Il 25 aprile nel ricordo di mio nonno Gigi ed altre storie sconosciute ai più, di Max Bonelli

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Il 25 aprile nel ricordo di mio nonno Gigi ed altre storie sconosciute ai più.

Siamo alla fatidica ricorrenza che ogni anno riapre una ferita mai completamente suturata nel nostro paese. Si riaccende una guerra civile

verbale(per fortuna) e si riaprono i cofanetti di ricordi che ognuno di noi ha nel suo armadio di storie di famiglia. Non faccio eccezione  e vi voglio raccontare la storia di mio nonno(del mio bisnonno per l´esattezza) ed un´altra che mi ha fatto guardare a questa data con una prospettiva diversa.

Andiamo per ordine. Mio nonno Gigi era un maremmano repubblicano di quelli veri, non come quelli alla Spadolini che da repubblichini sono diventati per comodità repubblicani nel dopoguerra ed ertisi negli anni successivi a padre della Repubblica.

Era già un uomo con la responsabilità di una famiglia quando il fascismo prese il potere e a Grosseto fu salvato più volte dalle squadracce da un nipote fascista che forte dei suoi due metri di stazza e della forza fisica che in quegli ambienti è sempre stata una buona credenziale, lo scortava dagli uffici postali, dove lavorava, a casa.

Era un ufficiale postale, allora si diceva cosi, la posta fu in pratica militarizzata con il fascismo e indossare la camicia nera era un obbligo. Obbligo a cui quel toscano di mio nonno non si piegava, e così iniziarono i trasferimenti, prima da Lucca in Calabria e poi con la costruzione dell´impero l´ordine di andare a prendere il sole in Africa Orientale.

Gigi che cominciava ad essere avanti negli anni, quella camicia nera non la metteva; preferiva la divisa militare, non quel simbolo della dittatura. Così per non perdere il lavoro  e sapendo che per un antifascista non sarebbe stato facile sostituirlo, accettò  un lungo esilio lavorativo che durò più anni del preventivato sia dall´esiliato che dai punitori.

Con la disfatta in AOI(Africa Orientale Italiana), quell’esilio si trasformò in prigionia.

Ho trovato in questi giorni le sue cartoline dove scriveva l´unica cosa che non poteva essere censurata: ”Baci Babbo”.

Tornò nel 1945 a casa, morì di nefrite nel 1948; l´acqua africana era stata veleno per i suoi reni.

Un anno fa sono venuto a conoscenza di un´altra storia, saltata fuori dall’armadio di un´altra famiglia.

Ero a pranzo con un caro amico di Latina, discendente di una famiglia di bonificatori.

Friulani, veneti gente che aveva strappato alla palude e alla malaria con sudore e sofferenze il pezzo di terra dato loro dal duce.

Quasi tutti i discendenti hanno il ritratto di Mussolini a casa ancora oggi. Gli ha dato una casa, una terra ed anche se affaticato dal  mio bagaglio di famiglia antifascista cercavo di capire il loro attaccamento a quei venti anni di storia. Fu proprio lui a raccontarmi una di quelle storie nascoste, si di quelle che non si devono far sapere in giro, perchè escono dal ”mainstream” della novella sulla resistenza. Suo nonno, insieme ad altri 20 uomini-bonificatori, in gran parte fra di loro parenti o stretti amici, tutti con lotti di bonifica confinanti, allo scoppio della guerra nel 40, partirono volontari nelle camicie nere.

Certo erano fascisti convinti, ma l´idea di fondo era ” meglio che partiamo tutti insieme e possiamo scegliere il reparto di appartenenza e quindi rimanere uniti che essere comunque chiamati quando ci tocca e sparsi per tutto l´esercito italiano. Stando insieme aumentiamo la possibilità di sopravvivenza”.

La guerra è un gioco di squadra ed in questo i coloni temprati dalle fatiche della bonifica avevano visto giusto.

L´8 settembre del 1943 dopo essersi fatti il fronte greco e la campagna yugoslava ne erano sopravvissuti 19.

Nello sbando generale questi uomini rimangono uniti e quando i tedeschi si avvicinano dando per scontato la loro adesione alla repubblica di Salò ,

rimangono freddati dal loro ”no! noi agli italiani non ci andiamo a sparare”.

Così cedute le armi salirono su un vagone piombato diretto ad un campo di prigionia in Germania.

Nonostante gli stenti e le privazioni dopo quasi 2 anni di prigionia tornarono tutti e 19 alle loro famiglie,la maggior parte rimasti fascisti ma non traditori della bandiera italiana.

Questa storia mi consentì un´altra visione del 25 aprile e del motivo per cui va festeggiato, per ricordare i tanti piccoli atti di coraggio, che sono avvenuti in silenzio lontano dai riflettori.

Qualcuno pensa che il 25 aprile sia l´inizio dell´occupazione americana. Storicamente è uno sbaglio; l´occupazione americana è iniziata con lo sbarco in Sicilia complice Mussolini che non si rendeva conto che la guerra era persa. Poi continuata con la complicità degli italiani (la maggioranza) che ha il vizio di applaudire il più forte per evitare complicazioni. Noi siamo qui su questo blog per avviare un movimento di alternativa per una liberazione da questa occupazione non per divederci su dietrologie su quello che rappresenta il 25 di questo mese.

L´alternativa si crea parlando del futuro e di quello che può unire gli italiani al di là delle storie chiuse nei loro armadi di famiglia.

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