GAZPROM E PUTIN CONQUISTANO IL CUORE DELL’EUROPA

di Renaud FRANÇOIS 01/12/2007 (fonte diploweb, trad. di G.P.)

Nel 2004, il presidente russo, Vladimir Poutine, dava alle stampe con Vassili Chestakov ed Alexeï Levitski, un libro intitolato storia, teoria e pratica del judo. Vi descriveva come, "con un minimo di sforzi ottenendo un effetto massimo", si può squilibrare un avversario più potente e più forte. Anziché resistere all’attacco dell’avversario, basta coprirsi fino all’ultimo secondo perché quest’ultimo, improvvisamente privato di resistenza, si trovi a terra, portato via dal suo slancio.
In base ai risultati che ha recentemente ottenuto in materia energetica, appare ovvio che Vladimir Putin, da judoka eccellente qual’ è, non ne ha dimenticato i fondamentali. Il 23 ed il 24 giugno 2007, gli stati derivati dalla disgregazione dell’Jugoslavia (Bosnia-Herzegovina, Croazia, Macedonia, Monténégro, Serbia e Slovenia) ed i loro vicini regionali (Albania, Bulgaria, Grecia e Romania) si sono riuniti a Zagabria per quello che è stato presentato come un primo vertice energetico dei Balcani. Nonostante gli sforzi importanti intrapresi dagli Stati Uniti nella regione nel corso dell’ultimo decennio per bandire la Russia da questa zona, i rappresentanti di questi paesi hanno deciso di stendere il tappeto rosso per un ospite speciale, V.Putin, permettendo così alla Russia di fare il suo ritorno in una regione che "fa parte" della sua storia. Alla vigilia della partenza del presidente russo per Zagabria, Roma aveva appena reso pubblica la sua intenzione di costruire con Mosca ciò che il Wall Street Journal presentava come un "gasdotto nel cuore dell’Europa". Questo annuncio, intervenuto meno di un mese dopo gli accordi energetici tra Gazprom e l’Austria, ha suonato le campane a morte del progetto Nabucco[1), ardentemente sostenuto dagli Stati Uniti che vedevano in questo progetto la possibilità di mantenere Mosca lontana della loro nuova sfera d’influenza in Europa del sud e del Sud-Est. Dopo Zagabria, il Presidente Putin si è recato ad Istanbul, in Turchia, per partecipare al vertice dell’organizzazione per la cooperazione del Mar Nero e difendere l’idea di contratti energetici a lungo termine. In meno di 72 ore, tutta la cartina energetica dell’Europa è stata ridefinita.
Il Valzer di Vienna
La Russia non ha perso tempo nel consolidare il vantaggio acquisito, dall’11 al 13 maggio, in occasione del vertice energetico di Turkmenbachy, Vladimir Poutine ed i suoi omologhi kazako e turcmeno, Noursoultan Nazarbaev e Gourbangouly Berdymoukhammedov, si sono decisi a lanciare un progetto per la creazione di un consorzio incaricato della costruzione di un gasdotto del Caspio. L’obiettivo di questo consorzio consiste, ponendo un nuovo troncone lungo illitorale orientale del Mar Caspio, nel portare il flusso del gasdotto in Asia centrale-centro 4 (Russia centrale), a 10 miliardi di m3 all’anno contro gli attuali 2 mld. Quanto al flusso del gasdotto Asia centrale centro 3 che collega le reti turcmena, uzbeka e kazaka alla rete russa, dovrà essere portato a 20 miliardi di m3 all’anno. Nel 2014, questi gasdotti dovrebbero essere in grado di trasportare annualmente verso la Russia fino a 90 miliardi di m3 di gas centrasiatico. Come sottolinea un esperto americano della regione, "la storia dirà che è nel maggio 2007 che le ambizioni energetiche dei paesi occidentali in Asia centrale sono crollate. Nel corso di questo mese, la Russia sembra avere azzerato i progetti occidentali d’importazione diretta delle risorse energetiche dell’Asia centrale. Questa sconfitta della strategia americana d’accesso diretto a riserve immense uccide nella culla gli sforzi simili intrapresi dall’Unione europea dal 2006".  