NON CREDO ALLE FAI

La gambizzazione dell’Ad di Ansaldo Energia da parte di sedicenti anarchici non ci riporta agli anni di piombo perché non è qualche colpo d’insolazione di squilibrati isolati che infuoca il clima sociale, ed anche se fischiano le pallottole non fischia il vento. Ma è proprio sulla rivendicazione dell’attentato che nascono molti, direi troppi, sospetti perché questa volta le cose potrebbero essere il contrario di quello che sembrano. Innanzitutto, lo spirito pauperistico e chierichettisco del volantino firmato dalle Fai, un documento di sangue rappreso bagnato da lacrime antiche sulla carne corrotta ed i sogni perduti dell’Uomo, causa lo sviluppo tecnologico che non serve le persone ma le rende serve.  Uno spreco di carta e d’inchiostro, un farfugliamento di idiozie sulla tecnica che uccide, sulla scienza che schiavizza, sull’energia che inquina dopo essersi presi la briga di organizzare un attentato per azzoppare un manager di spicco del Gruppo di Piazza Montegrappa. La discrepanza è troppo grande per essere vera. Un gesto di violenza così preciso contro un individuo talmente al centro dell’industria strategica nazionale avrebbe dovuto giustificarsi ricorrendo a definiti obiettivi politici e non ad uno sproloquiare  assoluto sui drammi atavici delle nostra epoca, con l’infilamento di tanti luoghi comuni ad uso ed abuso di chi adesso commenta soddisfatto e fintamente affranto il gesto scellerato. Chi impasta il suo disagio esistenziale con la metafisica sociale, rincorrendo il bene dell’umanità e della natura (sono parole della Fai), nelle sue battaglie apocalittiche per il mondo mondato dai suoi peccati, solitamente predilige i grandi bersagli, le azioni dimostrative, il sabotaggio d’impianti o la manomissione di strutture, al cospetto dei quali l’azzoppamento di un uomo, per quanto “funzionario” del capitale, è cosa piccola, relativa ed ingiusta. Dunque, eccessivamente in linea con i piagnistei dei tempi la dichiarazione intransigente delle Fai, ma troppo lontana nel passato l’azione “diligente” e rievocativa di chissà chi. Azzardiamo pertanto qualche altra ipotesi lasciando da parte quel che si vede e quel che si è visto chiaramente. L’attentato ad Adinolfi potrebbe avere altre matrici ed altri scopi e senza fare eccessive dietrologie basterebbe leggere il presente di quest’Italia perennemente sotto attacco da parte della finanza e di chi ne guida la mano. Finmeccanica è un fiore all’occhiello dell’impresa di Stato il cui potere di penetrazione dei mercati internazionali è superiore alla capacità del medesimo Stato italiano di proiettarsi nell’affollata sfera geopolitica di questa fase storica, direzionando e controllando le sue sorti. Finmeccanica può dunque essere ridimensionata dalle concorrenti e dai loro governi perché la sua protezione politica è ormai inesistente. Si parla di vendere molti suoi asset, compresa appunto Ansaldo Energia capeggiata da Adinolfi. Il giorno dopo gli spari a quest’ultimo il Presidente di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, continuava ad annunciare tali importanti liquidazioni in nome del consolidamento societario e del recupero dei profitti per gli azionisti. E’ su questo indirizzo che occorre concentrarsi per discernere oltre l’ingarbugliamento della matassa. Osservata da detta posizione la situazione scopre il fianco a due opposte interpretazioni. C’è chi vuole che si faccia in fretta a vendere e dismettere ed allora il rumore dello sparo diventa simile al rumore della campana che annuncia la fine della messa industriale italiana. C’è chi, invece, non lo vuole affatto e ritiene che queste manovre sulla Conglomerata partecipata dal Tesoro stiano filando esageratamente lisce, con la distrazione di tanti e con gli infidi operatori dei saldi che tengono all’oscuro la pubblica opinione dei loro truci piani, estromettendo dalle decisioni altri apparati dello Stato meno inclini alle logiche liquidazionali totali. Lo sparo allora diventa simile ad un allarme che dovrebbe richiamare l’attenzione di tutti sulle pericolose iniziative in corso. Forse l’ho sparata grossa anche io ma non meno di chi adesso straparla di nuovo terrorismo rosso e di vecchi cattivi maestri i quali vorrebbero approfittare della crisi per fomentare l’odio sociale e buttare l’Italia nel caos. Il caos forse verrà, ma fomentato da altri pericolosi lidi internazionali ed assecondato da questi pretestuosi lai nazionali.

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