FATTI E RIFLESSIONI (II) Giellegi, 21 sett. ‘11

 

 

1. La situazione, in questo paese, è ormai senza ritorno per quanto riguarda soprattutto l’inettitudine di Governo, opposizione, giornalismo, gruppi (non) dirigenti del settore economico-finanziario, ceto degli intellual(oid)i. Veramente, non stanno gran che meglio nemmeno gli altri paesi europei, soprattutto i maggiori (Francia, Inghilterra, Germania), ma non può esservi dubbio che siamo sempre un “pelino” avanti sulla via della putrescenza. Siamo tutti nella stessa barca, comunque, per quanto riguarda il demenziale credito ancora accordato alle società di rating; due americane e una inglese, e già questo dovrebbe far riflettere sulla loro inesistente obiettività. Se fossero puri tecnici, allora va detto che sono di una ignoranza e stupidità uniche. Non hanno capito un accidenti della crisi iniziata nel 2008 (continuavano, una volta ormai installatasi stabilmente, a prenderla per una sorta di banale “riaggiustamento”), hanno garantito per titoli spazzatura quali i vari derivati, i subprime, ecc. In Italia, poi, a un paio di mesi dal crac di Cirio e soprattutto Parmalat, continuavano a dare giudizi positivi su queste due imprese. Non vi è autorità economica (e finanziaria), non vi è economista o politico, che non le abbia ampiamente sputtanate. Poi, di nuovo, tutti a dar credito ai giudizi di questi balordi, con grande gioia degli speculatori in Borsa, che approfittano dei cervellotici giudizi che essi danno su questo o su quello per giocare al ribasso o al rialzo a seconda dei casi. Una vergogna continua, con una popolazione che non va comunque scusata per la sua credulità infantile.

In Italia, come abbiamo messo in luce più volte, dalla fine dell’anno scorso (anche prima, ma tutto è venuto a piena maturazione in quel periodo) Berlusconi non conta in pratica più nulla; ha dovuto allentare i suoi rapporti con Putin (del resto anche lui leso nella sua importanza, almeno al presente), ha tradito Gheddafi. Quella almeno apparente maggior libertà di manovra, di cui godeva nell’era Bush jr., è ormai un ricordo del passato. Due pesanti attacchi – prima Fini, il kamikaze, poi Napolitano (non nuovo ai rapporti stretti con ambienti americani democratici) – lo hanno messo al tappeto. Alla fine, sotto tutela di personaggi che l’avevano abbandonato e poi sono tornati, si presenta come uno che non intende più fare alcuno sgarbo a Obama. Ha recitato un po’ di commedia sulla Libia – perché il voltafaccia è stato troppo impressionante e il grandioso ricevimento a Roma di Gheddafi troppo recente – ma ha accettato tutto quanto è stato richiesto. L’aviazione italiana ha fatto più di duemila missioni e sganciato 600 tra bombe e missili. Ciononostante non ha ricevuto nessuna citazione di Obama, che ha ringraziato Francia, Inghilterra, Danimarca e Norvegia.

Adesso la Nato, mostrando a chi capisce qualcosa l’assoluta incapacità dei “ribelli” di ottenere un qualsiasi risultato autonomo (sono mercenari ottusi e inetti, veri bestioni da soma, e pure vili in combattimento), chiede altri tre mesi di “impegno”; e l’Italia è pronta alla sua parte, pur senza mai essere ringraziata. A questo punto, pur senza mostrare alcun apprezzamento per un “amico” di Bush (oltre che di Putin), credo che agli ambienti obamiani non interessi gran che quanto può accadergli in Italia. Ormai è neutralizzato, è succube del presdelarep, vero governatore del paese, quindi a Obama questo basta e avanza (è una ipotesi, non lo affermo dandolo per scontato). Il problema è che questo appiattimento del “Mostro”, ormai obbediente alla potenza predominante, mette in “fregola” l’opposizione, sia quella detta di “sinistra” (di cui ho già chiarito l’essere solo un’ammucchiata di perfetti rinnegati, cioè di banditi di bassa tacca) sia quella finta di “centro”, emanazione dei parassiti che fingono di essere industriali e grandi finanzieri, un’accozzaglia di altri mentecatti solo capaci di rodere alla base ogni possibile fonte di ricchezza.