La Russia ha giocato la carta energetica per rompere il cordone sanitario realizzato da Washington. Tre eventi importanti hanno permesso a Mosca di rimettersi in sella nei Balcani. In primo luogo, la visita di Vladimir Putin a Vienna il 23 ed il 24 maggio scorsi. Audacemente presentata da un esperto americano come "il nuovo Anschluss", questa visita si è conclusa con la firma di un accordo tra l’impresa austriaca OMV ed il gigante Gazprom russo, che riguarda la cooperazione tra le due imprese per lo sviluppo, a Baumgarten vicino alla frontiera slovacca, di un polo gazifero in Europa centrale. Provenendo da un irritante vertice con l’Unione europea che si era tenuto il 17 ed il 18 maggio a Samara, il presidente Putin sembrava particolarmente risentito contro un’Ue accusata di cavillosità e al soldo di Washington. Mosca non ha mai nascosto la sua preferenza per le relazioni bilaterali con gli stati membri dell’Ue, in particolare con l’Austria, paese con il quale la Russia divide oltre quarant’anni di cooperazione energetica. Nel settembre 2007, Vienna ha firmato con Gazprom un contratto nel quale il gigante gazifero russo si impegna a fornire per i 20 anni a venire quasi l’80% dei suoi bisogni energetici annuali che ammontano a 9 miliardi di m3. Il polo gazifero di Baumgarten (la realizzazione del suo primo troncone è stata decisa nel corso di questa visita), avrà una capacità di stoccaggio di circa 2,5 miliardi di m3 e la sua costruzione, per un costo stimato di 260 milioni d’euro, sarà garantita da Gazprom. Dal 2011, dovrebbe costituire il secondo più grande centro di stoccaggio di gas in Europa centrale ed il più grande centro europeo di gestione dei transiti gaziferi. Per Wolfgang Ruttenstorfer, il direttore di OMV, quest’accordo costituisce "una nuova base nella cooperazione con Gazprom e rafforza significativamente la sicurezza degli approvvigionamenti gaziferi dell’Europa". Il suo omologo russo di Gazprom, Alexeï Miller, dichiara che "quest’accordo dimostra che la strategia della sua società corrisponde alle necessità di sviluppo del settore energetico dell’Ue". Oltre a queste parole che riassicurano, si potrebbe dire che la realtà sia sensibilmente diversa. L’assunzione di partecipazioni, a livello non rivelato, di Gazprom nelle attività di OMV a Baumgarten rafforzerà probabilmente la posizione del gigante russo sul mercato gazifero europeo. Esattamente l’opposto di ciò che Bruxelles, in nome dell’indipendenza energetica, cerca di evitare a tutti i costi. Recentemente l’Austria ha autorizzato Gazprom a prendere una partecipazione importante in attività molto lucrative di distribuzione di gas domestico a Salzburg e nelle province di Carinzia e di Styrie, cosa che rappresenta, in termini di popolazione, la metà delle nove province austriache. È il primo accordo di questo tipo per la Russia sul mercato europeo. Gazprom vende il suo gas al prezzo di 240 dollari ogni 1.000 m3 ed il consumatore austriaco lambda si vede fatturare la stessa quantità sui 1.000 dollari. Allo stesso tempo, fornitore e distributore, Gazprom guadagna sulle due tabelle. Ma lo scopo principale di Putin è quello rafforzare il ruolo di perno dell’Austria in materia di distribuzione del gas russo in direzione dell’Europa dell’Ovest (Germania, Francia ed Italia), dell’Europa centrale (Ungheria) e dei Balcani
(Slovenia e Croazia). Il volume di gas russo fatto affluire annualmente via Austria supera i 30 miliardi di m3; l’aspetto più importante dell’accordo russo-austriaco, è l’autorizzazione accordata a Gazprom di garantire direttamente il transito del suo gas via territorio austriaco. Secondo alcuni esperti americani, si potrebbe dire che Putin, con quest’accordo, abbia firmato la sentenza di morte del progetto américano-europeo del gasdotto alternativo Nabucco nel quale, ironia della storia, l’austriaco OMV poteva essere uno degli operatori principali. Questo progetto prevedeva di trasportare direttamente in Austria, da Erzurum in Turchia, il gas dell’Asia centrale, mettendo in cortocircuito il territorio
russo. I documenti firmati a Vienna attestano che Putin ha probabilmente convinto i suoi partner austriaci della capacità di Gazprom di garantire l’approvvigionamento dell’Europa centrale. Per i commentatori russi, la questione era chiara: "il futuro del Nabucco appare nero". Consolidato
dall’accordo di Turkmenbachy della metà maggio che incide nel marmo il ruolo preponderante e quasi esclusivo della Russia in materia di esportazioni gazifere dell’Asia centrale, il presidente Putin, nel corso della sua visita in Austria, ha guadagnato un successo innegabile. Con una posizione rafforzata sul mercato austriaco, un accesso diretto presso i consumatori europei, la certezza di potere utilizzare il territorio austriaco come base d’attacco verso altri mercati energetici europei, Gazprom si taglia la parte del leone e Putin può rallegrarsi del colpo assestato alla strategia americana nei balcani.
