E’ VERAMENTE DURA! (di Giellegi il 28 set ’10)

   Si, è proprio dura! Mantenere la calma di fronte alla caduta di ogni capacità di analisi minimamente lucida. Tutti sembrano avere bisogno di credere (speriamo non poi di obbedire e combattere).
   Sono divenuto comunista nel 1953 quando Urss e Cina erano ritenuti due paesi già socialisti, in cui addirittura ci si avviava (transizione) al comunismo. Nel 1960 si aggiunse Cuba. Per fortuna si ebbe la rottura traumatica tra Cina e Urss a partire dal 1962-3, ma poi ripresero i peana di vittoria della “rivoluzione” per il buon andamento della lotta condotta dai comunisti vietnamiti. Non voglio adesso ricostruire la storia di quel periodo. Vorrei però si capisse che il mondo socialista appariva all’epoca, malgrado divisioni interne, in avanzata. Vorrei si capisse che l’Urss, da sola, rappresentava la “sesta parte del mondo” (titolo del magnifico documentario di Dziga Vertov del 1926); con Europa orientale, Cina e poi “Indocina” (Vietnam, Laos e Cambogia) e, ancor prima, Cuba, si arrivava a quasi metà mondo ritenuto ormai “socialista” (quanto a popolazione, sicuramente la metà).
   Ciononostante, il sottoscritto – ma non certo come caso unico né particolarmente meritevole di menzione – si accorse già all’inizio degli anni ’60 della problematicità di questo socialismo, di quanta retorica vi fosse nell’inneggiare all’avanzata di questa nuova formazione sociale nel mondo (che aveva una potenza militare tale da sfidare ad armi pari gli Stati Uniti, la Nato, cioè l’intero campo “occidentale”, comprendente anche il Giappone, divenuto grande paese industriale). Alla fine degli anni ’60, sembrava si fosse ormai vaccinati contro la retorica della “costruzione socialistica”, della sua “avanzata nel mondo”, ecc. Si era iniziata la discussione analitica, seria, su che cosa potesse mai significare il socialismo, la proprietà non semplicemente statale ma veramente collettiva dei mezzi di produzione; quale fosse il problema posto da uno Stato che sussisteva e schiacciava la società quando – essendo strumento di dominio di classe – avrebbe dovuto semmai progressivamente allontanarsi da essa, lasciarla esprimere con modalità effettivamente “democratiche”, non certamente quelle del “libero voto”. Si ridiscuteva della Comune parigina, dei Soviet (e delle fallite Comuni popolari cinesi), ma sapendo che la “rifondazione” di una prospettiva effettivamente rivoluzionaria appariva sempre più complicata e lontana.
   Adesso, i residui di quelle sconfitte – unitisi ai residui di altre sconfitte precedenti, ad esempio quelle del fascismo, visto come fenomeno rivoluzionario nazionale e, in fondo, “anticapitalistico” – riprendono a esprimersi, con lo stesso fideismo e retorica esasperanti, nei confronti del sedicente “socialismo del XXI secolo”, che di fatto allignerebbe nel Venezuela e poco più (la ventesima, anzi trentesima, forse quarantesima, parte del mondo). Sono lieto che Chavez abbia vinto le elezioni. Non sto a discutere sul fatto che è diminuita la sua maggioranza rispetto al Parlamento precedente. Mi fa specie leggere coloro che – tuttavia, almeno coerentemente con il loro credo circa la democrazia elettoralistica, occidentale, in definitiva filoamericana – sono soddisfatti del “primo risultato” già ottenuto dall’opposizione al “dittatore” venezuelano. Mi fa però ancora più specie leggere quelli che capziosamente discutono il perché e percome della diminuita maggioranza, fatto che non arresterà la irrevocabile decisione di marciare verso il socialismo, una marcia che non potrà che essere vincente (la solita retorica dell’epoca guevarista: hasta la victoria siempre).
   Non ho dubbi che non saranno le elezioni a decidere del futuro cammino del movimento guidato da Chavez, e appoggiato da altri dirigenti popolari sudamericani. Non lo decideranno né in positivo né in negativo. Lo decideranno ben altri rapporti di forza; e, mi dispiace per tutti gli utopisti populisti in circolazione, dipendenti solo in parte, e per la minore parte, dall’appoggio del mitico “popolo”. Soprattutto non avanzerà alcun illusorio socialismo. Chavez, come Hamas, come Ahmadinejead e altri “cattivi” di turno (per gli Usa e i loro lacchè) vanno appoggiati per motivi ben diversi, senza il solito manicheismo del Bene contro il Male, del Giusto contro l’Ingiusto, del fantasioso “Potere Popolare” contro quello degli Oppressori (che a volte sono gli Stati imperialisti, altre volte le multinazionali, altre ancora la malefica finanza, ecc. ecc.).
   Vedo con favore questi “cattivi” (questi capi di “Stati canaglia”), ma con ancor più favore vedo i capi di Cina e Russia (e altri del genere) se – e solo se e fin quando – porteranno verso un acuirsi del multipolarismo nel mondo. Senza alcuna illusione però su questi capi. So perfettamente che sono al vertice di gruppi dominanti all’interno di potenze in pectore; non rappresentano perciò alcun bene, alcuna giustizia, alcuna opposizione all’oppressione (anzi, quando e dove possibile, sono “beati” oppressori essi stessi). Ripetere le ingenuità manichee che condussero all’appoggio del campo “socialista” contro quello capitalistico, dell’Urss contro gli Usa, a identificarsi con certi gruppi dirigenti, pensati quali tutt’uno con i loro popoli in lotta contro il Capitale, ripetere queste ingenuità, ripeto, non è più, però, un errore scusabile; è un orrore. L’idiozia può essere perdonata una volta, dopo basta; sappiamo che cos’è il perseverare nell’errore.
   Per quanto mi riguarda, non perdono più nessuno che voglia ancora illuder(si) su personaggi alla Chavez & C. Appoggio quest’ultimo e i suoi simili, ma non da populista utopista. Ricordo inoltre con immenso disprezzo la fine fatta dal 95% di quelli che recitavano la parte dei comunisti e dei rivoluzionari senza compromessi; tradirono a ondate successive: negli anni ’50, e in quelli ’60, e in quelli ’70 e poi ancora ’80 e ’90 (devo continuare?). Niente più illusioni; che non sono per se stessi (tutti gli illusionisti si vendettero, appunto, a coloro che fingevano di combattere), ma per i poveri gonzi che hanno creduto loro, sempre bastonati. E quando è andata loro bene; altrimenti sono stati ammazzati e sui loro cadaveri si sono costruite le fortune degli illusionisti, i populisti finti utopisti (molto realisti invece, come lo sono tutti gli ipocriti e imbroglioni, che vendono sogni).