IL DESTINO DI FINMECCANICA: una sora lisa ci seppellirà?

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Finmeccanica è una delle nostre imprese di punta. Rappresenta l’eccellenza italiana nel mondo, non perché ce ne siamo convinti noi che solitamente ci esaltiamo per qualsiasi ferro vecchio della rust valley contrassegnato col made in Italy, ma perché sono gli altri a riconoscercelo, anelando a farci le scarpe. Anzi i missili.

Rivendichiamo l’italianità dell’anticaglia (auto, salotto, ecc. ecc.) e ci giriamo dall’altra parte quando la difesa della sovranità industriale è realmente un valore, strategico prima che economico, da preservare a tutti i costi.

Da qualche anno, Finmeccanica è sotto attacco incrociato di concorrenti e governi esteri che, purtroppo, trovano spesso una sponda interna, nella magistratura o nella politica. Non si capisce se sia più la stupidità o la connivenza delle nostre classi dirigenti a danneggiarci, comunque, nel secondo caso si chiamerebbe tradimento ai danni della nazione.  Ne prendano nota le alte coorti che un giorno, speriamo vicino, saranno chiamate a vendicare Roma da questa vergogna.

Gli ultimi due Presidenti di Finmeccanica, Guarguaglini ed Orsi, sono stati costretti a lasciare a causa d’indagini incaute ed arresti spesso ingiustificati (il primo è già stato prosciolto dalle accuse costategli il posto e siamo pronti a scommettere che anche per il secondo verrà tutto ridimensionato al più presto). Le toghe mettono il naso nei business che discendono da relazioni speciali tra “cordate istituzionali” e distruggono la nostra credibilità perchè non sono in grado di chiudere rapidamente i procedimenti e perchè le loro certezze iniziali si rivelano grandi abbagli. Ma nel frattempo tutto è stato compromesso. Trattandosi di best companies a trazione pubblica pare che lo Stato si diverta ad autocondannarsi per lasciare campo libero alla concorrenza straniera.

In tali settori estremamente delicati il mercato è allestito direttamente dagli apparati pubblici che tracciano le mappe e i confini degli affari affinché la logica anarchica dell’economia non nuoccia alla concezione complessiva, militare e diplomatica, di un Paese. Non siete convinti?  Esiste, tanto per fare un esempio, uno Special Security Agreement tra il Dipartimento della Difesa Usa e la Drs (che come si legge sul suo sito è fornitore leader di prodotti integrati, servizi e supporto alle forze militari, alle agenzie di intelligence e ai maggiori contractors in tutto il mondo), acquisita proprio da Finmeccanica nel 2008 per 5,2 mld di dollari. In sostanza, l’azienda di Piazza Monte Grappa non ha accesso alle “classified information” di una sua controllata perché così ha stabilito la Casa Bianca. Non c’è modo di cambiare la natura di queste acquisitions  quando si opera in comparti dove i soldi vengono dopo gli interessi nazionali.

Pure un bambino lo comprenderebbe ma evidentemente non lo comprende chi si mette sulle tracce di fondi neri o mazzette pagate all’estero convinto di poter ristabilire la giustizia e la moralità in patria mentre i competitors si fregano le mani alle nostre spalle.

Si intende, pertanto, che più è debole e cialtrona l’élite dominante di un paese e più si va incontro alla perdita di posizioni vantaggiose, soprattutto nei confronti internazionali.  In questo momento storico, nelle condizioni politiche accennate, rischiamo davvero di perdere tutto peggiorando la nostra situazione economica e affossando quella geopolitica.

I partiti, screditati sulla scena parlamentare ed elettorale, provano ad imporre i loro uomini laddove c’è da spartirsi il bottino. Poiché mancano di visione strategica e politica, sperano di fare cassa smembrando e vendendo i tesori di famiglia.

Finmeccanica è stata attenzionata per le sue potenzialità e si ricorre a qualsiasi espediente pur di non mollare l’osso, anche se c’è il pericolo concreto di mandare in fumo un gioiello tecnologico che tutti ci invidiano.

Infatti, intorno al gigante aerospaziale, si stanno concentrano oscure manovre che mirano a dismettere attività ritenute non “core” per attuare le quali occorre, innanzitutto, accedere ai vertici aziendali per piazzare persone fidate o fare scouting con quelli precedenti.

