COME LA STAMPA COPRE L’UCRAINA

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LIBERIAMO IL DONBASS E LIBERIAMOCI DELLA STAMPA NOSTRANA
Dopo che ieri i manifestanti dell’Est Ucraina hanno dichiarato l’indipendenza delle loro città dal governo di Kiev, a Donestk, Kharkov e Lugansk, proclamando le libere repubbliche popolari del Donbass, la consueta stampa irreggimentata ha cambiato idea sulla rabbia dei manifestanti e sui moti popolari, che ora vanno fermati e repressi perché non rientrano nei loro schemi mentali e nel gradimento politico internazionale.
Finché la gente affollava Majdan in nome della democrazia occidentale, ovvero dei quattrini americani ed europei, le rivolte erano buone e giuste. Poco male se tali proteste non avevano nulla di spontaneo e pacifico, in quanto guidate da gruppi di esaltati ed eversivi appartenenti all’estrema destra fascista e nazista di Svoboda e Pravy Sector. Ciò che conta davvero è la narrazione ad uso e consumo della propria sragione geopolitica, non l’analisi concreta della situazione concreta. Ce l’hanno con Lenin soprattutto quando è un esempio, non solo quando è un monumento.
Persino la condannata per reati finanziari Yulia Timoshenko è stata riabilitata dal circo mediatico mondiale, nonostante la stessa piazza Nezhaleznosti l’avesse fischiata alla prima uscita pubblica ed invitata a sloggiare perché invischiata in affari loschi, ruberie ai danni dello Stato e rapporti subdoli con controparti straniere. La due volte Premier dell’Ucraina non si è certo distinta ai tempi dei suoi mandati per mirabili riforme politiche ed economiche, tali da risollevare la nazione e riportarla a standard di vita accettabili.
Qualcuno pensava di poter cambiare veramente le cose ma poi ha capito che era tutta una pantomima e si è ritirato dalle strade con maggior sdegno di quando vi era entrato. I giornali e le riviste italiane, con le solite (poche) eccezioni destrorse, dal Giornale a Libero, raccontano la loro versione dei fatti con partigianeria e faziosità indicibili. Limes che si pregia del sottotitolo di “rivista italiana di geopolitica”, quantunque sia diretta da una persona competente come Lucio Caracciolo, ha pubblicato articoli di odio e razzismo russofobo, dove si potevano leggere frasi come questa: “Persino le statue di Lenin erano ancora al loro posto, prima di essere abbattute finalmente solo un paio di mesi fa”. Prendiamocela pure con i monumenti e col passato dato che non siamo all’altezza né dei grandi personaggi che hanno fatto la Storia europea del XX secolo né del futuro che ci attende (al varco). Seguendo queste argomentazioni fuori da ogni logica e dalla grazia di Dio dovremmo precipitarci per le vie ed abbattere i monumenti di Casa Savoia, con immane sforzo e nessun miglioramento della nostra pessima condizione, perché anche in Italia cominciamo sul serio a stare male, tanto che non finirà bene. Così si pensa sul Limes dell’idiozia. Non è finita. Oggi la Stampa di Torino ospita un intervento della pregiudicata Yulia Timoshenko definendola, da ex giornale serio, ex prigioniera politica. Un vaneggiamento di aggressività e rancore verso tutti, incominciando dagli odiati russi, ma anche contro chi in Europa non ha fatto abbastanza per allontanare il suo personale nemico respingendolo alle frontiere. E che voleva la signora che dichiarassimo guerra al Cremlino? E pensa costei di poterla fare da sola, così come scrive, per mandare al macello il suo popolo? La Stampa che ospita i pogrom minacciosi di questa confusa mascalzona dovrebbe provare un minimo di vergogna. O no? Che ne dice il nostro primo violino moralista Gramellini? Sul Corriere, invece, ci pensa Fabrizio Dragosei a spargere letame sulla verità. Occupazione che, del resto, gli riesce benissimo essendosi laureato alla facoltà di mentire anche davanti all’evidenza. Gli uomini, le donne, i vecchi ed i bambini che sfilano a Donetsk contro i golpisti di Kiev diventano nel suo racconto “i filorussi”. Quasi una specie di tribù di cannibali che abitano luoghi ameni d’inciviltà e di barbarie dove si ostinano a non riconoscere la superiorità occidentale (pubblico qualche foto di questi selvaggi così capite meglio).

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Sempre sulla Stampa di Torino Anna Zafesova ci ricorda, quasi ogni giorno, che le notizie coincidono con le sue visioni oniriche. Lei è proprio una che ferve d’immaginazione. Anche quando la Timoshenko fu pizzicata al telefono mentre prometteva di fargliela pagare a tutti, dai russi, a Putin agli ucraini dell’est, da sterminare con le armi atomiche, la Zafesova riuscì a neutralizzare quel frasario delirante ed assassino definendo l’oligarca una donna di passioni e di determinazione. Mecojoni. Credo che nemmeno Goebbels sarebbe arrivato a tanto. E’ la bruttezza della stampa, bellezza!
Come finirà nel Donbass? Negli eventi reali è difficile dirlo, stando ai giornali è facile anticiparlo. La repressione sarà definita pacificazione, gli arresti indiscriminati mere operazioni di ordine pubblico, l’occupazione della regione liberazione dagli invasori russi. A meno che qualcuno lì al Cremlino non decida di impedirlo. Aspettiamo e speriamo.