COME LA STAMPA ITALIANA RACCONTA L’UCRAINA P.R. Spadoni

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Беспорядки в ОдессеDiceva Carmelo Bene che la stampa informa i fatti, cioè li crea e li espone a suo piacimento, non sui fatti, per cui i giornali erano e sono pieni di menzogne e di interpretazioni arbitrarie inutili da leggere.

Non si impara nulla dai quotidiani. Sui giornali scoppiano scandali e guerre secondo una precisa linea editoriale. Se un episodio è in contrasto con gli ordini dei direttori semplicemente non è mai avvenuto o viene relegato in ultima pagina. Nulla accade o diventa degno di nota che la proprietà non voglia. I giornalisti fanno parte del pacchetto in mano agli azionisti. Prima di Bene altri scrittori e filosofi erano arrivati alle stesse conclusioni, da Balzac a Schopenhauer, i quali avevano in massimo disprezzo la casta dei contaballe dei quotidiani, il canile dei botoli rumorosi e rabbiosi pronti ad ululare alla luna per le questioni più insignificanti ed a tacere o accomodare le storie più importanti.

Passano gli anni e i secoli ma la mediocrità della carta stampata non schioda dal suo infimo posto tra le cose umane, nessuna resipiscenza o impeto di onestà dirada i suoi fumi velenosi e stordenti. Ci sono, ovviamente, delle piccole eccezioni nel mare magnum di servitori sciocchi e di pennivendoli zelanti che sporcano col loro inchiostro i fogli giornalieri, immancabilmente zeppi di cortigianeria e di cialtroneria. Queste ultime caratteristiche, elevate al rango di qualità indiscutibili nel regno della bassa democrazia, sono le uniche indispensabili ai giornalisti per guadagnarsi autorevolezza e premi alla carriera.

Prendiamo alcuni casi di questi giorni per supportare quanto affermato. Il conflitto ucraino è l’ennesimo banco di prova che sta certificando il pessimo stato della stampa mondiale. Lavrov ha ragione quando sostiene che i media occidentali sono diventati un dipartimento del dipartimento di Stato americano. Parlando dell’Italia, ieri solo due quotidiani hanno riferito, con un minimo di equilibrio, la verità sulla guerra di Kiev ai suoi concittadini del sud-est. Giampaolo Rossi su Il Giornale ha messo l’accento sulla questione principale, ovvero l’influenza degli Usa in quel Paese, dove una cricca di oligarchi uccide civili e svende il patrimonio dello stato agli amici di Washington. Da quando si è verificato il golpe gli uomini dell’Amministrazione americana sono di casa in Ucraina. A partire dal vicepresidente Joe Biden che ha piazzato il figlio in una delle principali compagnie del gas. Rossi narra, inoltre, un aneddoto ripreso proprio da un libro del vicepresidente Usa, recentemente pubblicato. Pare che la prima volta che costui abbia incontrato Putin gli si sia avvicinato per sussurrargli all’orecchio queste parole: “Le non ha un’anima”. Putin gli ha risposto col suo solito sarcasmo: “Vedo che ci capiamo al volo”. Già, secondo Biden Putin sarebbe sprovvisto di coscienza ma lui, come scrive correttamente Rossi, ne ha almeno due di anime, altrimenti come avrebbe fatto a piazzare il suo delfino ai vertici di un’impresa strategica approfittando della sua influenza sui satrapi di Kiev blaterando, al contempo, di liberazione degli ucraini dal giogo russo? Il secondo interessante articolo è apparso su Libero. Il quotidiano diretto da Belpietro accredita la versione dell’abbattimento dell’aereo di linea malese, precipitato nel territorio di Donetsk qualche settimana fa, da parte di un jet Su-25 dell’aviazione di Kiev. Del resto, gli esperti internazionali non hanno dubbi: “il velivolo è stato colpito da un missile aria-aria e poi finito con raffiche di cannoncino da 30 mmdi cui si vedono fori sulla fusoliera”. Nessun altro organo nazionale riporta questa scomoda notizia ma il Corriere della Sera si è, invece, scomodato a tradurre un delirante pezzo di Bernard-Henry Lévy, preceduto da un intervento di Fabrizio Dragosei. Quest’ultimo è il solito essere privo di spina dorsale che usa la penna come lo smalto per le unghie. Quasi quasi è meglio la Zunini del Fatto, con le sue frequentazioni naziste e le citazioni pertiniane poco pertinenti, che almeno lascia trasparire il suo estremismo confuso. Dragosei è il classico scribacchino che vi fa perdere la pazienza perché non ha mai il coraggio di andare fino in fondo a quel che pensa. Insinua e sospetta, nulla di più, come tutti quelli che si sono giocati le palle sul sellino della bicicletta, la sua vera passione. Ma scrive sul Corriere. Il che non è affatto una contraddizione. Lo ha protetto l’unica idea, più o meno chiara, che gli frulla nel cervello: quella che Putin è un dittatore. Un po’ di grammatica e di stile cronachistico ed eccolo corrispondente del giornale dei poteri forti filo-atlantici.

Ma veniamo al nostro BHL perché quello che è riuscito a scrivere ieri, dopo aver incontrato il presidente ucraino Poroshenko, ha superato il record di imbecillaggine inserito nel Guinness dei primati, da lui già detenuto. Insomma, ancora una volta BHL si è superato, divenendo irraggiungibile per qualunque altro essere umano affetto come lui da rincoglionimento cronico. Innanzitutto, BHL sta facendo pressioni sulla Francia affinché non venda le navi Mistral alla Russia. Al genio della lampada abbronzante è venuta una visione originale: per non far perdere la commessa a Parigi deve essere l’Ue ad acquistare le quattro navi da guerra per poi donarle a Kiev. Poroshenko è apparso entusiasta della proposta di BHL che poi si è recato ad Odessa per leggere uno dei suoi capolavori di merda, al fine omaggiare la Nuova Ucraina ed Odessa “dove si parla russo ma si è innanzitutto patrioti ucraini”. Nemmeno una parola sui famigerati patrioti ucraini nazisti che hanno bruciato e trucidato più di 50 persone nella Casa del Sindacato. BHL è un attore formidabile, sempre in prima linea quando si tratta di set cinematografici di guerra, appositamente allestiti per farlo sentire in trincea senza che gli si rovini il ciuffo. Nonostante lo conoscano già tutti per le sue gesta eroiche dietro la cinepresa, al riparo da qualsiasi pericolo concreto, non perde occasione per aumentare la sua fama di ridicolo coglione sempre in posa a favore di obiettivo. Per la pace dei popoli e la felicità del suo portafogli, s’intende. Il Corriere, per soprammercato, traduce in italiano le sue esilaranti gag, altrimenti a che ci serve nel Belpaese un giornale di satira così importante? Basta però con questa esterofilia. Anche noi, nella Penisola, abbiamo dei bravi scrittori di battute, dalla Zeta alla Zeta, dalla Zunini alla Zafesova. Con Venturini e Dragosei, che già lavorano in via Solferino, potremmo lanciare un quartetto e una nuova corrente di pensiero, quella dei ganzo journalists. Perché così si sentono costoro, ganzi e più furbi degli altri sebbene siano nudi di fronte alle loro stronzate. Stendiamo un sipario pietoso.