Conseguenze per la Cina delle sanzioni USA all’Iran

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[tradotto da Francesco D’Eugenio: The Implications for China of U.S. Sanctions on Iran | Stratfor]

Sommario

 Gli Stati Uniti hanno esentato fino al 28 giugno le banche straniere che fanno affari in Iran dalle sanzioni che le escluderebbero dai mercati americani. Per ora, le banche della maggior parte dei principali acquirenti di petrolio iraniano, come Giappone, Corea del Sud, Taiwan, India e alcuni paesi europei, hanno ottenuto delle esenzioni. Ma la Cina, destinataria di più di un quinto delle esportazioni di greggio iraniane nella seconda metà del 2011, è significativamente fuori dalla lista degli esenti. Sebbene essa non abbia avuto un’esenzione ufficiale, Pechino e Washington sono interessate a risolvere qualunque problema possa minacciare di alterare significativamente i legami bilaterali tra i due paesi.

Analisi

Sebbene la Cina, come il Giappone e la Corea del Sud, abbia tagliato notevolmente le importazioni di greggio iraniano nei primi mesi del 2012, non sarà esente da sanzioni, per la natura di questi tagli. Mentre sembra che le compagnie energetiche degli altri paesi abbiano tagliato le importazioni di greggio iraniano in risposta alle sanzioni USA e UE, con Seul che ha promesso di cessarle completamente all’entrata in vigore delle sanzioni UE il 1 luglio, il calo delle importazioni della Cina è dovuto a una controversia sul prezzo tra Unipec – braccio per il commercio internazionale della compagnia petrolifera statale cinese, (Sinopec) – e Tehran. Quando il contenzioso sarà risolto, le importazioni ritorneranno presumibilmente a livelli normali, come suggerisce un recente rimbalzo nelle importazioni di greggio. Durante la seconda metà del 2011, le importazioni cinesi erano maggiori del normale, mentre la Cina si preparava per la campagna di sanzioni.

Al momento le società responsabili della maggior parte delle importazioni cinesi di greggio iraniano sono due: Zhuhai Zhenrong e Unipec, con Sinopec che controlla quasi tutte le attività di raffinazione. Dati gli interessi e gli investimenti crescenti di questa società nello sviluppo delle risorse energetiche USA (in particolare progetti di gas naturale non convenzionale), e stante la sua portata internazionale in qualità di una delle tre maggiori compagnie energetiche cinesi, essa è un bersaglio molto più verosimile e potenzialmente efficace per le sanzioni americane. Se queste sanzioni funzionassero perfettamente, le banche cinesi che finanziano Unipec non potrebbero più fare affari negli Stati Uniti o all’estero con compagnie statunitensi. Ciò potrebbe arrecare gravi danni a una vasta gamma di operazioni finanziare ed energetiche cinesi negli Stati Uniti, perché sarebbero escluse dall’accesso ai mercati finanziari USA. Ma la riuscita delle sanzioni americane presume una serie di fattori. Primo, che Pechino non dirotti i finanziamenti di Unipec fuori dalle quattro maggiori banche, tre delle quali sono responsabili della stragrande maggioranza delle operazioni finanziare negli Stati Uniti, o che crei addirittura una banca specializzata per condurre affari con l’Iran. Questa soluzione sarebbe complicata, invece, se le sanzioni USA venissero applicate a Sinopec, perché sarebbe molto più difficile, per le principali banche statali, abbandonarla. Ma anche in tal caso, Pechino potrebbe ricorrere a un’altra soluzione – per molti versi persino più semplice – per aggirare le sanzioni: condurre la compravendita di greggio attraverso una complessa successione di società di comodo.

Per Pechino, una fonte stabile di approvvigionamento di greggio è essenziale per sostenere la crescita economica. Da quando è diventata un importatore netto di petrolio nel 1998, la sua domanda è cresciuta esponenzialmente. A partire dal 2009, le compagnie energetiche cinesi hanno importato più di metà del fabbisogno totale del paese. L’Iran, con le sue enormi riserve di greggio di qualità relativamente alta, è un’ottima fornitore; negli ultimi anni, tra il 10 e il 13 per cento delle importazioni Cinesi veniva dall’Iran. Sebbene il contenzioso sul prezzo con Unipec abbia abbassato le importazioni cinesi dall’Iran del 31 per cento nel primo trimestre del 2012, e nonostante Pechino abbia espresso chiaramente la sua intenzione di diversificare gradualmente i fornitori, l’Iran continuerà ad essere un importante fornitore nel futuro immediato.

Né Washington né Pechino recederanno dalle proprie posizioni riguardo le sanzioni all’Iran. Per gli Stati Uniti, le sanzioni economiche rispondono a svariati bisogni, tra cui quelli di politica interna durante la stagione elettorale e quelli relativi ai problemi militari e diplomatici ancora irrisolti in Medio Oriente. Pechino è irremovibile – come sempre – nel condannare ogni imposizione unilaterale di sanzioni. Ma sotto la superficie di tensione tra Cina e Stati Uniti sul problema iraniano, c’è una certa sinergia.

 Pechino non può permettersi di tagliare drasticamente, o addirittura completamente, le importazioni dall’Iran, sia per ragioni economiche (fabbisogno energetico in continua ascesa) sia per ragioni politiche (interesse consolidato a mantenere una partnership con l’Iran). Inoltre, non ci sono state mosse significative da parte di alcun altro produttore per incrementare permanentemente la produzione, non abbastanza da compensare una porzione rilevante delle importazioni cinesi di greggio iraniano. Non c’è ancora un sostituto affidabile a lungo termine. Allo stesso modo, gli Stati Uniti non possono permettersi di escludere le principali istituzioni finanziarie cinesi dagli investimenti in compagnie e progetti americani. Qualunque cosa prevedano le sanzioni, gli USA e la Cina continueranno a lavorare per evitare che esse complichino i rapporti bilaterali.