese e tedesco, i quali stanno sacrificando la competitività dell’azienda in funzione di obiettivi “politici” e di salvaguardia dell’occupazione. Ancora una volta la colpa è della poca competizione e del troppo interventismo pubblico. Ovviamente, stiamo parlando di un settore strategico per l’Europa intera (e non solo per i due governi citati), quindi è giusto fare un discorso più ampio, meno “contabile” e avulso dalle fandonie sull’economia pura. In Italia si è fatto il diavolo a quattro per una compagnia telefonica (la quale, tuttavia, doveva essere solo svenduta agli amici di Prodi attraverso una falsa statizzazione) con la scusa della difesa degli interessi nazionali. I liberisti da strapazzo (e in malafede) non hanno certo denunciato la doppiezza del progetto prodiano (i cui sponsor sono finanziari) ma hanno utilizzato un argomento meno indisponente come quello del dirigismo statale, il tutto per non urtare la suscettibilità dei veri manovratori dell’operazione (leggi Goldman Sachs). Sono queste le occasioni in cui i tirapiedi del paese centrale si rivelano prodighi di consigli economici (che celano interessi comunque contrastanti).

Anche in questo caso, si va dagli assertori dell’intervento statale nella salvaguardia di settori importanti per la collettività (come se il problema reale fosse la natura giuridica della proprietà!), al solito consiglio “economicistico” di affidarsi alla mano libera e “invisibile” del mercato. Ma è proprio questa invisibilità che preoccupa. Sarebbe opportuno che, a questo punto, l’Europa giocasse finalmente una partita strategica senza gridare al reato di lesa maestà se i russi le chiedono di entrare nel consorzio che gestisce l’Airbus e, soprattutto, senza voler allontanare a tutti i costi la nostra Finmeccanica, che  si era mostrata scettica nella fase di "start up", quando decollarono le ambizioni europee in tale settore di punta (grazie alla poca lungimiranza politica dei nostri governanti, da sempre attenti a non cozzare contro gli interessi americani). Innanzitutto, occorre non dimenticare che anche la Boeing ha usufruito di copiosi aiuti statali (gli americani conoscono bene la strategicità del settore aeronautico, soprattutto per le ricadute in termini tecnologici). La guerra della Boeing all’Airbus è iniziata nel 2004 quando l’Ufficio del rappresentante del commercio Usa, su richiesta della Boeing, ha formalizzato le accuse a Airbus di fronte alla Wto; l’Unione europea, da par suo, ha rintuzzato le accuse del colosso americano perché pretestuose (ed il pretesto era proprio quello di mettere un freno alle ambizioni europee in tale settore). La disputa tra Europa e Usa si è concentrata in particolare su tre aerei: il Boeing 787 “Dreamliner”e gli Airbus A380 e A350.

Il 787 sviluppato da Boeing negli ultimi anni è un velivolo a lungo raggio che può trasportare da 223 a 296 passeggeri, è destinato a entrare in servizio nel 2008 con l’obiettivo esplicito di fare concorrenza all’ Airbus A330 e al A340. L’A380 è, invece, il velivolo dell’Airbus in questo momento sotto accusa a causa dei mille ritardi nelle consegne che stanno mettendo sul chi vive sia le banche d’affari che gli Stati che hanno già prenotato i velivoli (l’ordine più grosso è degli Emirati con 43 apparecchi). L’A380 con la sua fusoliera a doppio ponte e i suoi 555 passeggeri, ha l’obiettivo esplicito di soppiantare il Jumbo che detiene il titolo di aereo commerciale più grande del mondo. Infine, c’è l’A350 è una versione evoluta dell’A330 con una maggiore autonomia. Quest’ultima caratteristica tecnica, secondo i piani europei, dovrebbe “tarpare le ali” al Boeing 787 prima che questo possa prendere il volo. Gli americani, che non fanno della sana competizione un totem indissacrabile, hanno tirato fuori un contenzioso per cui Airbus riceverebbe, per lo sviluppo del suo grande aereo, un’infinità di aiuti statali. Da par loro, gli Europei hanno risposto che Boeing riceve aiuti di stato mascherati nella forma di contratti col Dipartimento della Difesa Americano, a questo vanno poi aggiunte le agevolazioni fiscali praticate dagli Stati che ospitano gli stabilimenti della compagnia (vedi Washington, dove la Boeing ha la sua sede principale) e anche da parte di paesi stranieri (vedi Giappone e Italia, le cui aziende aeronautiche realizzano parti del nuovo velivolo Boeing). Detto questo, dovrebbe meglio dipanarsi il quadro della situazione che, come al solito, cela dietro la “finzione economica”  una precisa strategia politica. Naturalmente i beceri economisti nostrani, idioti con un quoziente intellettivo A+++, tacciono su queste questioni e continuano a sostenere che il problema della compagnia europea è l’eccessivo dirigismo statale, il quale frena la “virtuosa” competitività delle aziende. Insomma, ci vogliono tutti un po’ più “ricardiani” e molto meno “listiani”, meglio il vino oggi che la rivoluzione industriale domani. La verità è invece un’altra. Chi può essere così facilone da credere che se l’Airbus producesse aerei cento volte migliori di quelli americani e a più basso prezzo, il Dipartimento della Difesa Americano rivolgerebbe all’Europa i suoi ordini? Mica ‘sti americani si fanno fottere dalla teoria dei costi comparati! No, loro la “Teoria” la propinano a noi.

Quindi si cerchi di fare meno gli ipocriti!  Nessuno dice che le cose vanno bene per Airbus, tuttavia si dovrebbe spingere la Eads (società controllante di Airbus) ad aprirsi ad altri governi europei, per esempio all’Italia con Finmeccanica e alla Russia che, attraverso la banca statale Vneshtorgbank, aveva già chiesto di entrare nel consorzio aeronautico europeo. Airbus e Boeing si stanno, infatti, contendendo il rinnovo della flotta della compagnia di bandiera russa Aeroflot che, in questo momento, sta giocando su due tavoli. Di fatti, la compagnia russa ha, a questo proposito, annunciato l’intenzione di acquistare da Boeing ventidue Boeing 787 Dreamliner, e da Airbus ventidue A350. Per ora sono alla pari, ma se la Eads optasse per l’integrazione dei russi nel consorzio, quanto meno la partita potrebbe finire diversamente. Ciò non deve però distogliere dai problemi della Airbus, che pure sono concreti e di diversa natura. Esistono forti diatribe tra Francia e Germania, i due partner principali che detengono l’80% di Eads, mentre la British Aerospace ha già annunciato che venderà la propria quota. Ora che gli inglesi si tolgono di torno è meglio che ne approfitti un paese europeo con intenzioni di autonomia e rilancio della compagnia. I discorsi economici li faremo dopo l’ eventuale rafforzamento di queste alleanze.

Vi rimandiamo ad un articolo apparso su Corriere.it al seguente link http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/10_Ottobre/04/airbus_taino.html