L’industria “principe” dei roditori è riuscita a mettersi in “sinergia” con gli Usa; una sinergia senza piano industriale (con il ridicolo lancio della “nuova 500”, vettura “di punta”), ma che si basa su un bell’accordo. Ha ricevuto i soldi, grazie all’interessamento della nuova Amministrazione americana, si è presa ufficialmente la Chrysler e così agisce nel mondo, e non più solo da noi, come si trattasse di azienda italiana mentre è agente di penetrazione americana. Questa è la nuova strategia statunitense, applicata sia in campo economico (che non è soltanto tale, perché implica molte ramificazioni lobbistiche in vari paesi, con influssi non solo “di mercato”) sia in quello politico-militare. In Nord Africa, ad esempio, sembra agiscano soprattutto Francia e Inghilterra, ma la maggior percentuale degli “introiti” dell’azione criminale spetterà agli Usa, che stanno sostenendo, e di gran lunga, i maggiori costi della criminale operazione. In Europa lo sconquasso, che sta provocando una certa azione tedesca, servirà a scaricare meglio la crisi finanziaria, il cui centro è negli Usa, nella nostra area (non tanto in Germania quanto nei paesi europei più deboli). Intanto la responsabilità, ben remunerata politicamente, se l’assumerà appunto questo nostro importante vicino.

 

2. Detto fra parentesi (una parentesi non di scarsa rilevanza), questa è la fine che si tenta di far fare, ad esempio, anche a Finmeccanica. Finché agiva soprattutto per il “mercato” (per i settori strategici) degli Usa, non vi erano grandi problemi. Poi si è lasciata andare a “golosità” in direzione di Cina e soprattutto Russia: settore aereo (Sukhoi) e ferroviario. Apriti cielo. L’Ansaldo (settore ferroviario, Breda in particolare), è in vendita ad azienda straniera, anche se ancora non è deciso a chi; all’americana General Electric o alla francese Bombardier o ad altra. I soliti “buontemponi” dicono che è una mossa intelligente perché è settore in perdita e non strategico. Vendendolo si sanerebbe la perdita e si salverebbe la parte strategica. Balle in questo caso. Intanto, si perdono i lucrosi affari in Russia, dove non si preannunciavano affatto perdite. Inoltre, certi affari in settori non di punta, per un’azienda come la Finmeccanica (che ha di tutto e di più), serve da penetrazione in un “mercato” (quello tanto amato dai liberisti); in realtà si allarga una “sfera di influenza”, in cui poi fioriscono ben altre opportunità, oltre che possibili alleanze per reali sinergie (quelle politiche di allargamento della propria influenza, che si coniuga con maggiori prospettive di una propria indipendenza).

Non a caso, infatti, alla s-vendita (e dico svendita non in senso banalmente economico, se si è capito il discorso appena fatto) si aggiunge l’attacco forsennato che magistrati felloni stanno conducendo per danneggiare pesantemente l’intera Finmeccanica, compresi i settori di punta e dunque strategici. Cosa si vuol ottenere in definitiva? O che tale azienda venga smembrata – come si tenta di fare pure con l’Eni, sotto attacco da molte parti, fra cui gli organismi UE, cioè la longa manus della presa americana sull’intera Europa – oppure che torni docile a servire il “mercato” (i settori strategici) americano, abbandonando velleità verso est. Questa la vera antifona dei traditori di cui pullulano i vertici economici e politici di questo povero paese.

