Breve nota all’intervista del CSEPI a La Grassa (di Massimo Morigi)

gianfranco

 

 

La videointervista del “Centro Studi Economici per il Pieno Impiego” a Gianfranco La Grassa dovrebbe essere utilizzata con la successiva lettura (o, ancor meglio, si spera rilettura)  del Principe di Machiavelli. Questo per evidenziare che il pensiero del professore di Conegliano si situa lungo la direttrice del pensiero politico realista, un realismo politico, però, di tipo nuovo che accanto ai classici di questa visione gestaltica della politica (Tucidide, Machiavelli appunto, e anche Hobbes, anche se per quest’ultimo e i suoi moderni epigoni, Carl Schmitt il più significativo,  ci sarebbe da aprire un ulteriore discorso non sviluppabile in queste brevi note) vuole inserire Marx e la tradizione marxista, ovviamente quel Marx e quella sua tradizione interpretativa (in special modo Althusser) che si sono sempre tenuti ben lontani da derive misticheggianti ed ingenuamente finalistiche della storia (prima fra tutte che il proletariato sia quella classe universale che porta in sé i germi rivoluzionari della distruzione del capitalismo, idea veramente peregrina che richiama direttamente l’evangelica parabola dei lavoratori della vigna dove gli “ultimi saranno i primi e i primi ultimi”: Mt 20, 1-16). A questo punto la sfida che si apre a questa nuova evoluzione del pensiero realista è il seguente ed è facile da enunciare come è, allo stesso tempo, difficile da svolgere: come è possibile, sul piano teorico – e  in diretta conseguenza, quindi, nella prassi – il ripudio totale di qualsiasi valenza mistico-religiosa ed utopica con la volontà di incidere radicalmente sulla realtà? Clausewitz afferma che  i principi della guerra sono di semplice apprendimento, mentre difficile è la loro applicazione sul campo di battaglia, un ‘difficile’ che non significa che bisogna ricorrere ad algoritmi particolarmente raffinati o a complicati calcoli vettoriali delle forze in campo ma che, bensì, la vittoria consiste nel cogliere il kairos di ogni specifico conflitto, quell’irripetibile ed unico  momento prodotto dallo scontro caotico delle forze in campo che se, giustamente interpretato nella sua unicità e  fortuità, evolve nella vittoria di chi ha saputo comprenderlo  (cfr. a questo proposito, l’esempio clausewitziano – dal  retrogusto  molto leniniano  dell’ “analisi concreta della situazione concreta” e quindi un’analisi concreta  ed una situazione concreta non riducibili ad una rigida legalità –  del pendolo attratto da tre punti di forza magnetica le cui oscillazioni  non sono assolutamente prevedibili: “War is more than a true chameleon that slightly adapts its characteristics to the given case. As a total phenomenon  its dominant tendencies always make war a paradoxical trinity – composed of primordial violence, hatred and enmity, which are to be regarded as a blind natural force; of the play of chance and probability  within which  the creative spirit is free to roam and of its element of subordination, as an instrument of policy, which makes it subject to reason alone. […] These three tendencies are like three different codes of law, deep-rooted in their subject and yet variable in their relationship to one another. A theory that ignores any one of them or seeks to fix an arbitrary relationship between them would conflict with reality to such an extent that for this reason alone it would be totally useless. Our task therefore is to develop a theory that maintains a balance between these three tendencies, like an object suspended between three magnets [sottolineatura nostra]” : Carl Philipp Gottlieb von Clausewitz, On War, edited and translated by Michael Howard an Peter Paret, introductory essays by Peter Paret, Michael Howard and Bernard Brodie; with a commentary by Bernard Brodie; index by Rosalie West, Princeton, N.J., Princeton University Press, 1984, p. 89). Su questo ultimo punto io e la Grassa abbiamo una visione divergente. Fra non molto verrà pubblicato un mio documento elettronico certamente più esauriente di questa breve nota su come debba essere intesa ( dal punto di vista  di un rinnovamento della galleria delle fonti del  tradizionale canone realista all’insegna di un assorbimento di  ciò che c’è di vivo, ed è molto, della tradizione marxiana e marxista e con dirette conseguenze, quindi, anche sotto l’aspetto più strettamente  teorico) e messa in atto una radicale prassi trasformatrice della realtà. Ovviamente, ça va sans dire, tutta l’attesa non è per il mio modesto tentativo ma per il libro elettronico di prossima pubblicazione  che Gianfranco La Grassa ha annunciato nella sua – come al solito impeccabile e profondamente rivelatrice – intervista al CSEPI.