La Lituania blocca le merci per Kaliningrad e si riaccendono le tensioni sul Baltico, di Yena della Daunia

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Dopo oltre cento giorni di guerra, le tensioni tra Occidente e Russia erano destinate ad infiammarsi anche in una delle regioni più militarizzate del pianeta. Con la decisione di bloccare il 50% del flusso delle merci per via ferroviaria verso l’o’blast di Kaliningrad, la Lituania ha esposto l’intera Alleanza atlantica al rischio di un coinvolgimento diretto con la Russia.

Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha definito l’azione “un atto senza precedenti” che viola ogni regola possibile, perchè estende le sanzioni dell’Unione Europea al transito delle merci”. Il MdE lituano Gabrielius Lansbergis ha replicato di eseguire semplicemente le linee guida della Commissione europea in materia si sanzioni, declinando la responsabilità della decisione del blocco su Bruexelles. Ha poi minimizzato che il blocco riguardava soltanto il 50% delle merci.

Il Cremlino considera il provvedimento del governo lituano come un “atto ostile” ed ha fatto sapere tramite il Ministero degli Esteri che “La Russia si riserva il diritto di agire in difesa dei propri interessi, nel caso in cui la Lituania non revocherà il blocco di transito delle merci tra Kaliningrad ed il resto della Federazione”.

Intanto nella regione le persone in preda al panico hanno preso d’assalto i supermercati per fare scorta di viveri e merci. A far infuriare Mosca è comunque stato il blocco che riguarda materie prime, come ferro e acciaio, più materiale tecnologico indispensabile per una fortezza militare come Kaliningrad, dotata di bombardieri e sottomarini nucleari, sistemi antinave, i temutissimi missili nucleari Iskander, più i nuovissimi Sarmat, in grado di colpire e disintegare capitali come Varsavia (30 sec.) e Londra (100 sec.).

Il valore strategico-militare della regione di Kaliningrad è quindi fondamentale per Mosca che con un eventuale ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO vedrebbe il suo reggio operativo nel Mar Baltico ridursi drasticamente. Il conflitto ucraino rischierebbe quindi di vedere aperto un altro fronte, qualora i russi decidessero di forzare il “corridoio di Suwalki”, la striscia di terra che divide la Bielorussia dall’o’blast di Kaliningrad di 90 km. Tale corridoio è infatti ritenuto da vari analisti e generali americani come il “tallone d’Achille” della NATO, in quanto basterebbe solo qualche ora per l’esercito russo per sigillare il passaggio e tagliare i rifornimenti di armi e contigenti dal resto dell’Alleanza ed isolare le tre Repubbliche Baltiche. Ovviamente un’ipotesi del genere aprirebbe a scenari apocalittici con l’incubo di funghi atomici. L’ipotesi sembra razionalmente remota, dato che l’esercito russo è ancora impegnato nella conquista del Donbass, ma la situazione rimane molto tesa e non va sottovalutata specie perchè le reazioni del Cremlino, dati i toni di alcuni esponenti della Duma, potrebbero essere imprevedibili e non limitarsi alle dichiarazioni verbali.

 

Il ruolo della Lituania

 

La Lituania è l’unico paese ad aver dichiarato la Russia uno “Stato terrorista” ed il paese più rossofobico dell’Europa centro settentrionale; ha costantemente provocato la Federazione Russia nel suo estero vicino anche durante il tentantivo di rivoluzione colorata in Bielorussia nel 2020, dando asilo a dissidenti politici e a varie “radio libere”; inoltre dopo il 24 Febbraio è stata tra le nazioni più intransigenti nell’applicazione delle sanzioni. L’ostilità di Vilnius é stata ricambiata da Mosca, tanto che alla Duma qualche parlamentare si è espresso per la revoca dello statuto di indipendenza della piccola Repubblica lituana. Difficile capire se Vilnius operi in autonomia o se dietro ci sia la regia dei polacchi o degli americani, di certo il blocco deliberato del transito delle merci, seppur concordato con la Commissione Europea, mette a rischio la sicurezza di tutta l’Europa e ancora non sappiamo quali saranno le ritorsioni russe. Proprio in queste ore il falco Nikolaj Patrushev, segratario del Consiglio di sicurezza e uomo molto vicino a Vladimir Putin, ha dichiarato che la Lituania pagherà per il blocco di Kaliningrad.

