IL RATTO DEL RATING

Chi esercita il “mestiere” della politica dovrebbe possedere qualità non comuni come lucidità, larghe vedute, nervi saldi e sangue freddo. Facili esaltazioni ed altrettanto rapide demoralizzazioni rappresentano défaillances inammissibili in uomini di partito ed amministratori della cosa pubblica che prendono l’impegno di guidare una collettività. Farò l’esempio della Basilicata, dove io vivo, per evidenziare alcuni fenomeni di degradazione ma le cose non vanno affatto diversamente nel resto d’Italia.  Nella Penisola, da vent’anni in qua, le necessarie virtù politiche sono avvilite da una classe dirigente di ogni colore avvezza alle sbornie egolatriche e alle sublimazioni propagandistiche che la rendono – e ciò soprattutto nelle fasi di criticità – impreparata al compito per cui è stata selezionata. Il concetto può apparire difficile ma non lo è se tradotto in metafora faunesca: non puoi atteggiarti a rapace se sei un piumato di piccola taglia, poiché appena tenti di prendere l’aria il trucco viene smascherato. I cieli lucani sono pieni di aquile che volano come quaglie, o di galliformi che s’improvvisano falchi, e la cosa è quotidianamente riscontrabile tanto dall’infimo livello  delle polemiche dilaganti tra un pollaio politico e l’altro che dal modo in cui vengono affrontati (e non risolti) i problemi del territorio. Emblematico è quanto verificatosi dopo che l’agenzia newyorkese Moody’s ha minacciato di abbassare il rating della Regione che adesso si trova sotto osservazione (come d’altronde tutto il Belpaese) per i suoi conti. La cosa è seria ma non grave, eppure maggioranza e minoranza si sono prodotte in grida di dolore e gloglottii di disperazione, lanciandosi reciproche accuse di sabotaggio e di inadeguatezza. Non è saggio autocelebrarsi quando questi soggetti economici si profondono in giudizi positivi al di sopra della realtà, né ci si può abbattere quando gli stessi istituti pungolano o minacciano declassamenti ingiustificati o proditori. Ma ancor meno assennato è farsi la guerra in casa per valutazioni che hanno natura provocatoria e non corrispondono allo stato di salute di una istituzione, rientrando piuttosto in disegni politici o speculativi rispetto ai quali occorre comunque alzare l’attenzione. Lo diciamo sia a chi faceva il ballo del qua qua 6 mesi or sono allorché Moody’s si complimentava con i vertici regionali per il buon lavoro svolto, che agli iettatori patentati i quali si auguravano, all’opposto, l’arrivo dei temporali. Ora che le nubi minacciano tempesta, le parti si sono invertite ma lo spettacolo politico di papere starnazzanti e di uccellacci gufanti è ugualmente poco edificante. PD e PDL lucani dovrebbero sapere che tali Agenzie, alle quali si continua a dare tutto questo “credito” nonostante le disavventure del passato, hanno già ampiamente dimostrato la loro inattendibilità. Dai casi Enron, Parmalat o Lehmann Brother abbiamo imparato che di esse non ci si può fidare perché sono ipersensibili agli umori dei clienti pubblici e privati dai quali vengono pagate. Ovvero, non esiste equidistanza certa tra interessi propri e quelli della controparte, ed è per questo che le Agenzie allungando la loro lente d’osservazione sulle diverse situazioni si fanno sfuggire qualcosa, soprattutto se il versatore è generoso. Come dicevamo, mesi addietro Moody’s aveva rilasciato tutt’altro parere sul bilancio regionale e la Basilicata era stata presentata come un esempio di morigeratezza nelle spese ed oculatezza negli investimenti. Cosa sarà mai cambiato in così poco tempo? E’ mutato il clima politico nazionale ed internazionale ed oggi alcuni membri dell’Europa del sud si trovano nell’occhio del ciclone per una serie di circostanze solo limitatamente dipendenti dalle loro imperizia nelle gestione dei conti pubblici. In Europa spira un vento di speculazione che artatamente alimenta lo spauracchio dei default sovrani per compiere razzie finanziarie. Vedi la Grecia o il Portogallo. Alzare artificiosamente le voci di instabilità economica agevola la riuscita dei colpi bassi da parte di pescecani della finanza che si fanno guidare da “subacquee” sentinelle politiche. Sarà un caso che queste agenzie hanno tutte licenza statunitense? Sarà un caso che si concentrino principalmente sull’Europa nonostante il bubbone abbia avuto origine negli States? Non vogliamo essere troppo dietrologici ma almeno cerchiamo di pesare adeguatamente questo conflitto d’interessi prima di lapidarci tra noi. Le sassaiole fra conterranei facilitano unicamente il compito a chi ha deciso di sfasciarci la testa. Questo non vuol dire che possiamo permetterci di “fare gli americani” ma nemmeno di essere gabbati da loro.