IL PROGRAMMA NUCLEARE IRANIANO

fonte voxnr

di Simon-Pierre Savard-Tremblay. Trad. di G.P.

 

All’inizio del novembre 2007, un sondaggio mostrava che il 52% degli americani sarebbe stato stato favorevole a colpire preventivamente l’Iran allo scopo di impedire a questo paese di dotarsi del nucleare. Sembra che la maggioranza della popolazione americana abbia la memoria corta. Infatti, soltanto quattro anni fa, la campagna intensiva d’intimorimento ed il discorso ufficiale dell’amministrazione Bush sul pericolo delle "armi di distruzione di massa" hanno condotto all’invasione coloniale dell’ Iraq. Questo paese, che è passato da una dittatura stabile e laica ad una polveriera islamista, è oggi sul limine della guerra civile, mentre le truppe impérialiste dell’occidente aiutano nella "ricostruzione": una ricostruzione fortunatamente garantita da generose società americane che svuotano in modo sfrontato le ricchezze naturali che il Medio Oriente possiede. Ma l’Iraq era soltanto la prima tappa di un progetto economico e geopolitico che mirava a riorganizzare questa regione tumultuosa del mondo a profitto di uno Stato israeliano dalle ambizioni predatorie. Poiché i diplomatici americani hanno già comunicato che potrebbero evitare di ricorrere al Consiglio di sicurezza per emanare sanzioni contro l’Iran, questa nazione è sicuramente il prossimo obiettivo del mondialismo conquistatore.

La legittimità del nucleare iraniano

L’Iran è una nazione sovrana ed uno stato indipendente. Non si può impedire a nessun paese di possedere una tecnologia che permetta di aumentare la prosperità del suo popolo in un contesto in cui le risorse fossili non sono inesauribili. Questa riflessione è tanto più vera in quanto la nazione interessata è sottoposta da anni ad un embargo tanto selvaggio quanto mortale. Non si può neppure negare ad alcun paese di sviluppare questa tecnologia a fini militari. Per qualsiasi stato, la sicurezza non è un diritto ma un dovere. L’Iran è circondato da nazioni che gli sono ostili, alcune tra queste posseggono anche la bomba nucleare. Qualsiasi governo sa che essere l’istigatore di un attacco nucleare lo sottoporrebbe a rappresaglie massicce. Il possesso di armamenti atomici ha soltanto una portata dissuasiva e serve a controbilanciare le diverse forze politicche della regione, in breve, contribuisce ad un "equilibrio del terrore" in mdio-orientale pur garantendo la piena indipendenza dell’Iran. Si può auspicare che l’Iran non vi giunga, ma non ci si può opporre al suo legittimo diritto di farlo. È dunque in nome del diritto all’ autodeterminazione che la Comunità internazionale deve accettare il programma iraniano. Se quest’ultima si oppone, deve almeno utilizzare la via diplomatica delle discussioni, dei negoziati e della cooperazione piuttosto che quella delle pressioni intollerabili. È del resto paradossale che le minacce d’intervento e gli "allarmi alla bomba" vengono dal solo paese che ha già utilizzato l’energia atomica contro popolazioni civili. I colpevoli del genocidio di Hiroshima e di Nagasaki corrono sempre.

Uno Stato canaglia?

Il regime attuale deve in parte la sua conquista del potere a Washington. Dopo avere istituito il regime dello Scià, gli Stati Uniti (con la complicità della Francia di Valéry Giscard d’ Estaing) hanno visto in quest’ultimo una minaccia diretta ai loro interessi petroliferi ed hanno contribuito a mettere in sella l’ayatollah Khomeiny nel 1979. Quest’ultimo ha rapidamente mostrato che era uno dei loro avversari più selvaggi. È dunque per distruggere allo stesso tempo questo regime e quello del paese vicino, l’Iraq di Saddam Hussein (che deve la sua presa del potere alla CIA) che il Pentagono ha finanziato a sua volta i due belligeranti affinché si consumassero in una guerra di autodistruzione tanto lunga (1980-1988) quanto selvaggia.

Dividere per regnare. Quanto all’epiteto di "Stato canaglia", si applica anche a molti paesi arabi che beneficiano del sostegno di Washington, a cominciare dall’Arabia Saudita. Gli Stati Uniti avrebbero i mezzi per prendersela con l’Iran? Se il governo atlantista dell’Australia è stato appena battuto alle elezioni, il complesso industrial-militare americano può beneficiare di numerosi nuovi alleati importanti (che non aveva nel 2003 in occasione della seconda guerra del golfo): Il Canada di Stephen Harper e soprattutto la Francia di Nicolas Sarkozy. Quanto al Regno Unito, il cambiamento del primo ministro non dovrebbe avere grande incidenza sulla politica estera britannica. L’invasione dell’Iran sarebbe senza conseguenze? Si constata che in Iraq i musulmani sciiti costituiscono la forza più potente di resistenza di fronte all’occupazione. L’Iran, paese islamista sciita, sarebbe un pantano ancora più insopportabile dell’Iraq, cosa non da poco. Inoltre, in caso d’attacco, l’Iran potrebbe bloccare il distretto di Ormuz, via di comunicazione e d’inoltro del petrolio tra l’Europa e l’Asia, cosa che immergerebbe il mondo in una grave crisi economica

Il nucleare iraniano come risposta al progetto egemonico 

[…]Il Medio Oriente è una regione devastata, vittima di una decolonizzazione sprangata e di una guerra fredda tra due giganti per i quali la libertà dei popoli costituiva un bene di poca preoccupazione. Ne risulta una regione predominata dagli estremismi di qualsiasi tipo, conseguenza naturale di una situazione permanente di miseria e di terrore. L’atlantismo ha la sua pedina nella regione: Israele. È al potere sionista che sarà data la responsabilità della "stabilità" nella regione quando questa sarà sottoposta ed assoggettata. Come diceva Clausewitz, "non è l’invasore che è responsabile della guerra, è l’invaso, quando si difende". In tale contesto, il nucleare iraniano è più di una garanzia per l’indipendenza di questa nazione. Potrebbe costituire un rifugio, benché modesto, riguardo al rullo compressore anglosassone.