Nel cuore dell’Europa
La strategia americana che mira, in nome della sicurezza energetica, a federare i paesi europei contro la Russia non funziona più. La ragione è semplice. I paesi europei considerano sempre più Mosca come un partner commerciale. I loro investimenti in Russia sono aumentati del 180% nel corso del primo trimestre 2007 rispetto allo stesso periodo del 2006, ed ammontano già a 24,6 miliardi di dollari mentre gli investimenti americani stagnano a 364 milioni di dollari. Ruchir Sharma un esperto dei mercati emergenti presso Morgan Stanley Investimenti, sottolineava
recentemente in un’intervista a Newsweek, che "l’economia russa è allo stesso tempo statale e libera". Per lui, gli uomini di affari europei hanno compreso bene questa dualità e sanno perfettamente che i rendimenti dei capitali investiti in Russia sono particolarmente elevati.
Ha aggiunto inoltre che ciò che distingue la Russia degli altri paesi produttori di petrolio, è la qualità del suo capitale umano che stimola la transizione rapida di questo paese verso il club dei paesi sviluppati in termini di prosperità e di consumo. Così, contrariamente alle previsioni degli esperti americani, l’impresa British Petroleum ha deciso, nonostante una vertenza aperta sullo sfruttamento dei campi siberiani di Kovykta, di fare un’alleanza strategica con Gazprom piuttosto che di ritirarsi dal progetto vendendo la sua partecipazione del 63% nell’impresa Russia Petroleum. Come sottolinea il quotidiano tedesco, Der Spiegel, "le società internazionali scoprono che è quasi impossibile sopravvivere nell’ambiente russo senza un partner locale."
Questa sopravvivenza passa per un aiuto tecnologico fornito ai russi, detentori di riserve monetarie immense". Secondo questo quotidiano, "BP ha già ammortizzato il suo investimento di 8 miliardi di dollari in Russia e questa società non può permettersi il lusso di perdere un mercato che rappresenta il quarto delle riserve mondiali, la
metà della sua produzione ed il decimo dei suoi profitti… BP non è pronta a lasciare la Russia". Gli analisti strategici americani si rammaricano che le capitali europee non si coordinano più con Washington in materia di cooperazione energetica con Mosca. Andris Piebalgs, il commissario europeo all’energia, dichiarava recentemente a Radio Free Europa – Radio Liberty che non c’era nessuna ragione di dubitare dell’affidabilità della Russia come fornitore energetico. Ne va dei suoi interessi finanziari di rispettare le sue promesse ed "in questo settore, penso che (l’Ue) dobbiamo essere costruttivi", calcando anche per una rimozione delle sanzioni americane contro l’Iran poiché "questo paese possiede un potenziale fenomenale di riserve energetiche". Gli effetti di questi vari fattori sono combinati nell’accordo italo-russo annunciato alla vigilia della partenza di Vladimir Putin per Zagabria. Secondo i termini di quest’accordo, Gazprom e l’italiana ENI sono decise a costruire un nuovo gasdotto chiamato South Stream che, per un importo di 5,5 miliardi di dollari, dovrebbe permettere di trasportare annualmente, dalla Russia in Europa, fino a 30 miliardi di m3 di gas. Lunghezza di 900 chilometri (il suo punto di partenza è stato fissato a Beregovaïa), supererà il Mar Nero ad una profondità di 2 chilometri per raggiungere la Bulgaria da cui si dividerà in due rami che alimenteranno rispettivamente da un lato la Grecia e l’Italia del sud e dell’altro la Romania, l’Ungheria, la Slovenia ed il nord dell’Italia. E’ previsto anche un sotto-ramo che si biforca dall’Ungheria verso l’Austria. La Russia e l’Italia sono decise a condividerne i costi; i lavori, che dovrebbero iniziare ai primi del 2008, dovrebbero completarsi nel 2011.