 

L’icompatibilità tra Europa centro-mediterranea ed Europa Baltica

 

L’escalation di tensione nel Baltico dimostra l’incompatibilità degli interessi strategici dei membri storici, più importanti per dimensione economica e demografica, con quelli dei peasi di recente adesione dell’Europa orientale. Germania, Francia ed Italia continuano nel voler inviare armi a Kiev ma sono lacerate al proprio interno da una opinione pubblica recalcitrante ad appoggiare l’Ucraina di Zelenskj per timore di un allargamento del conflitto e delle conseguenze economiche legate ad esso. L’Europa Baltica guidata dalla Polonia, ha in mente di restaurare una sua sfera di influenza riprendendo il progetto Intermarium, una dottrina geopolitica ideata tra l’otto ed il novecento dal Presidente Maresciallo Josef Pilsudki che prevedeva la ricostruzione, dopo la la dissoluzione dell’impero zarista, di una “Grande Polonia”. Tale progetto assunse una rilevante importanza nel periodo interbellico ed era fondato sull’idea che la Russia fosse il principale pericolo per la Polonia e che pertanto Varsavia avrebbe dovuto capeggiare e sostenere quelle nazioni e gruppi etnici minoritari come – finlandesi, baltici, ucraini, caucasici- desiderosi di ottenere l’indipendenza dallo Stato Russo ed al contempo provocarne lo sfaldamento dall’interno. Altro principio ispiratore era la ricostituzione della Confederazione polacco-lituana (Rzeczpospolita) estesa- con l’inclusione di Lituania, gran parte della Bielorussia e Ucraina, un istmo tra Mar Baltico e Mar Nero in grado di interporsi tra Europa occidentale e Russia. Da un punto di vista strategico l’Intermarium era volto a contrastare l’espansione tedesca ad ovest e russa ad est, rappresentando una “Terza Europa”.

Dopo la dissoluzione dell’Impero Sovietico, il progetto Intermarium è riemerso nel dibattito geopolitico polacco nel tentativo di offrire una nuova visione nelle politica estera per la Polonia. La ritrovata indipendenza degli Stati Baltici, della Bielorussia e dell’Ucraina hanno ridato slancio all’antica ambizione polacca di una alleanza tra nazioni dell’Europa centro-orientale tra Mar Baltico e Mar Nero. Al contempo, la disgregazione della Jugoslavia e la nascita di entità politiche indipendenti affacciate sul Mar Adriatico, aveva esteso l’idea di collegamento e collaborazione tra i “tre mari”.

Dopo questa breve introduzione sul concetto Intermarium, é necessario ricondurlo ai giorni nostri ed al ruolo che riveste nel conflitto russo-ucraino.

 

La connotazione filo-atlantista dell’Intermarium e la sua funzione antieuropea

 

Il disegno della “Grande Polonia” o riedizione in chiave contemporanea di una Confederazione polacco-lituana, trova il sostegno di Washington, che vede nella “New Europe” (nuovi membri dell’Europa centro-orientale) uno strumento per separare La “Vecchia Europa” dalla Federazione Russa. Il progetto Intermarium si è rivelato un utilissimo strumento della politica estera americana, che in questo modo ha potuto sorvegliare l’area post-sovietica, collocando nelle repubbliche di nuova indipendenza, governi filo-atlantici ed ostili alla Russia.

In tale ottica va vista l’aspirazione di Varsavia (condivisa tacitamente da Mosca) di dividere l’Ucraina in due, incorporandone la parte occidentale che la Polonia rivendica come territorio della popria storia nazionale. Peraltro questo progetto é finito per diventare il bacino collettore di tutta una serie di gruppi di estrema-destra che odiano la Russia e ne sognano la distruzione.

Gli obiettivi dei Baltici e della Polonia stridono fortmente con gli interessi dell’Unione Europea e finiscono per alimentare delle tensioni che iniziate ad EuroMaidan nel 2014, sono sfociate nella guerra che da oltre tre mesi divampa in Ucraina. L’Europa paga lo scotto di aver assecondato i voleri degli Usa di espandersi sempre più ad est. Pertanto i paesi di nuova adesione hanno beneficiato  dei contributi economici e del sostegno militare dei membri più forti dell’UE nel loro esclusivo interesse. In più, pretendono di dettare l’agenda della politica estera europea spingendoci in un coinvolgimento diretto contro Mosca ed espondendoci al rischio di una guerra nucleare.

I dubbi sull’allargamento erano già stati espressi da Z. Brezinski, nel suo libro “The Grand Chessboad”, che conscio del rischio, si interrogava fino a dove l’Unione Europea avesse dovuto espandersi verso est e se i paesi ex  sovietici sarebbero dovuti entrare nella NATO. Con la crisi del corridoio di Kaliningrad i nodi vengono al pettine e la linea che ci separa dalla terza guerra mondiale è lunga solo 90 kilometri.