Il piano energetico nazionale di Monti/Passera – di Piergiorgio Rosso

Anche questa volta il rischio blackout o grande freddo è stato direttamente addossato all’”inaffidabile” duo ENI-GAZPROM. Senza lo schermo delle “bizze” ucraine tutta la grande stampa italiana all’unisono ha riempito pagine e pagine di banalità sulla eccessiva dipendenza energetica nazionale dal gas, ed in particolare quello russo, della presunta  vulnerabilità di tale situazione, degli alti costi per i cittadini. Il governo e segnatamente il ministro Passera si è affrettato a rilasciare l’autorizzazione per il rigassificatore ENEL di Porto Empedocle, dichiarando “se avessimo quelli già approvati, saremmo più tranquilli” (Corsera del 6/2/2012). Peccato che i due rigassificatori in funzione (La Spezia e Rovigo) abbiano lavorato in questi mesi al 20% circa della loro capacità nominale, causa … maltempo (!!). Non solo: gli analisti più accorti hanno sottolineato che il prezzo del gas sul mercato spot (si tratta del gas liquefatto, LNG) ha registrato negli ultimi mesi un sensibile innalzamento a seguito della scarsità relativa della sua disponibilità (come la frutta e la verdura, insomma …). Superando il prezzo fissato nei tanto vituperati contratti ToP (Take or Pay) a lungo termine stipulati da ENI con GAZPROM. Evidentemente anche i più affidabili produttori di gas filo-USA, in questi frangenti,  lo hanno venduto sul mercato spot seguendo logiche speculative “classiche”.

La strumentalità delle dichiarazioni e degli atti del tecnico Passera è tanto evidente quanto la volontà di ridimensionare in tutti i modi l’autonomia operative dell’ENI

Ma la strategia di medio/lungo termine del governo Napolitano/Monti è più sofisticata e pericolosa. Si parte col dire che il prezzo del gas commercializzato da ENI/GAZPROM è mediamente più alto di quello (LNG) che si spunta sul mercato spot (USA,Qatar, Algeria). Intanto andrebbe precisato “per chi” è più caro. Il dettaglio infatti evidenza che le famiglie italiane pagano mediamente meno del resto d’Europa. Pagano invece di più gli utilizzatori grandi e soprattutto medi (PMI). Riportiamo i dati di uno studio di Sergio Portatadino dell’Università Bocconi del 2003 (ma la situazione relativa non è molto cambiata da allora), da cui abbiamo preso spunto per questo articolo.

Figura 4: Andamento del prezzo medio del gas (ante-imposte) per consumi di 418,6 TJ/anno (Clienti “Large Commercial”)


Fonte: Elaborazione propria su dati Commissione Europea, 3rd Benchmarking Report, 2004.

Figura 5: Andamento del prezzo medio del gas (ante-imposte) per consumi di 418 GJ/anno (Clienti “Small Commercial”)

Fonte: Elaborazione propria su dati Commissione Europea, 3rd Benchmarking Report, 2004.

Figura 6: Andamento del prezzo medio del gas (ante-imposte) per consumi di 16 GJ/anno (Clienti residenziali)


Fonte: Elaborazione propria su dati Commissione Europea, 3rd Benchmarking Report, 2004.

Il secondo dato di premessa è che i nuovi importatori di gas non trovano spazio nei gasdotti che sono già occupati da ENI. Ecco perché comprano da ENI che, a sua volta, è obbligata a vendere l’eccedenza rispetto al limite del 50% del fabbisogno nazionale di gas naturale. Ad un costo ovviamente non competitivo con ENI, ma sufficiente per sfruttare alcuni mercati di nicchia. In queste condizioni non si crea un vero mercato del gas (in gergo: il mercato non è sufficientemente “liquido”).

A questo punto entrano in gioco la rete e gli stoccaggi nazionale la cui dimensione è tale da poter giocare un ruolo se asserviti ad una logica finanziaria e non tecnica: sfruttando il fatto che il gas è comprimibile, il gestore della rete potrebbe acquistare autonomamente grossi quantitativi di gas e stoccarlo, senza cioè che ci sia un bisogno ed un’utilizzazione immediata. La stessa quotidiana attività di “bilanciamento” della rete (mantenere uguali i flussi in entrata ed in uscita, contabilizzare e attribuire le quantità agli utenti/fornitori) si presta alla compravendita di gas “immediata” per far quadrare i bilanci di gas. Questi quantitativi potrebbero dunque dare “liquidità” al mercato e creare un prezzo di riferimento, slegato dal prezzo del petrolio ma legato solamente alla domanda ed offerta. Questa è stata da sempre  la raccomandazione della Autorità per l’Energia e Gas che ragiona in un’ottica puramente mercati sta.

