GEOPOLITICA DEL FUTURO PROSSIMO

mondo

Il relativo arretramento statunitense sulla scacchiera globale ha generato l’instabilità di cui si vedono e si sentono gli effetti in questa fase. I teatri di caoticità si espandono rapidamente: Africa, Medio Oriente, Asia ed, in misura minore, anche Europa. Il mondo non è più un posto sicuro (anche se si spaccia per “sicurezza” la dura legge del più forte operante contro chi è impossibilitato a reagire perché uscito sconfitto da una precedente epoca storica). Lo sarà sempre meno con l’accendersi delle rivalità geopolitiche tra i vari player regionali nell’intermezzo multipolare. Gli Usa restano il dominus mondiale (e lo saranno ancora per un pezzo) ma la loro proiezione egemonica, prima indiscussa, incontra maggiori elementi di resistenza. La forza intrinseca della superpotenza d’oltre oceano appare non più bastante a frenare una serie di spinte periferiche e locali (con tendenza a diventare planetarie) che si sviluppano intorno ad essa e per varie ragioni oggettive.
L’America esercita ancora molta influenza (ed ingerenza) nella maggior parte degli scenari globali ma non ha più il controllo di tutto. Il potere imperiale a stelle e strisce non è finito ma sono aumentati gli impedimenti ed i fattori ostativi alla sua piena espressione. Questa la causa della sregolazione internazionale (con conseguente crisi economica) che sta rimescolando le carte geopolitiche e, a breve, anche le cartine geografiche (qualche assaggio lo stiamo ricevendo).
Parliamo di una pura dinamica oggettiva che, naturalmente, viene ad incarnarsi nell’azione di soggetti concretamente esistenti, i quali prendono via via coscienza del loro ruolo “per forza di cose”. Una spiegazione riportata da La Grassa ci dice “astrattamente” come si sviluppa la situazione:
“Immaginiamo che in un grande recipiente (il mondo) si versino alcune grosse pietre (le potenze) che, pur urtandosi e contrapponendosi, stabiliscono un certo equilibrio. Vi si versi una serie di piccole pietre, che si sistemeranno nei vuoti esistenti tra le pietre più grosse. Anche queste minori pietre eserciteranno pressioni e forze sul resto, se non altro perché gli spazi vuoti si vanno restringendo e le superfici di contatto e frizione si accrescono; tali pietre più piccole, tuttavia, trovano infine i loro equilibri “subordinandosi” alla pressione superiore dei pietroni. Infine, si rovesci del pietrisco fine fine nel recipiente. Accadrà l’identico fenomeno precedente, i sassolini si sistemeranno tra le pietre più piccole, eserciteranno la loro pressione e frizione, ma in definitiva si sistemeranno e integreranno con il resto, “subordinandosi”, però, nel corso di tale integrazione.
Tutte le pressioni e frizioni sembrano sparite, annullate, l’armonica integrazione appare ormai stabilmente assestata. Niente di tutto questo. Il tempo e i fattori esterni (“atmosferici”) disgregano alcuni pietroni e anche pietre, ma portano pure progressivamente a nuove aggregazioni mediante fusione dei pezzi e di altre pietre con ingrandimento di nuovi pietroni e pietre; e il fenomeno interessa in vario grado anche il pietrisco. Gli apparenti equilibri svaniscono, l’integrazione precedente tra i vari ordini di grandezza delle pietre mostra la sua transitorietà e sostanziale labilità di fronte alle spinte squilibranti, si producono frane nell’insieme e vanno creandosi nuove configurazioni del pietrame nel recipiente (mondo). Si entra insomma in un’epoca di mutamento. L’equilibrio apparente è venuto meno, ma semplicemente perché i processi temporali (storici) hanno annullato le forze di integrazione che attenuavano quelle squilibranti, incessanti e sempre attive malgrado fossero in apparenza dissolte nell’illusoria armonia del “tutto”. Tale armonia, in definitiva, era il semplice apparire temporaneo di un equilibrio nel bel mezzo del flusso continuo squilibrante.”
Chi crede di poter invertire l’orientamento conflittuale in atto, perorando il ripristino degli antichi assetti decisionali, organizzando summit e conferenze diplomatiche di apparente riappacificazione e compromesso, non ha capito in quale quadro di mutamenti siamo entrati. Il tempo dei facili compromessi è già scaduto. Patti ed alleanze (rapidamente cangianti) ci saranno ma occorrerà saperseli guadagnare sul campo. Per ottenere qualcosa si dovrà lottare, soffrire, sanguinare, cadere, rialzarsi ecc. ecc. I Paesi che non si prepareranno a queste battaglie saranno sottomessi e perderanno molto o quasi tutto. Il nostro, per esempio, è su questa pericolosa china. La Pax americana non ci garantisce più niente ma la nostra succube classe dirigente non lo comprende. Dovremmo guardarci intorno per ricercare sbocchi a noi più convenienti e nuove intese adatte a restituirci quella rilevanza (geo)politica che non possiamo più ottenere restando sul carro atlantico. Ancorati al passato possiamo fare solo una brutta fine. Anzi, la stiamo già facendo.