E cosa fa la “sinistra”? Coadiuva in pieno l’attacco alla Finmeccanica, anche perché i magistrati sono la sua unica speranza di avere ragione delle resistenze del cavaliere. E probabilmente non solo per questo motivo, poiché i rinnegati che la compongono sono da vent’anni i designati dagli Usa (già da Clinton nel 1992-93) per avere in mano il paese e sottoporlo all’ingordigia di dati settori statunitensi con la complicità dei “cotonieri” italiani (questa infame Confindustria e l’Abi, covi di traditori da processare per direttissima). E cosa fa la Cgil? Difende l’occupazione all’Ansaldo Breda, in pericolo per la s-vendita (si ricordi che cos’è nei fatti). Bene, diranno i superficiali e i venduti della “sinistra radicale” (ancora peggiore di quella maggioritaria). Nient’affatto! L’occupazione non si difende luogo di lavoro per luogo di lavoro; così si irrigidisce semplicemente la gestione di un’azienda, la si rende ancora più “fallimentare” (economicamente parlando) e, alla fine, la battaglia viene persa in un’epoca come questa di crisi generale di stagnazione, legata all’apertura di una fase di conflitti maggiormente improntata al multipolarismo. L’occupazione – come dimostra il caso della Germania nel ’33 dopo l’ascesa dei nazisti, e quello degli Usa, che non uscirono veramente dalla crisi del 1929 con il mitico New Deal, bensì con il definitivo regolamento di conti che chiuse l’epoca policentrica nel 1945 – è legata alla politica di autonomia e di accrescimento della forza del proprio sistema complessivo; forza che è in primo luogo quella delle strategie politiche del conflitto.

I lavoratori la prenderanno in c….. e gli unici posti di lavoro salvi saranno quelli dei tirapiedi inetti e ottusi del sindacato. Esattamente ciò che desiderano i “cotonieri”; esattamente ciò che hanno fatto sempre a partire dal patto Agnelli-Lama del 1975. Lì iniziò la “concertazione”, che viene proseguita a tutt’oggi. Una donna di scarse qualità (come il suo predecessore maschio), che presiede ancora la Confindustria, urla contro il Governo perché aumenta la tassazione, non tocca il sistema pensionistico a sufficienza, non liberalizza, non introduce un regime lavorativo più “flessibile” (maggiori possibilità di licenziamento, crescita del precariato, più autoritarismo nella gestione dei turni lavorativi, delle “pause” e delle loro possibili cause, ecc.); poi critica lo stesso Governo perché tende ad irritare la Cgil, e si fa vedere tutta sorridente e disponibile alla “concertazione” con la Camusso. Quale migliore prova della connivenza dei sindacati e della protervia di industriali che vogliono solo essere riempiti di sussidi, di sgravi fiscali, di aiuti tipo Cassa integrazione, ecc. Non sono imprenditori (quelli di cui parlava Schumpeter), sono solo gestori dello statu quo, fanno concorrenza agli impiegati dei Ministeri, quelli del “caffè ogni mezzora”.

Adesso, per i motivi poco più sopra messi in luce, hanno perso l’appoggio della loro azienda “principe” (salvo la sua parte finanziaria in mano ad un giovinotto di belle speranze, Elkann), dato che quest’ultima si è data ad un intrallazzo di più ampi orizzonti con gli Usa di Obama. Gli industriali italiani sono quindi alla disperazione tanto quanto i politici della “sinistra” e del “centro”. Se non riescono a far andare via Berlusconi presto, non sanno più a che Santo votarsi. Tuttavia, non sono sostenuti fino in fondo da Obama, e nemmeno dal plenipotenziario di quest’ultimo nel nostro paese. Dato che Berlusconi ormai si è abituato ad obbedire, salvo qualche battuta per fingere che non è tanto servo quanto i “sinistri”, inutile sprecarsi troppo. Se questi rinnegati ce la fanno da soli, bene; altrimenti, in attesa del cambiamento “naturale”, si può continuare a logorare il premier, a tenerlo sotto pressione, ad ottenere da lui tutto il desiderato. Insomma, si tiene l’intero paese “a bagnomaria”. Potrebbe verificarsi la caduta del premier, potrebbe non verificarsi ancora. Agli Usa interessa poco; a Napolitano forse un po’ di più, se non altro per preparare la successione a se stesso di un personaggio del suo stesso stampo. Tuttavia, senza fretta e senza scosse violente, onde non mostrare con troppa evidenza quali strappi si facciano subire alla riverita (formalmente) Costituzione, ormai ampiamente “insultata” con gli atti concreti.