Gli esperti americani hanno appena realizzato che non restano loro praticamente margini di manovra nella corsa alle riserve immense energetiche dell’Asia centrale. Privati dell’accesso alla fonte, constatano amaramente che Mosca è riuscita ad infiltrarsi attraverso il "cordone sanitario" che la diplomazia americana aveva con pazienza istituito nei Balcani.
L’arte del kuzushi[2)
Il presidente Vladimir Putin, in occasione del suo discorso di Zagabria, ha sottolineato l’importanza strategica di quest’ultimi sviluppi. Ha indicato il fatto che, dal 2006, eccetto 59 milioni di tonnellate di petrolio, la Russia fornisce più di 73 miliardi di m3 di gas ai paesi dell’Europa del sud e del Sud-Est (e questo equivale alla metà delle sue esportazioni verso l’Europa occidentale). Conseguenza logica di questo stato di fatto, il presidente russo desidera sviluppare partenariati che si basino sul principio "dell’equilibrio degli interessi". Esponendo le varie forme che potrebbe rivestire la cooperazione energetica russa – che vanno dalla vendita pura e semplice di gas allo sviluppo ed alla valorizzazione delle infrastrutture della zona dei Balcani -, ha annunciato una serie di progetti audaci sui quali la Russia vorrebbe pesare negli anni a venire: stoccaggio sotterraneo, sviluppo di una rete di distribuzione di gas in Macedonia, estensione di una rete di gasdotti in Albania, nel Kosovo e nel sud della Serbia, partecipazioni nel capitale delle imprese della regione, ammodernamento delle centrali elettriche, ricostruzione delle infrastrutture ereditate dall’era sovietica e la creazione di centri di transito regionali. Prendendo come esempio il settore dell’elettricità, ha sceverato rapidamente la sua visione di una rete elettrica europea, tanto all’ovest che al centro e al sud, interconnessa e sincronizzata con i sistemi elettrici dei paesi Baltici e di quelli della Comunità degli Stati Indipendenti. Secondo lui, questo progetto "permetterà di creare una vera rete per i paesi del bacino del Mar Nero collegando tutti i paesi europei di questa regione in un mercato comune dell’energia". Il quotidiano russo Kommersant ha così riassunto la situazione: "il gas arriverà in Europa da varie direzioni, tramite una rete di distribuzione efficiente, ma resterà esclusivamente nelle mani di Mosca o di un paese sul quale il Cremlino intende gelosamente conservare le sue prerogative ed esercitare un controllo rigoroso". L’essenziale del libro di Vladimir Putin gira attorno al kuzushi, l’arte di squilibrare il suo avversario. Su molte pagine con disegni e schemi esplicativi, il presidente russo spiega tutte le difficoltà e le finezze di questo metodo. Washington non ha finito di chiedersi quanti kuzushis riserva loro Vladimir Poutine da qui alla cadenza del suo mandato, nel marzo 2008. Fino all’ultimo giorno del suo mandato certamente egli meriterà il soprannome di “Gaspoutine” che gli era stato attribuito durante la crisi gazifera del gennaio 2006 con la quale, stringendo d’assedio l’Ucraina, aveva fatto temere alle cancellerie occidentali per gli approvvigionamenti gaziferi dell’Unione europea.

(1) nome del re di Babilonia, Nabuchodonosor II, che restaurò la rete d’irrigazione del suo regno.
(2) nel judo si chiama kuzushi il movimento che mira a squilibrare l’avversario.