ANCORA… PURTROPPO


1. O la “gente” non sa più leggere o…..non so quale alternativa porre. Escludo, a questo punto, di non sapermi spiegare, perché è troppo forte e reiterato il fraintendimento di quanto scrivo. Probabilmente, il blog non riesce a trovare un bacino di lettori diverso da quelli della sinistra detta “estrema” (o dogmatici o sostanziali cattocomunisti, anche se non si dichiarano tali). E si tratta di lettori che sembrano usciti dai romanzi di De Amicis, nel migliore dei casi; nel peggiore, da quel “buco nero” che è ormai divenuta la cultura di tale sinistra, una accozzaglia di persone “buoniste”, amiche (finte) dei miserabili, di quelli che “soffrono” e……della Natura “violentata”.
Dirò poche cose nette e poi basta. Non c’è nessuna sottovalutazione di problemi ambientali. Per quanto mi riguarda, sarei anche favorevole a far scomparire l’umanità e a lasciare che il pianeta si ripopoli di animali, di piante, ecc. Con la consapevolezza che gli equilibri comporterebbero incessanti squilibri, il mangiarsi e annientarsi l’un l’altro, epoche di grandi catastrofi ed eliminazione di ingenti quantità di “individui viventi” (magari di intere specie), ma sempre in base a “fatti naturali”. Poiché comunque questa non è una prospettiva credibile, diamo per scontato che l’“uomo” porta ulteriore e maggiore squilibrio, poiché è abituato ad andare “oltre il limite”; e volerlo limitare è la più grossa sciocchezza che si possa pensare. Chi si pone in un’ottica del genere, lo fa perché può consentirsi di vivere di pura chiacchiera, di “buone prediche” cui segue il “razzolare malissimo”, ecc.
Ci sono senza dubbio molti gravi problemi ambientali, e probabilmente si aggraveranno con il tempo, ma vanno affrontati seriamente e con rigore; non posso più sopportare gli incompetenti tuttologi che blaterano a casaccio. Voglio sentire gli esperti e basta. Io non parlo solitamente di ciò che non conosco; e se ne parlo (ne accenno soltanto), avviso il lettore, e cerco di non andare oltre le “impressioni” da “uomo della strada”, senza pretendere di poter indicare agli altri precise alternative. Da “uomo della strada” ho molto dubbi, ad esempio, che si possa ottenere una quota men che marginale di energia da Sole e vento; attendo di essere convinto del contrario da qualche serio e lungo dibattito tra persone in carne ed ossa e di cui siano precisi i titoli che consentono loro di discutere di dati argomenti con competenza e cognizione di causa. Sono stufo di sentire i media parlare di generici “consessi di scienziati”, riunitisi in qualche luogo del mondo, e che magari pontificano a nome dell’ONU (buona questa organizzazione, proprio un bel biglietto di presentazione!), annunciando catastrofi nel giro di pochissimi decenni, talvolta addirittura anni.
Battaglia ha reiteratamente sfidato Rubbia ad un dibattito in TV sulle “energie alternative”; il secondo non accetta, e nessuno mi toglie dalla testa che così si comporta perché i metodi di ottenimento di energia solare, cui si dice sia direttamente interessato economicamente in Spagna, uscirebbero un po’ malconci da un simile dibattito, con cattiva pubblicità per i prodotti che si pensa di poter rifilare a vari enti pubblici e a privati. Io invece desidero proprio discussioni tra persone con nome e cognome, qualificate in senso scientifico, che si “sputtanino” individualmente. E non mi si ricordi che tali persone non parlano “oggettivamente”, bensì in base a precisi interessi (ovviamente delle solite “multinazionali”; non si cambia musica da 50 anni). Gli interessi in gioco – che non sono solo quelli delle multinazionali, ma dei vari gruppi di agenti strategici (economici, politici, culturali) in aspra lotta fra loro per la supremazia complessiva nel paese e in aree mondiali più vaste – sono tanto quelli dei catastrofisti quanto quelli degli anticatastrofisti; su nessuno dei due schieramenti si può giurare a scatola chiusa. Intanto, però, discutano i competenti dei due campi, e tacciano i filosofi, i sociologi e soprattutto i politici (in specie i “verdi”, la più grossa sciagura dei nostri tempi).
