Cos’è successo veramente a Lugansk il giorno in cui è esploso un aereo di Kiev?

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Sull’abbattimento del cargo militare a Lugansk, in cui sarebbero morte 49 persone, o quasi, è stato detto di tutto. Prima che a bordo ci fossero alcuni reparti scelti della guardia nazionale, poi che si trattava di mercenari polacchi e di altri paesi dell’UE. I resistenti di Lugansk avevano fatto sapere che il colpo non era partito dai loro ranghi, ma da qualcuno già presente in aeroporto. Era in atto uno scontro tra paracadutisti di Dnipropetrovsk, in procinto di disertare, e soldati fedeli a Kiev. La milizia di Lugansk aggiungeva anche che se i militari di Dnipropetrovsk avessero chiesto il suo aiuto sarebbe arrivata a sostenerli. I russi, invece, ritenevano che il mezzo fosse addirittura vuoto e mandato sul posto dallo Stato maggiore ucraino per riprendersi i cadaveri di quella lotta, al fine di nascondere i conflitti nelle proprie fila. Cordoglio era stato espresso da molte Cancellerie mondiali per l’episodio, cosa alquanto strana trattandosi di militari in azione in uno scenario di guerra civile. Per gli abitanti uccisi in quelle zone nemmeno una parola e per uomini armati di tutto punto così tanta compassione? La Nato, soprattutto, sembrava particolarmente affranta. Strano, molto strano. Ora però incominciano a trapelare versioni che spiegherebbero le lacrime occidentali. Su quel velivolo viaggiavano almeno 30 agenti della Cia ed altro personale della Nato (per questo i russi, forse, cercavano di coprire la notizia, trattandosi di personale dell’intelligence militare li avrebbero subito accusati di aver colpito direttamente o di aver fornito le informazioni necessarie ai combattenti della Novorossja). E non era il solo apparecchio presente nello spazio aereo sopra Lugansk. Gli aerei erano tre ed ognuno aveva una funzione differente. Due sarebbero stati neutralizzati, comprendendo quello esploso, l’altro non sarebbe nemmeno atterrato. Le iniziative di penetrazione successive nell’area sarebbero state attivate per accertarsi che non ci fossero testimoni. Si temeva che qualcuno fosse stato preso vivo e avesse iniziato a parlare. Un bel guaio per chi aveva allestito l’operazione. Lo scandalo internazionale è però dietro l’angolo. Lo sa bene Rasmussen che piagnucola più di tutti. Forse è per questi timori che Poroshenko rilascia dichiarazioni di pace? Qualche governo europeo sta facendo pressioni a causa dell’accaduto? Chi ha da temere di più dal fatto che questa vergogna possa diventare di pubblico dominio? Infine, pare che Usaid stia entrando a Kiev in queste ore. Ufficialmente per fornire consigli alla ricostruzione dell’economia ucraina, segretamente per recuperare i cadaveri degli americani morti a Lugansk. Sapremo mai la verità su tali eventi?