GIUSTIZIA AD OROLOGERIA

CVD: Come volevasi dimostrare. All’indomani dei rapporti di Amnesty International e Human Right Watch che hanno sconfessato le accuse di stupro di massa contro i militari libici rivelando inoltre che la fonte dalla quale provenivano le notizie (false) era il CNT di Bengasi, arriva il mandato di cattura contro Gheddafi da parte della Corte internazionale dell’ONU. Qui lavora un segugio di procuratore che per unilateralità e faziosità ci fa rimpiangere persino i magistrati italiani, il che è tutto dire. Costui dichiarò alla stampa mondiale, subito dopo aver acquisito le prove (qualche scatola di viagra intonsa tirata fuori da carrarmati semidistrutti) portate dai ribelli, che il leader nordafricano era un pervertito alla guida di un esercito di pederasti, pedofili e maniaci sessuali. E le indicazioni ottenute erano, a suo dire, così sicure ed attendibili che non occorreva altro. Così Sicure ed attendibili come le successive indagini della CPI e di Luis Moreno Ocampo che ricordano l’arbitraggio del quasi omonimo Byron Moreno durante i mondiali in Giappone e Corea nel 2002. Se questi sono gli organismi internazionali coi quali vogliamo portare la giustizia nel mondo sono da preferire i tribunali di qualche mezzadria africana o dell’est asiatico, almeno sappiamo cosa ci aspetta ben prima dell’inizio del processo. La lega mondiale degli impostori occidentali vuol dare a tutti lezioni di democrazia ma è talmente impreparata e indisciplinata che andrebbe messa dietro la lavagna con un cappello da asino sulla testa ed una mazza tra le natiche a mo’ di coda. Peraltro, Gheddafi viene accusato di crimini contro i civili dal 15 al 28 febbraio, periodo che coincide con l’inizio delle proteste in Cirenaica, appoggiate e preparate dall’intelligence francese e inglese. Ma a queste manifestazioni violente seguirono mere operazioni di polizia volte a riportare l’ordine e che pertanto non possono essere accostate ad azioni di guerra et similia. Quanto accaduto in detta fase, dai bombardamenti sulla popolazione alle fosse comuni – eventi fabbricati televisivamente, rilanciati da Al-Jazeera ed amplificati dal circuito informativo europeo e statunitense – per giustificare l’intervento su Tripoli, è stato smentito da inviati indipendenti e poi dagli stessi media ufficiali, i quali per non perdere la faccia hanno dovuto “differenziare” la loro spazzatura disinformativa, messa in dubbio dai racconti di testimoni e dal consenso mai incrinatosi (nemmeno sotto le bombe) del rais in Tripolitania. Il leone della Sirte non si è scomposto di fronte alla decisone dell’AJa e si è comportato all’occidentale, cioè come americani ed israeliani che non riconoscono autorità alcuna a questo covo di briganti con la legge in bocca e la verità sotto il culo. Come scritto anche da Gian Micalessin su il Giornale si tratta di una farsa dietro la quale si nasconde la Nato che non sa come venir fuori da un conflitto preparato male e condotto ancor peggio: “Peccato che nessuno dei crimini individuati dal suo atto d’accusa (della CPI) sia stato ancora provato o confermato. Se le date contano sarà utile ricordare che tra il 15 e il 28 febbraio non era arrivata a termine neppure quella riconquista di Zawya, considerata l’atto più spietato e sanguinoso della repressione. La cittadina ribelle, situata 50 chilometri ad ovest Tripoli, si sollevò intorno al 25 febbraio e non venne riconquistata prima del 10 marzo. Di certo nei giorni tra il 15 e il 28 febbraio non sono avvenuti, come dimostrano i recentissimi rapporti di Amnesty International e Human Rights Watch, gli stupri di massa attribuiti dal procuratore Moreno alle forze governative”. Se questa è la dinamica degli eventi il processo dovrebbe essere fatto non a Gheddafi ma ai suoi persecutori, quelli che lo assediano con le armi e quelli che lo accusano con un mantello sulle spalle. Quest’ultimi principi delle tenebre del diritto e non del foro.