Ho già sentito in vita mia profeti di sventure predire la (semi)fine del mondo entro il secolo XX, e vedo l’umanità stare, in media e per la maggior parte, molto meglio di cinquant’anni fa; vedo quasi dappertutto aumentata la media della vita. Negli anni ’50, almeno l’80% della popolazione mondiale viveva in condizioni di estrema indigenza, sempre al limite della fame e delle pestilenze. Oggi non è più di un quinto o giù di lì a trovarsi in simili condizioni. Si straparlava – negli anni ’60
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– di un andamento opposto del reddito nei paesi del primo e in quelli del terzo mondo (in cui viveva, appunto, l’80% della popolazione mondiale). Tale popolazione è raddoppiata (in Cina siamo passati dai 600 milioni a circa 1,3 miliardi, in India da meno di mezzo miliardo a circa 1,1 o più) e tuttavia le condizioni di vita sono migliorate per un’ampia (e sempre più ampia) quota della stessa. Credo che il divario tra i più ricchi e i più poveri sia cresciuto (e di tanto), ma questo è assai diverso dal sostenere l’andamento divergente del reddito (anche calcolato pro-capite) tra paesi di diverse aree, che ormai non sono nemmeno più omogenee al loro interno, per cui sarebbe ridicolo continuare a parlare in termini semplificati di primo o terzo mondo.
Adesso forse entreremo in un periodo di relativo impoverimento, comunque di difficoltà crescenti; ma riguarderà tutte le popolazioni del mondo (credo che le differenze di reddito e ricchezza aumenteranno maggiormente all’interno delle popolazioni dei singoli paesi, cioè tra i loro vari strati sociali, più che non tra le aree a diverso grado e ritmo di sviluppo). E, in ogni caso, pur se la fase di crisi e stagnazione non fosse breve, ciò non contraddirebbe la tendenza di lungo periodo, di 50 o 100 anni.
2. Fin qui, ho parlato delle questioni a mio avviso meno importanti, comunque non di quelle che mi interessano di più e che penso siano al centro dell’impostazione complessiva del blog (e sito). Il problema cruciale è che quei gruppastri (e intellettuali) – per fortuna estremamente minoritari – che cianciano, da incompetenti, sulle catastrofi ambientali mettono in primo piano il conflitto Uomo-Natura, relegando in posizione subordinata i conflitti sociali. Ho più volte sostenuto che considero troppo semplicistica la concezione della divisione in classi, e della loro lotta, che ha avuto il marxismo (e Marx in persona). Tuttavia, ho anche esplicitato che ritengo doveroso andare avanti rispetto a tale corrente di pensiero (da cui provengo a tutti gli effetti, e me ne vanto!), non invece abbandonarla per tornare a impostazioni più primitive. E chi pone in primo piano il problema ambientale – con il corollario della decrescita – è esattamente uno che torna indietro, ai “romanticismi” dei premarxisti.
Che lo facciano individui provenienti da culture di destra – quelle che sono partite dalla razza, dalla terra e dal sangue, da concezioni ultraelitarie, ecc. – non mi sorprende e nemmeno mi scandalizza più che tanto. Sono stati anch’essi storicamente sconfitti; che passino magari adesso dalla critica della modernità e del progresso, dalla difesa della “tradizione” e della “cultura antica”, alla difesa anche della Natura, non mi sembra troppo incoerente. Mi fa invece letteralmente ribrezzo sentire ex “comunisti” ed ex “marxisti” (credo proprio che non abbiano mai capito il significato di questi termini; perché i sessantottardi, e successivi, sono stati proprio i portatori di questo fraintendimento!) che subordinano – è inutile che certuni arzigogolino; così essi si stanno comportando – il conflitto sociale alla lotta per la tutela dell’ambiente o per il ritorno a superate condizioni di vita delle popolazioni occidentali, cui oggi intendono accedere altre popolazioni (fra cui quelle dei due più popolosi paesi del mondo).
Il problema cruciale è che sviluppo e progresso tecnico-scientifico vengono promossi da gruppi dominanti in conflitto fra loro; per cui va senz’altro discussa la coloritura e l’indirizzo (un tempo si sarebbe detto la “natura di classe”) di tali processi. E’ comunque il conflitto tra dominanti da mettere in primo piano; e subito dopo quali prospettive quest’ultimo possa aprire, in un periodo di tempo non (ultra)secolare, per le rivolte dei dominati, attualmente assai in difficoltà (e sempre orientate di fatto da dati gruppi di sub-dominanti in peculiari contingenze storico-sociali). Questo è il nodo decisivo; la lotta per l’ambiente è la solita “notte in cui tutte le vacche sono nere”. Gli intellettuali che a ciò si acconciano sono di fatto al servizio dei dominanti (di alcuni di questi, in aspro conflitto con altri); e non mi interessa tanto appurare se sono o meno in buona fede.
Se invece, come fanno i più seri tra gli ambientalisti, vengono sviluppate considerazioni competenti nei vari campi scientifici, per quanto mi riguarda non ho nulla da eccepire. L’importante è che – essendo divenuti orfani della classe operaia in quanto “soggetto rivoluzionario” per antonomasia, che avrebbe dovuto trasformare il capitalismo in socialismo e poi comunismo – non si rifugino
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nell’ecologia, ecc. come sostituto dei fallimenti patiti. E’ anche ridicolo che alcuni vogliano attenersi allo stolto in medio stat virtus; per cui, dando un colpo al cerchio e uno alla botte, consigliano di considerare “alleati” (almeno tattici) gli ambientalisti fondamentalisti, quelli che non parlano d’altro, che non sanno pensare più un conflitto sociale se non nella forma di un contrasto tra Uomo e Ambiente. Mi dispiace, oggi quest’ultimo è divenuto la bandiera anche di grandi capitalisti (Soros, Al Gore, Bill Gates, ecc.). E’ possibile accettare solo quell’ambientalista che sa subordinare le sue competenze all’analisi del conflitto sociale.