 

3. Da un quadro così insano e meschino, cosa mai potrà risultare? Siamo in forte difficoltà nell’ambito di questa Europa. Non ci lasceranno fare la fine della Grecia? Forse. D’altronde, anche questo paese verrà proprio lasciato andare alla deriva? Si vedrà, credo sia importante per tale nazione il suo diventare più apertamente la pedina della Germania per le prossime operazioni, che devono vedere emergere in sede europea una reale subpotenza d’area, tenuto conto dell’azione turca per avere un peso rilevante proprio nella zona sud. I pericoli che corriamo, e l’estrema serietà della situazione sono evidenti. Potremmo restare per un tempo indeterminato con il premier in surplace e quindi con una crescente putrefazione della società e del sistema economico. Nel mentre una serie di forze cattoliche (trasversali) conservatrici, appoggiate da gran parte della Chiesa (si parla della netta maggioranza dei Vescovi) cerca di preparare uno schieramento tradizionalista, di una chiusura sociale e culturale che si può ben immaginare.

Tuttavia, non è facile la durata di un governo come l’attuale e di un premier che, con la forza della disperazione, viene attaccato da tutti quelli che erano convinti di sostituirlo alla fine dell’anno scorso; contando su di una magistratura che sta sconquassando l’intero quadro istituzionale. D’altronde, è possibile, anzi probabile, che gli Stati Uniti non spingano a fondo per il ricambio, data la strategia degli attuali vertici di quel paese. Intendiamoci: l’Italia non è paese in via di sviluppo, non è diviso in clan e tribù né in confessioni religiose che si muovono guerra per una supremazia interna al cristianesimo come avviene in campo islamico tra sunniti e sciiti, ecc. Tuttavia, non illudiamoci troppo; la strategia del caos e dello sbriciolamento del tessuto sociale è la situazione preferita da quegli ambienti statunitensi rappresentati dal nuovo Presidente.

In Irak si è creato il caos appunto con la lotta tra fazioni religiose diverse; ed è interessante constatare come gli Usa, per ottenere tale risultato, abbiano recuperato un certo rapporto proprio con i sunniti che erano stati i più radicali nel muovere loro la guerriglia dopo l’occupazione del paese. In Afghanistan, il tentativo è il medesimo, pur se al momento i talebani fanno vedere sorci verdi sia a loro sia agli “alleati” (servi) nella Nato sia a Karzai che avrebbe dovuto garantire qualche abboccamento con determinati settori dei guerriglieri. Infatti, dopo la burrascosa sostituzione del “bushiano” McChrystal con Petraeus, quest’ultimo, a un anno o poco più dalla sua nomina, è stato spostato alla Cia (il che potrebbe apparire in un certo senso una rimozione vista la scarsa riuscita della sua strategia nel paese asiatico). In Nord Africa, e soprattutto in Libia, la strategia del caos, fondata sull’aiuto a delinquenti e tagliagole, è ancora in pieno sviluppo. Nessuno, a livello internazionale, ha osato dire qualcosa pur dopo il totale travisamento e sconvolgimento della Risoluzione del CdS dell’Onu, dove in fondo 5 paesi su 14 (e che paesi!) si erano quanto meno astenuti.

Sia chiaro che, pur ribadendo la diversità dell’Italia (non avremo lotte di religione o tribali né bombardamenti Nato), la caduta assai probabile di Berlusconi produrrà un caos, in cui potrebbero scatenarsi bande assassine. Hanno gridato per vent’anni al “lupo fascista” (il premier), ma si comporteranno esattamente come le squadre nere di un tempo (e non con semplice olio di ricino). Dovremmo essere difesi dai corpi dello Stato. Uno è ormai dalla loro parte a tempo pieno; quanto a Esercito, Polizia e Carabinieri, Guardia di Finanza e gli altri, non conosco la configurazione delle varie forze al loro interno, ma quel che si vede è scoraggiante. Ho già constatato più volte che siamo all’assurdo (apparente, tenuto conto che abbiamo contro il paese predominante in “occidente”, con vertici fondanti la loro azione sul caos indotto nel territorio sociale da ridurre alla stretta obbedienza) di un capo di Governo, per di più accusato di fascismo, completamente sputtanato e braccato 24 ore su 24. Siamo però anche all’altro assurdo in cui, ad ogni scontro tra manifestanti e forze dell’ordine, ci sono più feriti tra queste ultime; mentre i facinorosi arrestati sono subito liberati dal corpo dedito allo sconquasso sociale e istituzionale.