E’ ciò che si apprestano a fare Monti e Passera togliendo ad ENI la proprietà della rete e degli stoccaggi ed affidandoli ad una nuova società che gestirà entrambi, svolgendo quel ruolo necessario a fondare su basi minimamente reali una “borsa del gas”.

Lascio alla comprensione dei lettori quali impatti generalizzati potrà avere una tale strategia, non solo sul prezzo del gas per le famiglie (destinato ovviamente ad aumentare) ma anche sulla sicurezza degli approvvigionamenti, affidati in futuro ad una società che ha per missione quella di speculare sul prezzo internazionale del gas.

Tecnicamente i contratti ToP potrebbero non sparire ed anzi costituire una base affidabile per garantire la sicurezza nazionale. Ma la volontà politica prevalente non sembra andare in questa direzione, e poi troppo fresca è l’esperienza del blackout elettrico subito dagli italiani qualche anno fa, attribuito alla caduta di un albero in Svizzera ed in realtà dovuto al fatto che le centrali di riserva erano spente perché così conveniva ai neo-proprietari non-ENEL.

La considerazione finale è sul ruolo di asservimento complessivo dell’Italia che un assetto di tale tipo contribuisce a formare e consolidare nel tempo. Dicevamo sul blog nel settembre 2011: Con le banche in sofferenza impedite ad alimentare il credito industriale, con il futuro “esproprio” dei gasdotti ENI per sanare il debito pubblico, con la preclusione a qualunque politica di approvvigionamento energetico autonoma, con la trasformazione dell’Italia in snodo essenziale per veicolare gas e petrolio dal nord-africa all’Europa e quindi sotto tutela “fisica” per interessi e sicurezza sovranazionali, con un italiano della Goldmann Sachs a guardia dei nostri BTP e quindi sotto tutela finanziaria, forse non ci sarà neanche più bisogno di cambiare il governo. E comunque se l’attuale perdesse la fiducia (… per un incidente, per carità) ci penserà qualcun altro, in alto, a mettere d’accordo tutti, ma proprio tutti, per sostituirlo con un funzionario adeguato. Che conosca le lingue …”

I primi passi lungo la via da noi delineata a settembre sono stati eseguiti con “professorale” efficienza ed efficacia. La paura per il grande freddo, debitamente alimentata dalla grande stampa, ha fatto intravedere la possibilità di accelerare la separazione dall’ENI del sistema rete+stoccaggio gas, rassicurando così il fondo Knight che a gennaio 2012 aveva esternato la sua preoccupazione: ” Qualche perplessità rimane invece sulla lunghezza dei tempi di attuazione del provvedimento, con il rischio di eventuali manovre elusive da parte di chi vuole mantenere il vecchio status quo evitando di confrontarsi con decisioni ormai improcrastinabili”.

Con l’intenzione, non tanto e non solo di aprire ope lege un nuovo mercato alla speculazione finanziaria, ma di offrire a tutti i grandi players energetici europei un’infrastruttura aperta alle loro strategie, ridimensionando ENI, se va bene, ad uno dei tanti. EDF ha intanto acquisito Edison, si è assicurata un cliente sicuro per il suo gas, l’EDIPOWER delle multiutilities, e presto godrà dell’intera rete italiana per i suoi gasdotti dall’Algeria e dalla Turchia. Ci diranno che stiamo finalmente diventando un hub di importanza strategica per l’Europa, che il prezzo del gas sarà veramente liberalizzato. L’Italia sarà la prima in Europa … e sicuramente rimarrà l’unica.

Roma, 12 febbraio 2012

Rif.ti: La liberalizzazione del mercato del gas in Italia. Verso un hub del gas? – di Sergio Portatadino http://www.ambientediritto.it/dottrina/Politiche%20energetiche%20ambientali/politiche%20e.a/liberalizzazione_gas_portatadino.htm