Vorrei essere chiaro affinché qualcuno non riproponga stucchevoli obiezioni. Non vengo a raccontare che la lotta sociale, se riuscisse ad acuire nuovamente il conflitto tra dominanti e dominati (tra capitalisti e proletari o operai), porrebbe pure le basi per la risoluzione dei problemi relativi all’ambiente. So bene che lotta sociale e difesa dell’ambiente non sono fra loro legati come la causa all’effetto, in termini puramente deterministici. I problemi dell’ambiente non dipendono solo dall’esistenza dei capitalisti, intendendo poi questi ultimi come semplici grandi imprenditori, quelli delle multinazionali. Affermo qualcosa di ben diverso: esistono delle priorità, degli accadimenti che si verificheranno – sempre in base a ipotesi, però realistiche – prima di altri; e che sono più urgenti, sono all’ordine del giorno. Il posto principale spetta all’incipiente policentrismo che avanza; di questo ci si deve, come compito primario, fare carico.
Quelli che vogliono credere nella priorità dell’ambiente, sono gli stessi che spergiuravano sulla “classe operaia” – o invece sulle “masse diseredate” del terzo mondo – come Demiurgo del rivoluzionamento del capitalismo. Delusi in questa aspettativa – che è stata anche la mia, tanti anni fa – hanno ora bisogno di un altro Demiurgo che si sostituisca alla Classe, che sia in grado di spingere in quella direzione che non hanno mai saputo seguire con le loro proprie forze. E allora ecco la Natura, “violentata” dall’Uomo, che ad esso si ribellerà e lo distruggerà a meno che quest’ultimo – cioè la proiezione di loro stessi in quanto sconfitti, in quanto melanconici e tristissimi avanzi di un sogno infranto – non limiti le sue pretese di sviluppo, di miglioramento delle condizioni di vita, assumendo il comportamento “francescano” della frugalità e del “digiuno” (per gli altri, perché costoro mangiano e consumano quanto gli altri; chiacchierano solo perché vivono in agiatezza, ben nutriti dai “padroni” che li finanziano per convincere i gonzi). Mi dispiace: non li stimo e non intendo allearmi con i miseri resti di un’epoca che, pur finita male, è stata in effetti gloriosa e caratterizzata dall’opera di tanti individui veramente eccezionali; mentre questi sono gli avanzi di una intellettualità narcisista, che esigeva dai “proletari” la risoluzione del loro spleen. Non sanno affrontare le difficoltà da soli, con le loro capacità di analisi; c’è sempre bisogno di un deus ex machina. Se non è la “Classe”, che sia la Natura; se non è lo sviluppo delle forze produttive, che sia la loro involuzione e decremento.
Qualcuno dice: ma non sono loro il nemico principale. Ed infatti, sono stufo di badarli; e preferisco non essere letto da loro. Darei non so quanto per trovare infine interlocutori seri, interessati alla modernità e all’avanzamento. Non è colpa mia se ci troviamo tra i piedi simile zavorra; bisogna tuttavia scaricarla senza nessun compromesso. Che senso ha battersi contro il “nemico principale” con un braccio legato dietro la schiena per la presenza di questi personaggi antimodernisti e “antichi”? Non c’è probabilità di successo. Quindi, non c’entra nulla il nemico principale e quello secondario. Non fingiamoci “sottili tattici”. Non siamo un partito che deve scegliere le alleanze; il nostro compito è primariamente culturale (e politico proprio in quanto tale); dobbiamo combattere i rigurgiti di chi, deluso dalla sconfitta dei “proletari” (e magari anche da quella della “razza superiore”, o altri ammennicoli del genere), sta combattendo una battaglia per l’involuzione culturale, per una nuova arretratezza, per un ritorno a futili idee “romantiche”.
Nessun disprezzo per coloro che si pongono correttamente i problemi da cui può essere afflitto il pianeta. Ma nessuna concessione a chi porta in primo piano tali problemi svalutando di fatto quelli dei vari tipi di conflitto sociale e della loro nuova articolazione nell’epoca cui si sta andando incontro. Dobbiamo di nuovo approfondire non so quanti temi d’analisi; lasciamo cuocere nel loro brodo
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quelli che hanno la testa rivolta all’indietro. Sulle questioni di principio, non ci sono alleanze tattiche, non esiste nemico principale e secondario. Si combatte per certe idee e contro altre; tutto lì.
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