Non si può stare tranquilli. Per troppo tempo abbiamo accettato di denominare “sinistra” cosche di rinnegati, molte provenienti da settori sempre stati reazionari (si pensi ad un Di Pietro e, oggi, ad un De Magistris che bacia il “sangue di S. Gennaro”), disinteressate ad una pur minima autonomia del paese; ma solo intente invece a servire chi li ha ben foraggiati e appoggiati nel tentativo di assicurarsi il governo del paese. Quanto ai settori “estremi” d’essa, abbiamo sostanziali banditelli pronti eventualmente a dar vita alle squadre assassine di cui già detto. Dall’altra parte, abbiamo sciocchi che hanno continuato a blaterare di “comunisti” e “toghe rosse”. Potrebbero essere felici se si trattasse veramente di comunisti, appartenenti ad un’organizzazione che fu in definitiva docile e malleabile, e non arrivò a promuovere nemmeno una rivoluzione, di cui non si potevano negare obiettivi politici anche di tipo nazionale. Si cercò, e ancora si cerca, di diffondere la menzogna che intendessero portarci in servitù dell’Urss, ma era una gran balla; oggi, i mentitori pagano lo scotto e hanno a che fare con effettivi servi degli Usa di Obama, che li schiacceranno (del resto è ciò che desidera una gran parte dei paraculi del sedicente centro-destra).

Lo ripeto, non si può stare tranquilli. Qui non si vede nessuno dotato della decisione necessaria ad opporsi alla sedicente “sinistra”, composta da personaggi che dovrebbero essere processati e condannati per direttissima. Di fronte alle bande criminali, smaniose di entrare in azione e che del resto compiono in continuazione prove d’assaggio (Di Pietro sta gridando che è possibile ci “scappi il morto”, ecco già gli avvertimenti!), dovrebbero sorgere degli “anticorpi” adeguati pronti alla dura repressione di ogni accenno di disordini e di sovversione. Invece, un ceto medio-alto ancora pingue e ben pasciuto tace ed acconsente, “pagando” anche lui i fomentatori di scontri e scatafasci poiché crede di essere così lasciato in pace. Quando scoppiassero fatti “simil-libici” – intendo dire non nella medesima forma, ma sempre parte della strategia statunitense del caos, atta a distruggere il tessuto sociale di un paese destinato al pieno asservimento – nessuno sarà tranquillo. La Chiesa crede di poterlo essere; e i “fedeli” (ipocriti “invertebrati” come lo sanno essere certi “cattolici da sacrestia”) si aggrappano ad essa e sperano di contare (e contrattare) qualcosa. Non sarà proprio facile, giacché quelli che si muovono con gli Usa (di Obama) non sono esattamente del tipo che poi promosse il “Concordato” nel 1929.

Situazione dunque fosca, ultrapericolosa, di cui mi sembra non si avverta l’intenso “scampanio” di avvertimento. Stiamo tutti all’erta; eventi forse tragici ci attendono. Sperare di no è lecito, contarci troppo, no. O la lenta putrescenza che prepara l’avvento di una conservazione asservita e grigia; o eventi drammatici con violenze e lotte tra fazioni in stato di disfacimento, ma vogliose di dimostrare al Presidente Usa di essere i “migliori” (servi). Tertium non datur, se non esce allo scoperto un nuovo schieramento interessato alla nostra autonomia, consapevole però dell’impossibilità di conquistarla con i “pannicelli caldi”. O saprà usare il bisturi o sarà disperso. Anche in tal caso: tertium non datur.