IL CONFLITTO CAPITALE/LAVORO E GLI AGENTI STRATEGICI di M. Tozzato

I tentativi di integrare la dottrina classica del materialismo storico, negli ultimi decenni, con l’inserimento di ipotesi ad hoc si è rilevata palesemente insufficiente. Lo sforzo di La Grassa nell’ abbozzare un nuovo modello di interpretazione storica, che sempre partendo da Marx e Lenin, ne modifichi effettivamente diverse assunzioni di fondo si è rivelato necessario a causa degli eventi storici e politici che hanno trasformato il nostro modo di leggere il conflitto politico e il mutamento sociale nella situazione attuale. Questo non vuol dire che possediamo una nuova compiuta teoria e soprattutto, in questo campo, attendiamo anche il contributo di storici specialisti e di altri che abbiano il coraggio di proporre programmi di ricerca sufficientemente coraggiosi. Marx scrive all’inizio del Manifesto:<<La storia di ogni società sinora esistita è storia di lotte di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressori e oppressi sono sempre stati in contrasto tra di loro, hanno sostenuto una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese: una lotta che finì sempre o con la trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in lotta.>> La prima modifica che La Grassa introduce, anche sulla base di una diversa lettura dei fatti storici, consiste nel definire la storia di lotte di classi come conflitto ininterrotto tra classi dominanti, sia all’interno di una determinata formazione sociale e statuale, sia – in maniera decisamente predominante per lunghi periodi storici – come conflitto verso l’esterno (guerre) tra classi dominanti situate in spazi geografici ( e quindi sociali-statuali) diversi. La lotta tra oppressori e oppressi per lunghi periodi si è rivelata essersi, più che nascosta,  mantenuta allo stato latente, e sostanzialmente ineffettuale a causa di una compiuta sottomissione dei dominati al potere egemone, politico ed ideologico, dei dominanti. Quando il conflitto interdominanti diviene – momentaneamente, ma è un momento che può equivalere a un breve o medio periodo storico –  meno intenso poteva e può capitare che l’imperativo dell’aumento di potenza e quindi dell’incremento dei mezzi tecnici ed economici (ricchezza in beni strumentali, denaro o mezzi finanzari) all’uopo necessari si risolva in una sorta di “schiacciamento” delle classi che forniscono ai gruppi dirigenti la gran parte del pluslavoro e quindi del plusprodotto. Così al tempo di Spartaco le condizioni di vita degli schiavi erano notevolmente peggiorate rispetto al periodo precedente e questo li ha spinti a una rivolta rischiosa, sanguinosa e infine perdente ma comunque, da un certo punto di vista, necessaria.  Naturalmente il discorso a questo punto dovrebbe venire ampliato e sviluppato considerevolmente e cercheremo senz’altro di farlo in un altro momento. Mi limiterò qui ad una brevissima ma importante osservazione. Nel momento in cui la costituzione delle principali classi dominate in soggetto politico e il relativo specifico antagonismo e lotta  contro i dominanti capitalistici non assume più  centralità assoluta riguardo alla dinamica di trasformazione – rivoluzionaria, cioè “contro il capitale” –  della società si pone il problema di come degli ipotetici agenti strategici per la trasformazione, anticapitalisti, debbano e possano muoversi. La situazione diventa sicuramente più complicata e le idee sul “come muoversi” richiedono un approccio quasi del tutto nuovo. Gianfranco La Grassa ha così, proprio per cercare interlocutori che potessero aiutare a dipanare la matassa, lanciato una proposta di discussione attorno al problema, con i suoi interventi sulla cosiddetta “Terza Forza”. Qualcuno si è scandalizzato non capendo che la questione, che è politica, parte però da precise e ben fondate ipotesi teoriche che devono trovare, per la loro natura, una corrispondenza nell’agire e in nuova prassi anticapitalistica oppure devono venire discusse e eventualmente confutate in modo rigoroso. Non è quindi il sasso lanciato nello stagno per muovere le acque, come di fatto risultano essere gli scritti lagrassiani sulla “Terza Forza”, ma le problematiche teorico-politiche che ne rappresentano il presupposto che devono, secondo noi essere necessariamente approfondite.  

Mauro Tozzato                                                                       06.11.2007