KIEV VINCE LA GUERRA. SUI GIORNALI

boeing-777-200

boeing-777-200E’ difficile stare dietro a tutti i pazzi di questo povero Paese. Un mentecatto si è preso la licenza di scriverci per accusarci di fare un cattivo servizio alla Russia con la nostra informazione sulla guerra ucraina che non sarebbe “secca” (chissà che cazzo significa, ma non ci interessa entrare nella mente degli svitati) come quella di Chiesa che, secondo l’allentato di sopra, dissimulerebbe una certa imparzialità più utile alla causa. In sostanza, ci viene chiesto di fingere come Giulietto per entrare nelle grazie di questi smidollati causa e chiesa (mi si passi la battuta). Con tutto il rispetto per Chiesa, a cui riconosciamo qualche merito in questa occasione, noi non abbiamo mai straparlato come lui di III guerra mondiale, o anche di IV (melius abundare quam deficere se si è del tutto deficienti o in malafede), sciocchezza sesquipedale che danneggia “la battaglia” in misura maggiore delle nostre evidenti simpatie filorusse, di cui non ci vergogniamo affatto, tanto da manifestarle ai lettori con onestà intellettuale. Abbiamo spiegato il perché della nostra scelta nel breve pezzo di qualche giorno addietro, circa la maniera migliore di essere filorussi, senza cadere nello sciocchezzaio pallonaro degli ultras invasati che tifano Russia come tiferebbero per la Juventus. Noi non abbiamo mai appoggiato Gorbaciov, il vero traditore dell’Unione Sovietica, come ha fatto Chiesa in passato, iscrivendolo nel pantheon dei grandi statisti del XX secolo, laddove egli è stato il primo responsabile dello smantellamento dell’URSS, offerta su un piatto d’argento agli Stati Uniti, con un ottuso contorno di insalata glasnost e patatine perestroika, indigeribili per il cervello di chiunque, non per Chiesa e i suoi chiesastici. Noi, contrariamente a Chiesa, non ci siamo mai invaghiti di sciocche mode filosofiche, travestite di cultura decadente, come la decrescita, intorno alla quale si sono coagulati tutti i vecchi arnesi sinistrorsi e gli accattoni sindacalizzati di questa penisola dei depressi, orfani del pensiero marxista e dei vari partitini comunisti e da allora in cerca di nuove teoresi bizzarre con le quali avvelenare i pozzi della storia e della intelligibilità sociale. Noi, all’opposto di Chiesa, non abbiamo mai fatto credere agli allocchi che infestano le finte opposizioni antisistemiche che tutto si risolvesse nel primato dell’economia sulla politica e sulle altre sfere sociali, per cui l’abbandono del dollaro o il rafforzamento finanziario sui mercati dei BRICS, in funzione anti-statunitense, potesse avere gli stessi effetti di una bomba atomica sganciata sul mondo occidentale. Baggianate sconfinate che ci hanno fatto perdere fin troppo tempo dietro ai calcoli astrusi e cervellotici di stregoni della triste scienza, a cui stava a cuore soltanto di elevarsi sulle vette della fama e del successo, trascinati da un nugolo di fedeli lobotomizzati divenuti improvvisamente esperti di borsa e del mercato azionario. Ecco tutto quello che ci distingue da Chiesa e dalla sua chiesa di credenti nei più bassi istinti dell’epoca, quella delle dicerie catastrofistiche sul pericolo climatico o sul declino americano (che è al massimo relativo, non assoluto), dietro alle quali si sta perdendo il fior fiore della gioventù italiana potenzialmente adatta a ripensare il nostro tempo. Ovviamente, Chiesa non è il solo ad alimentare tali amenità e le responsabilità sono ugualmente suddivise tra lui ed altri sciamani presenzialisti che affollano talkshow superficialmente fuori dal coro, come la Gabbia di Paragone, blaterando di nazieconomia europea ed eurocrazia monetaria. Fammi sentire come straparli e ti dirò quante te ne inventi. Mi fermo qui per non vomitare altra bile e passo a cose più interessanti sul fronte del conflitto in Ucraina. Ribadisco che Kiev non sta vincendo questa guerra ma si sta spingendo sull’orlo del baratro, portandosi dietro 40 milioni di ucraini. Dopo l’episodio del Boeing malese, abbattuto da un caccia SU 25 nei cieli del Donbass, l’esercito ucraino ha avviato un’offensiva contro i civili delle province separatiste. Ai miliziani questo attacco non ha fatto un graffio ma sta demoralizzando la popolazione costretta ad esfiltrare in Russia o in Crimea. Questo vuole Poroshenko, sbarazzarsi della minoranza russofona per ripopolare quella fetta di territorio di scansafatiche e sbandati galiziani o di altre parti dell’ovest, fedeli al regime. Sotto il profilo strettamente militare l’armata ucraina sta finendo a pezzi, colpita a