In un recente articolo apparso su Il Giornale, il vicedirettore Nicola Porro, ha scoperto una di queste strane iniziative. Il centro studi Nens, vicino alla sinistra, ha elaborato uno studio su Finmeccanica dal titolo “Finmeccanica tra sviluppo e crollo” firmato da una presunta esperta francese dell’Università di Sciences Po di Parigi, Lisa Jeanne.

Quest’ultima ritiene che  per salvare l’azienda italiana dal fallimento è necessario  “un rovesciamento copernicano di una strategia manageriale erronea, erratica, inconcludente». Secondo Porro l’esimia ricercatrice di Sciences Po “distrugge l’attuale gruppo dirigente di Finmeccanica…miele per le orecchie di chi sta pensando, in occasione della prossima assemblea del 4 luglio, al ribaltone nel gruppo”. Per la verità anche noi avremmo molto da ridere sulla gestione di Alessandro Pansa, figlio del più noto giornalista Giampaolo, che ha accumulato le cariche di direttore generale e amministratore delegato dopo l’arresto di Orsi. Costui vorrebbe cedere l’Ansaldo Energia e altre attività ritenute non “ consistenti e logiche dal punto di vista della complementarietà degli asset e della visione che gli investimenti hanno”. Alle dichiarazioni dell’Ad ha replicato il Ministro dello sviluppo economico Flavio Zanonato, che dovrebbe essere più vicino a Nens, secondo il quale invece “non esiste solo la possibilità di dismissioni, ma anche la possibilità di trovare partner per sviluppare prodotti e mercati”. Insomma, molto meglio Zanonato di Pansa il “Liquidatore”, discendente del “Revisionatore”.

Ma torniamo a Lisa Jeanne, il genietto francese che si preoccupa tanto delle faccende italiane. Nicola Porro ha provato ad intervistarla ma nessuno la conosce. Non esiste per la rete (se si esclude il rapporto pubblicato da Nens sul suo sito) e nemmeno per Sciences Po.

Qui siamo intervenuti noi ed abbiamo dato una mano a Porro. Abbiamo scoperto che i files del rapporto erano stato creati da un certo Dario Salerni e non dalla presunta professoressa d’Oltralpe che sarebbe, a questo punto, soltanto un nom de plume associato però ad una Università reale (se Lisa non esistesse Sciences Po avrebbe tutto il diritto di chiederne ragione a chi ha usato impropriamente il suo prestigio). Abbiamo passato l’informazione al vicedirettore sapendo che lui avrebbe avuto più strumenti di noi per individuare il vero autore dello scritto. Bingo! Il giornalista ci ha ringraziati perché avevamo visto giusto!

La Jeanne sembrerebbe un fantasma: non esiste sulla rete e non è conosciuta all’università parigina. Oggi facciamo un passo in più (grazie ad un attento lettore di questa zuppa che ringraziamo). Abbiamo finalmente trovato un prezioso indizio sull’identità della misteriosa studiosa. È sufficiente scaricare il poderoso studio fatto dalla medesima e pubblicato da Nens. Una volta ottenuti i file (per i tecnici, trattasi di Pdf) si può agevolmente andare a vedere il cosiddetto creatore del documento elettronico. Mentre nella prima puntata compare come autrice il nostro fantasma Lisa Jeanne, nelle puntate numero due e tre inaspettatamente compare come autore un tale Dario Salerni. La ricerca sull’identità di Salerni è più fruttuosa di quella della Jeanne. Scopriamo intanto che esiste. E poi che è un signore con un fior di curriculum in consulenze industriali e aziendali. Rintracciamo alcune sue datate collaborazioni indovinate con chi? Finmeccanica. Lo vediamo associato ad un tal Stefano Zara, responsabile economico del Pd. Il quale Zara, proprio pochi giorni fa, ha vergato un articolo contenente proprio alcune delle tesi della Jeanne. Il cerchio si chiude. La Jeanne non sembra esistere. Due dei tre file della suddetta sono attribuibili elettronicamente ad un certo Salerni. Che non solo ha contatti con Finmecca, ma anche con ambienti Pd che scrivono cose simili alla Jeanne. Azzardiamo la Jeanne potrebbe essere Salerni”.

In questo clima mefitico c’è da essere preoccupati sul destino di Finmeccanica, troppi appetiti si stanno scatenando sulla partecipata dal Tesoro. Una voracità nostrana che si somma a quella di squali mondiali.  Ma le ultime bocche hanno dimensioni più larghe di quelle autoctone. Il pesce grosso spinge il pesce piccolo ad ingrassare e si prepara alla grande abbuffata?