È UN MONDO DIVERSO

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Quando nel 2007 scoppiò negli Stati Uniti la bolla immobiliare, dando avvio alla lunga recessione giunta ai nostri giorni, prevedemmo che la soluzione alla stessa non sarebbe arrivata facilmente. Tuttavia, ritenemmo anche che la débâcle inizialmente finanziaria (e poi anche reale) non costituisse il sintomo di un crollo del sistema globale ma quello di una sua lenta ristrutturazione, soprattutto in senso geopolitico. Mentre ottimisti e catastrofisti snocciolavano i loro dati a sostegno dell’una o dell’altra tesi, vaticinando improbabili riprese o imminenti crolli definitivi, noi parlammo subito di crisi da sregolazione geopolitica, da perdita di centro gravitazionale, avverso la quale potevano trovarsi soltanto rimedi palliativi che non avrebbero tolto il male al corpo in quanto erano in atto mutazioni “genetiche” dell’ordine mondiale. Gli Stati Uniti, infatti, avevano dimostrato di non poter gestire la monocraticità del loro comando in seguito al rafforzamento di alcuni attori regionali (Russia e Cina in primo luogo). Inevitabilmente, si sarebbe rimessa in moto la Storia che, nella formazione mondiale capitalistica, si annuncia con scossoni di tipo economico. Quest’ultimi però, come scrive La Grassa, sono fenomeni superficiali che celano problematiche ben più profonde: “Il terremoto, magari con annesso tsunami, è evento catastrofico che colpisce a fondo la vita degli uomini; ed è ancora imprevedibile, checché se ne dica a volte con somma insipienza. Tutti, evidentemente, fuggono disordinatamente nel momento cruciale, poi iniziano ad organizzarsi in previsione di eventuali nuove scosse e pensano infine alla ricostruzione. Il sismologo sa tuttavia che il tremore di superficie, così disastroso, dipende da scontri tra strati del terreno che avvengono a grande profondità; più profondi sono tali urti e frizioni, maggiore è l’energia accumulata per anni e decenni (talvolta secoli) e più intenso e violento è il suo scaricarsi; tanto più ampia è inoltre la zona colpita dallo sconquasso… le grandi crisi del XX secolo sono state quella del 1907 e quella, decisamente più rilevante e passata alla storia come la crisi (per antonomasia), del 1929. Entrambe iniziarono con l’aspetto più superficiale di tale terremoto, quello finanziario, quello che sembra più colpire, ancor oggi, la fantasia “popolare”; dove per popolo si deve intendere semplicemente la gran parte degli ignari, adeguatamente influenzati dall’informazione ricevuta dai “santoni” della scienza sociale detta economia”.
Tuttavia, è bene ricordare che ciascuna di questa crisi condusse a delle guerre tra alleanze di paesi, I e II conflitto mondiale. Solo al termine del redde rationem tra potenze si uscì veramente dal periodo buio con una ridefinizione dei rapporti di forza internazionali e la divisione del pianeta in due blocchi contrapposti, ciascuno egemone nel suo campo. Poté così tornare la “regolazione” economica, soprattutto in occidente, dove gli Usa, divenuti predominanti, imposero la loro visione d’integrazione (gerarchica) alle formazioni sociali collegate. La stabilità fu a lungo assicurata al netto di più o meno brevi periodi recessivi (per esempio negli anni ’70) che non essendo però di tipo geopolitico-strutturale potevano essere governati, nei frangenti, con misure di tipo economico. Quando però è l’architettura stessa dell’ordine politico mondiale a mutare le medicine “finanziarie” e i provvedimenti economici servono a poco. E’ il caso dei nostri tempi che si annunciano di accentuato multipolarismo che, a sua volta, sfocerà in un’epoca di acuto policentrismo in cui la lotta per la supremazia tra Stati si farà più serrata, con la possibilità di scontri bellici senza esclusione di colpi (per ora ancora relativamente lontani). Di segnali ne abbiamo ormai in abbondanza, la Russia ha da tempo rotto gli equilibri e l’unilateralità americana (Siria docet) e si spera che altre nazioni seguiranno questa strada, proprio in accordo con questo Paese che sta tracciando il cammino per un prossimo futuro libero (o meno oppresso) dal tallone di ferro statunitense.