Ì cervellopiattisti dell’invasione russa

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Gli smemorati che ripetono ossessivamente la storia dell’aggressione russa all’Ucraina, anzi dell’invasione dell’Europa da parte di Mosca perché Kiev, nel loro immaginario racconto, sarebbe un pezzo della casa europea, dovrebbero almeno arrossire di vergogna per le loro fandonie. Per fare simili affermazioni bisogna avere il cervello piatto, ovvero dimenticare tre decenni di umiliazioni e aggressioni, verbali e territoriali, alla tradizionale sfera di influenza russa, commesse dagli Occidentali. I cervellopiattisti, ancor peggio dei terrapiattisti, non hanno il senso degli eventi e credono di poter far principiare la storia da un punto qualsiasi del suo accadere, il più vicino possibile ad un presente in cui tutto ciò che è successo prima viene sepolto dalla loro recente versione dei fatti. Proprio come i terrapiattisti, i cervellopiattisti guardano agli accadimenti da una prospettiva ottica unidimensionale che toglie qualsiasi possibilità di cogliere la profondità delle situazioni.
Allora bisogna ripercorre le tappe e ridare multidimensionalita’ alle vicende che ci interessano. Per ora rammentiamo ai cervellopiattisti l’imbroglio diplomatico con cui abbiamo ingannato i russi.

Finora ne eravamo a conoscenza per quanto riferito da alcuni protagonisti del tempo, alla fine della guerra fredda. Ora è spuntato pure un verbale, dal British National Archives, della riunione dei direttori politici dei ministeri degli Esteri di Stati Uniti, Gran
Bretagna, Francia e Germania, tenutasi a Bonn il 6
marzo 1991. Lo riporta il Fatto Quotidiano:
“Davanti all’ipotesi di una richiesta di alcuni Paesi
del blocco ex sovietico (Polonia in primis) di en-
trare a far parte della Nato, inglesi, americani, tedeschi e francesi furono concordi nel ritenerle
semplicemente “inaccettabili”‘. A nome di Berlino,
Jürgen Chrobog affermò: “Abbiamo chiarito durante il ‘negoziato 2 più 4’ sulla riunificazione della Germania, con la partecipazione della Repubblica federale di Germania, della Repubblica democratica tedesca, di Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna e Francia, che non intendiamo far avanzare l’Alleanza atlantica oltre l’Oder.
E pertanto, non possiamo concedere alla Polonia o ad altre Nazioni dell’Europa centrale e orientale la possibilità di aderirvi”. Secondo Chrobog questa posizione era stata concordata con il cancelliere federale Helmut Kohl e il ministro degli Esteri,
Diverse prospettive La Nato ieri e oggi
Hans-Dietrich Genscher.
Come riporta Der Spiegel, in quella stessa occasione, il rappresentante degli Stati Uniti, Raymond Seitz, dichiarò: “Abbiamo ufficialmente promesso all’Unione Sovietica – nei ‘colloqui 2 più 4’, così come in altri contatti bilaterali intercorsi tra Washington e Mosca – che non intendiamo sfruttare, sul piano strategico, il ritiro delle truppe sovietiche dall’Europa centro-orientale e che l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord non dovrà espandersi al di là dei confini della nuova
Germania né formalmente né informalmente”
Insomma, l’accordo c’era ed era condiviso dai
principali soci dell’Alleanza atlantica. Poi “qualcuno” ha deciso che era meglio dimenticare ogni promessa per inghiottire negli anni l’intera Europa orientale, poi i Paesi baltici e, in prospettiva, l’Ucraina. I risultati sono sotto gli occhi del mondo”.

Noi europei, vili servi degli USA, non siamo i buoni che difendono i popoli dalle guerra. Noi siamo i codardi che creano le condizioni del caos e poi fanno gli ipocriti addebitando a Putin il seme della follia. Cervellopiattisti bugiardi e pure autolesionisti.

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Chi guarda con palpebre cadenti questo scorcio d’epoca, in trasfigurazione, non è in grado di cogliere cosa esso sia diventato e come ancora metamorfoserà. Proporre soluzioni standard mentre tutto intorno sfugge ai vecchi modelli e assetti, equivale a non prendere alcuna seria decisione. Qualcuno crede ancora di potersi affidare a rituali diplomatici di una fase esaurita da tempo, ad organismi di mediazione che non intercettano i nuovi rapporti di forza e rendono ancora più odiosi quelli d’antan, a dialoghi che andavano bene 30 o 40 anni fa ma che adesso hanno come effetto quello di accrescere la repulsione di chi al cappello in mano ha sostituito l’elmetto in testa.
Il mondo non è più a una dimensione ma è a molti poli alla deriva che, pertanto, sono prossimi a futuri originali accostamenti, alcuni già tratteggiati altri nemmeno immaginabili.
La stessa neutralità, invocata per determinati consessi in ribollimento, che sfuggono ai classici incasellamenti, è sintomo di paurosa mancanza di visione o di scarsa aderenza a una realtà inaggirabile.
Presto sarà il momento delle scelte, faticose, sacrificanti e nemmeno così definitive, persino farraginose, in virtù di ri-configurazioni politiche, sociali e economiche imprevedibili che trasformeranno le intese in contese, le inimicizie in alleanze, e viceversa, i precedenti patti in rottura di piatti e gli smarcamenti in ammiccanti. È un panorama tutto da costruire e decostruire, ostruire o far fluire, a secondo di come evolveranno gli eventi.
Di fronte a tutto questo l’Occidente, o meglio chi lo incarna al suo apice, si chiude a riccio, vuol mostrare tutta la sua forza ma tradisce solo debolezza. Va in delirio di onnipotenza vieppiù che emerge la sua vulnerabilità. Si percepisce via assoluta mentre perde la strada maestra, dietro a degenerazioni assurde dei suoi una volta pur maestosi valori fondativi. Ciò che splendeva è oramai carcassa vuota, è decadenza di vita collettiva, psicologica e culturale. Chi si fa colpire da questa pestilenza va incontro a disfatta certa, soprattutto se accetta pedissequamente i diktat del suo putrescente egemone.
La sua libertà è bieca oppressione, la sua democrazia è morte civile, i suoi diritti sono ottundimento delle menti, i suoi principi il principio della fine.
L’Occidente che muore per autoconvincimento e autocompiacimento, che si nutre del suo stesso disastro, vorrebbe impedire alla vita di pulsare e di spingere in direzioni che esso non sa più percorrere. Vedremo chi sopravviverà al defunto.