Grecia: una resa annunciata (di A. Terrenzio)

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E’ finita peggio di come avevamo previsto: Tsipras e Siryza capitolano su tutta la linea, consegnando la Grecia all’eurocrazia di Bruxelles e condannando il loro popolo ad un futuro economico ancor peggiore di quello attuale.

Soddisfatto il presidente delle commissione europea, Jean-Claude Junker, il quale ha dichiarato al termine del vertice dell’Eurozona:” l’accordo e ‘stato laborioso e ha richiesto tempo, ma siamo soddisfatti: non ci sarà nessuna Grexit.

 

La Merkel ha annunciato il terzo intervento finanziario a favore della Grecia, sarà di 82-86 miliardi in tre anni, di cui 24 per il sistema bancario.

Atene vedrà quindi, il commissariamento della Troika con degli ispettori direttamente presenti sul territorio greco, per verificare che lo smantellamento della sovranità ellenica avvenga come concordato.

Riforme dell’Iva, delle pensioni e quella dell’Elstat (istituto nazionale di statistica) ed introduzione di tagli semi-automatici alla spesa in caso di deviazioni dall’obiettivo di surplus primario.

Previste anche riforme nel codice di procedura civile, per recepire la direttiva Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive) sul fallimento degli istituti di credito.

Inoltre sarà prevista la creazione di un fondo in cui i greci dovranno trasferire attivi per 50 miliardi, a garanzia delle privatizzazioni promesse. Il Fondo avrà sede in Grecia e non in Lussemburgo, come inizialmente stabilito.

“Il Leonida di cartapesta”, capitola nella maniera peggiore, sottoscrivendo un accordo ben più sacrificante di quello rifiutato dal popolo greco, nel referendum di domenica scorsa, rivelatosi perciò inutile. Intanto Siryza è alla canna del gas, con il ministro delle finanze che ha da poco rassegnato le dimissioni dal governo, dopo quelle del ministro dell’economia Varoufakis, il primo ad abbandonare Alexis Tsipras. Pesanti anche le dichiarazioni del ministro dell’energia e leader dell’ala radicale di Siryza, Panagiotis Lafazaris, che ha definito l’accordo raggiunto a Bruxelles “umiliante”.

Di fronte a tale piano lacrime e sangue – con le solite ricette di austerity e cure da cavallo a base di privatizzazioni, svendita degli asset pubblici e precarizzazione del mercato del lavoro, le defezioni che in questo momento avvengono all’interno di Siryza, oramai in piena liquefazione, ed in più la prevedibile uscita dei Greci indipendenti di Anel dalla coalizione a capo del governo ellenico – il governo barcollerà fino a che non emergerà una nuova coalizione di larghe intese ricomprendente i socialisti del Pasok, i centristi di Potami ed il centrodestra di Nea Dimokratia. Probabile premier di tale coalizione il “montiano” Stavros Theodorakis, ben visto dalle élite tecno-finanziaria europea, incaricato di portare a compimento il salasso economico del popolo greco.

Come si era accennato all’inizio, gravi sono state le colpe del premier greco, che a partire dal suo insediamento, aveva portato avanti una campagna demagogica fondata, contraddittoriamente, sul Si all’Euro e sul no all’Austerity, ignorando l’inconciliabilità delle due posizioni. Circa 6 mesi si trattative estenuanti, fatte di proposte zoppicanti e incomplete, che arrivavano alla richiesta dello sconto del 30% dell’ammontare del debito ellenico, più 50 miliardi per rilanciare l’economia. Proposte, presentate ai vari Juker, Merkel, Sheauble, Dijsselbloem, Shultz, e subito rispediti al mittente. Per concludere, l’indizione di un referendum anti austerità con schiacciante vittoria dei no, giunti al 62%. Ma sorge il sospetto che Tsipras contasse di perdere per dimostrare ai suoi sostenitori di avere le mani legate.

L’élite finanziaria europea ha minacciato seriamente di chiudere i rubinetti della liquidità bancaria, costringendo le banche greche alla serrata dei bancomat. Misure estorsive che hanno avuto l’effetto di piegare definitivamente il leader greco che ha deciso di calarsi i pantaloni anziché spezzare definitivamente le catene del debito e portare la Grecia dentro scenari inediti ma meno drammatici.

Gravissima colpa di Tsipras è stata quella di non aver preparato un piano “B” che si sarebbe tradotto in un ritorno alla dracma ed alla conseguente sovranità monetaria.

Inoltre, come scritto da Marcello Foa sul Giornale.it e da Gianni Petrosillo su questo blog, determinante il ruolo degli Usa che hanno scaricato i costi dell’eventuale ristrutturazione del debito greco principalmente sulla Germania e sulle potenze minori dell’eurogruppo come l’Italia.

Note, infatti, erano le preoccupazioni americane per un’eventuale uscita della Grecia dalla zona Euro, con il rischio conseguente di un abbraccio alla Russia che avrebbe comportato un’intollerabile allentamento delle maglie atlantiche. Mentre sullo sfondo rimangono accordi economici di primo piano come il TTIP ed energetici come il turkish stream che coinvolgono gli interessi strategici di Casa Bianca e Cremlino.

Ancora una volta, quindi, abbiamo riscontrato il ruolo nefasto di un’Europa perfettamente funzionale alla geopolitica statunitense, politicamente assoggettata e strategicamente assente nel momento cruciale della vicenda. A questo punto prevediamo un destino senza scampo per la Grecia: sottomissione alle oligarchie finanziarie internazionali ed ulteriori misure draconiane che porteranno fame e disperazione sociale. Disperazione che potrebbe favorire il partito nazionalista Alba Dorata con conseguenze imprevedibili. Il bagno di sangue sociale porterà tale formazione a tentare il tutto per tutto determinando reazioni altrettanto imponderabili da parte europea. Ci aspettiamo mesi caldi, con scenari in costante evoluzione. Di certo, possiamo constatare che dopo il fallimento delle sinistre sedicenti “Euro-alternative” l’unica speranza di riscatto restano i gruppi sovranisti e i movimenti nazionalisti ed identitari, i quali, però, non appaiono ancora all’altezza del compito storico all’orizzonte.