Il fantasma dell’ISIS

obama-vince-le-elezioni-9-770x499

Obama prende in giro il mondo con una guerra simulata all’ISIS (dopo Al-Qa’ida, ennesimo nemico inventato e armato per una strategia del Caos).

 

Il Presidente degli States Barack Obama continua a prendere in giro il mondo con la sua guerra simulata all’ISIS. Quest’ultimo, dopo Al-Qa’ida, è l’ennesimo nemico inventato e armato da Washington per scombinare la riconfigurazione dei rapporti di forza mondiali che tendono, in questa fase storica, a sfavorire gli Stati Uniti, in relativa decadenza sulla scacchiera globale, dopo più di un quindicennio di dominio pieno e incontrastato.

 

La strategia del caos nell’area mediorientale, insieme alle continue provocazioni ai confini e nei territori russi e cinesi (Ucraina, Hong Kong, Xinjiang), mirano a creare sacche d’instabilità che costringano gli avversari a fare i conti con le proprie contraddizioni storiche, culturali, etniche e territoriali, cosicché siano rallentati nella loro proiezione geopolitica in un’epoca in cui le maglie dell’ordine occidentale sono diventate piuttosto lasche e porose.

 

Ostacolare il percorso di queste potenze che si sono affacciate o riaffacciate sul parterre planetario è un modo per prendere tempo e provare a ripensare e ricostituire una sfera egemonica di pertinenza confacente alle mutate esigenze e alle inevitabili trasformazioni indotte dai tempi.

È il disordine che prepara le novità.

 

Gli Usa, com’è ovvio che sia, non vogliono rinunciare alla primazia sull’orbe terraqueo, conquistata dopo la caduta dell’Urss, ma, al contempo, comprendono che gli equilibri costruiti successivamente alla vittoria sul blocco antagonistico dell’Est devono essere ricalibrati sulle mutate situazioni e sui rinati competitors, i quali hanno recuperato molto del terreno perduto in precedenza.

 

Se davvero la Casa Bianca avesse voluto annichilire il Califatto avrebbe agito diversamente ricorrendo ai mezzi ed ai sistemi di guerra più efficaci per raggiungere rapidamente l’obiettivo. Ha la capacità e la tecnologia necessaria per operare con destrezza e adeguatezza.

Invece, dopo aver allestito una coalizione sproporzionata di amici della civiltà democratica, veri o presunti che siano (oltre 40 membri che si pestano i piedi a vicenda), ha approntato una messinscena con sparuti raid selettivi che colpiscono target secondari o inesistenti.

 

Questo è vero perché i tagliagole dello Stato islamico conquistano città su città tra Iraq e Siria trovando pochissima resistenza.

 

Per giunta, in questo bailamme scatenato dai nemici barbuti dell’Occidente, rispuntano i ribelli siriani che vanno alla conquista di un centro di spionaggio russo in Siria (abbandonato da Mosca e da Damasco nel 2011) per strizzare l’occhio ai mandanti d’oltreoceano. Atto simbolico che chiarisce da chi sono manovrati i settari di Maometto.

La Siria resta, infatti, il boccone amaro non mandato giù da Obama, dopo il colpo di genio di Putin di un anno fa che salvò Assad da fine certa. La Russia conserva in Siria postazioni militari strategiche e gode di grande credibilità presso le autorità costituite, tutti fattori che impediscono all’Amministrazione yankee di posizionare nella zona un tassello determinante per la concretizzazione dei suoi piani, qualunque essi siano.

 

Tutti i protagonisti, o quasi, stanno facendo le loro mosse per vagliare l’estensione delle proprie potenzialità e trarre vantaggi dall’evoluzione degli eventi.

Tutti tranne uno: l’Unione Europea. Questa resta agganciata, con pesanti catene all’azione di Washington, precludendosi ogni movimento autonomo, anche sui dossier che la tirano in ballo direttamente.

Politicamente l’UE non esiste e la sua volontà è indotta dalle pressioni che, di volta in volta, tema su tema, vengono esercitate da oltreatlantico sui suoi organi (in)decisionali.

Oltre a tutto quello che abbiamo sempre detto sull’Europa, sulla sua debilitazione economica, politica, culturale ecc. ecc. va anche denunciata la sua incredibile debolezza militare. Errore gravissimo in un periodo in cui i conflitti, sordi o acuti, si sviluppano esponenzialmente. Noi europei non siamo in grado di difenderci da soli di fronte alle molte trame che il mondo multipolare porta con sé e cerchiamo di colmare i nostri deficit strutturali ponendoci sotto l’ala protettiva di chi quelle insidie va moltiplicando per rioccupare gli spazi perduti.

Insomma, consideriamo amica una potenza che non può più averne, di amici, finché non avrà riprogrammato (con conseguente ridimensionamento o spostamento dei suoi interessi) il suo stare sulla scena internazionale. Dimostrandoci così servili ed indifesi al suo cospetto fortifichiamo in essa la certezza che la sua reinvenzione egemonica passa proprio dalla nostra totale subalternità, quale risarcimento di quanto le verrà sottratto in altri contesti.

 

Non è un bel destino quello che si prefigura per l’Europa, nuovo vaso di coccio tra grandi vasi di ferro in acerrima competizione. Dunque, non saranno né la Cina né la Russia le vere vittime di questa parte di XXI secolo: all’Europa, dama di compagnia degli aguzzini statunitensi, andrà molto peggio, perché verrà battuta, all’occasione, sia dai suoi padroni sia dagli antagonisti dei suoi padroni, che non vorranno confrontarsi apertamente con essi, almeno nel presente frangente.