Kossovo l’indipendenza si avvicina di g.rèpaci

image4A Pristina è ormai questione di poco tempo per una dichiarazione unilaterale di indipendenza dalla vicina Serbia, e in quel momento si dovrà decidere il da farsi. Sul tavolo delle trattative è rimasto solo il piano di risoluzione dell’inviato speciale Onu, l’ex presidente della Finlandia Martti Ahtisaari, che vorrebbe un Kosovo indipendente sotto supervisione internazionale, ma ciò scontenta la Serbia, mentre sia gli Stati Uniti che i paesi dell’Unione Europea sembrano sostenere la causa kossovara, seppur con diverse sfumature, considerandola un compromesso accettabile. L’indipendenza del Kosovo sarà decisa molto probabilmente negli Stati Uniti, fra l’Onu e la Casa bianca, anche se un’eventuale guerra sarà combattuta nei Balcani. Nella capitale kossovara tira un aria di grande ottimismo, poichè la garanzia di raggiungere l’indipendenza arriva direttamente da Washington. Infatti gli Stati Uniti hanno messo il loro peso politico per sostenere la causa kosovara, pronti a riconoscere anche un’azione unilaterale, lasciando soli così i serbi, sostenuti da Mosca. L’Unione europea, pur rimanendo divisa, almeno a livello ufficiale è propensa a sposare una linea politica comune alla Casa bianca, ovvero, indipendenza al Kosovo entro il primo semestre del 2008, magari con un  incoraggiante segnale per l’ingresso della Serbia dentro l’Ue, evitando così di perdere Belgrado dopo aver ottenuto un nuovo stato.

I serbi comunque non indietreggiano: nessun uomo politico è in grado di far accettare alla popolazione serba l’indipendenza del Kosovo. Anche il contesto politico del Kossoko, con la recente elezione alla presidenza di un ex guerrigliero dell’Uck, Hashim Thaci, dovrebbe suggerire molta prudenza, anziché fomentare un facile e pericoloso entusiasmo che potrebbe risvegliare nazionalismo e odio etnico. Ma nessuno sulle due sponde dell’Atlantico, se non per ragioni domestiche – Romania, Slovacchia, ma anche la Spagna vorrebbero evitare di stabilire un precedente che possa essere seguito da alcune province sul loro territorio – sembra premere sul freno. La linea dominante è questa ed anche quella che sarà seguita quando una soluzione non potrà essere più rinviata. Non è facile trovare voci dissenzienti negli ambienti politici della capitale americana. Alan Kuperman, esperto di conflitti etnici dell’University of Texas, con un passato alla Johns Hopkins University – Sais di Bologna e tanta esperienza nei conflitti balcanici, è fra i pochi a chiamarsi fuori dal pensiero dominante e scoraggia gli Stati Uniti a riconoscere l’indipendenza del Kosovo, perché, a suo parere, costituirebbe un grave precedente, al di fuori del diritto internazionale. In un colloquio con il Riformista, Kuperman faceva presente il possibile e molto probabile, rischio di un nuovo conflitto in Kosovo, cui nessuno sembra prestare attenzione.

Secondo l’analista statunitense si tratterebbe solo di una questione di tempo, a meno che a Washington cambi rotta. Un grido d’allarme, anche coraggioso se si pensa all’omogeneità dei pareri degli esperti sul Kosovo, lo ha lanciato questa estate dalle colonne del Wall Street Journal, ma anche di recente da quelle di The American Interest, un’influente rivista di politica estera americana vicina all’aerea dell’Old Right, a disagio con i realisti neo-con che hanno ispirato la politica estera americana negli ultimi anni. «Subito dopo l’indipendenza, secondo i parametri in cui viene pensata, ci dovrà essere una polizia kosovara, che i serbi difficilmente riconosceranno, considerandola una violazione del territorio. E quando ci saranno due polizie con diverse uniformi, una che risponde a Belgrado e una a Pristina, cosa potrà succedere nel nord del Kosovo, a maggioranza serba? Se dovessero attaccare per guadagnare militarmente l’indipendenza, i kosovari non lo faranno di certo nella provincia del nord, ma piuttosto nel sud e in altre aree sparse dove ci sono comunità serbe difficilmente difendibili. I militari della Nato sono più di sedicimila e le dichiarazioni di garanzia per la sicurezza valgono ai soli fini politici, ma qualcuno ha pensato come faranno a proteggere le minoranze serbe se dovessero essere attaccate? Non si può permettere che il Kosovo indipendente inizi una nuova guerra per conquistare anche il nord del Kosovo. I politici a Pristina hanno bisogno del supporto della comunità internazionale, che diventerebbe complice, per raggiungere l’obiettivo. Questo è quello che gli scienziati politici chiamano azzardo morale: chi riuscirà a fermare altre spinte indipendentistiche fuori dai parametri del diritto internazionale, una volta che è stato stabilito questo pericoloso precedente?» Kuperman poi, facendo affidamento alla conoscenza che ha dei conflitti nei Balcani, cita la Bosnia come rischio e come esempio da seguire. «Guardiamo alla Bosnia invece, che rimane l’esempio migliore per la risoluzione e gestione dei conflitti. Chi potrebbe vietare alla Respublika Serpska di dichiarare l’indipendenza dalla Bosnia? A quel punto bisognerebbe ricorrere all’uso della forza militare per evitare un effetto domino, perché saremmo solo all’inizio». Il nord del Kosovo potrebbe essere quello che è la Respublika Serpska in Bosnia, regione autonoma dentro una federazione. E a Pristina sarebbe concesso il riconoscimento nelle istituzioni internazionali, tranne una piena indipendenza per non isolare Belgrado. Saranno i prossimi mesi a stabilire se Kuperman è solo una Cassandra isolata. Per il momento, a Washington, rimane una voce fuori dal coro.