morte dai resistenti e più volte caduta nelle loro trappole. Ciò sta facendo aumentare le defezioni dei regolari, anche dei loro Ufficiali che stanno contrattando con Mosca, nella convinzione di una sconfitta imminente. Lo Stato maggiore ucraino è di una incompetenza mai vista in precedenza e nemmeno l’arrivo dei consiglieri americani ha ribaltato la situazione. Esiste, è vero, una sproporzione di forze e mezzi tra separatisti e governativi ma questa viene compensata dalla preparazione militare dei miliziani e dalle informazioni che giungono dalla Russia. Nei prossimi giorni le truppe novorusse passeranno al contrattacco e cercheranno di recuperare le infrastrutture strategiche intorno a Donetsk e Lugansk. Qualora le cose dovessero andare male, ma ne dubitiamo, Mosca correrebbe ai ripari muovendo altre pedine e riconsiderando l’intervento diretto, magari sotto le mentite spoglie di un peacekeeping. Questa storia non finirà mai come pretende Washington. Alcune concessioni potrebbero essere fatte a Berlino per disallineare ulteriormente quest’ultima dall’Alleanza Atlantica. Ma la Germania dovrà mostrarsi disponibile ad equivalenti aperture verso il Cremlino in altri dossier e scenari strategici. In Russia, la crisi ucraina, ha avuto l’effetto di rafforzare il patriottismo di cui Putin è alfiere riconosciuto. L’opposizione liberale e filo-americana, come abbiamo già scritto altrove, si è sciolta come neve al sole e le percentuali di gradimento dello “Zar illuminato” sono irraggiungibili per chiunque. Nessun altro Capo di Stato sul pianeta gode di siffatti favori popolari. Finché permarrà questa stabilità nessuna quinta e sesta colonna interna oserà sfidare il Presidente, lanciandosi in campagne denigratorie che sarebbero percepite dalla pubblica opinione come scopertamente antinazionali. Non c’è più spazio per una Majdan russa, come speravano i macchinatori statunitensi che si appoggiano ad un nugolo di ong sparse per la Russia, finite nell’occhio del ciclone per finanziamenti illeciti e guardate a vista dai servizi segreti. Quando Kiev crollerà sotto il peso delle promesse disattese, quelle fatte e quelle ricevute dall’estero, e sprofonderà tra le macerie della sua propaganda trionfalistica che sta per essere smentita dai fatti, il rafforzamento di Putin in Russia sarà completo e su tutta la linea. Ognuno dovrà riconoscergli doti che adesso ammette a mezza bocca. l’Ucraina imploderà e le sue disjecta membra faticheranno a ricomporsi. Il default economico è incombente. Il piano di privatizzazioni promesso dal governo non basterà a recuperare energie e fondi indispensabili almeno ad un minimo galleggiamento. Nonostante Jatseniuk abbia messo sulla bilancia prelibate aziende di stato, dei settori militari, industriali e della produzione energetica, gli investitori latitano. Nessuno si fida di buttare soldi su un teatro caratterizzato da elevata instabilità. Inoltre, chiunque vuole lanciarsi sul mercato ucraino dovrà fare cordata con personaggi inaffidabili ed in odor di mafia come gli oligarchi al potere. Costoro, al presente, non sono in grado di offrire garanzie di sicurezza politica e di legalità giuridica, il che scoraggia le grandi compagnie, non aduse ad essere invischiate così palesemente nei loschi affari, ad imbarcarsi cioè in operazioni dalle quali uscirebbero negativamente pubblicizzate. C’è un limite a tutto, anche alla furfanteria dei profitti facili. Insomma, allo stato attuale il gioco non vale ancora la candela. Se questa situazione persisterà, anche a causa della mancata soluzione del conflitto nel sud-est, lo sbandamento finanziario si congiungerà con quello militare. Bancarotta e sconfitta sul campo metteranno la parola fine sul regno degli oligarshenko. La lotta per bande a Kiev si farà più cruenta e gli elementi estremisti di pravy sektor e svoboda semineranno il panico. Molti paesi in Europa si augureranno un intervento russo per uscire dal caos che loro stessi hanno contribuito a creare, mentre Obama si esibirà ancora nell’attività che più lo contraddistingue in politica estera: minaccia, fai danni e poi scappa. Vedremo come la stampa mondiale, ovvero il distaccamento psicoinformativo del Dipartimento di Stato americano, cercherà di rigirare la frittata per scaricare ogni responsabilità su Putin. Due cose non hanno limite sulla faccia di questa terra occidentalizzata: la prepotenza americana e il ridicolo in cui sprofondano i giornalisti per innalzarsi con la loro lingua all’altezza del sedere della prima. Ancora un po’ di pazienza e la previsione giungerà ad avveramento.