LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO

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I tre articoli sopra riportati sono di una certa rilevanza per i nostri discorsi. Nel primo si evidenzia la notizia di una prima indagine Onu, basata sulla raccolta di testimonianze oculari, che scagionerebbe Assad per i fatti della provincia siriana di Idlib, dove i regolari di Damasco avrebbero, o meglio non avrebbero, usato gas mortali per stanare i ribelli, uccidendo però indiscriminatamente donne e bambini. In realtà, le Nazioni Unite sembrano dare ragione ai russi che avevano riferito di un bombardamento casuale di depositi chimici in mano ai jihadisti, sostenuti segretamente dall’Occidente e dalle monarchie del golfo. Anzi, la commissione onusiana, incaricata di fare chiarezza sull’episodio, va oltre la tesi russa e parla di assenza di prove concrete sulla ricostruzione inizialmente rilasciata dalla Comunità Internazionale, in quanto i presunti sintomi da avvelenamento da sarin non sarebbero compatibili col numero di morti e con gli effetti prodotti sui corpi dei deceduti. Ovviamente, questi riscontri passeranno sotto silenzio sul giornale unico mondiale politicamente corretto che ha appoggiato, senza attendere accertamenti puntuali, la versione americana degli avvenimenti. I quotidiani nostrani, tra i più cialtroni di tutti, per ora non hanno dedicato nemmeno un trafiletto alle fake news di cui sono stati artefici insieme alle centrali d’intelligence atlantiche. Ma tanto la realtà non è ciò che accade ma solo quello che loro narrano, anche se poi si fanno chiamare, giusto per fare un esempio, Fatto Quotidiano. Come diceva Carmelo Bene, compito della stampa è informare i fatti (cioè fabbricarli) non sui fatti. I nostri scribacchini di Repubblica, Corriere, Stampa ecc. ecc. sono abili traduttori simultanei dal diktat americano al servilismo italiano. Poco importa che a causa delle loro menzogne continueranno a morire innocenti e ad espatriare perseguitati, insieme ad un bel numero di kamikaze che verranno a compiere attentati in Europa. Negheranno anche questa situazione di cui sono corresponsabili ed accuseranno i populisti o i putinisti di incancrenire il clima sociale e di mettere a repentaglio la democrazia all’indomani di ogni strage, come già accaduto per gli eventi terroristici di San Pietroburgo e di Parigi, dove i colpevoli non sono stati individuati tra oltranzisti e loro sponsor, come avrebbe dovuto essere, ma additati in Putin e Le Pen.
Nel secondo pezzo si racconta della reazione stizzita dell’Esecutivo italiano per l’abbassamento del rating da parte dell’agenzia Fitch, con quartier generali a Londra e New York. I nostri alleati-padroni intendono mantenerci sulla graticola utilizzando ogni mezzo a fini destabilizzanti. La debolezza dello Stivale è necessaria ai loro piani e in tale condizione intendono farci restare, al netto di qualche contentino, per realizzare i loro intendimenti geopolitici e geoeconomici. La nostra assurda classe dirigente non comprende che per infischiarsene delle valutazioni di Standard & Poor’s, Fitch o Moody’s deve uscire dal sistema internazionale in cui è reclusa mutando amicizie e proiezioni strategiche. Queste società agiscono per conto di chi le manovra, non danno giudizi neutrali sulla situazione economica ma rappresentano uno strumento per ingerirsi negli affari nazionali con l’obiettivo di modificare gli indirizzi dei governi. Il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, sostiene che “è arrivata l’ora che l’Europa si doti di una sua agenzia”. Cambierebbe poco per l’Italia che, nel suo stato di cronica debolezza sovrana, finirebbe schiacciata da un doppio tallone di ferro, anglosassone e continentale. Finché non saremo in grado di rompere la gabbia d’acciaio filo-atlantica ed europeistica saremo in balia dei voleri altrui. Quando elaboreremo, al prezzo di molti sforzi e sacrifici, una visione del mondo più aderente ai nostri interessi nazionali, nessuna critica estera ci metterà così in difficoltà. Saremo in grado di respingere minacce e ricatti stranieri soltanto con un nostro progetto sovranista, simpatizzante delle iniziative di quelle potenze revisioniste che stanno rilanciando l’epoca multipolare. Attualmente, non siamo capaci nemmeno di mettere un argine all’invasione di immigrati che sta sconvolgendo il nostro tessuto sociale. Questa problematica ci sta privando dell’identità e della nostra casa, in cui non siamo più padroni di decidere. Come ha scritto, recentemente, La Grassa cogliendo pienamente il fulcro della questione: “C’è una domanda che non mi sembra venga posta; o forse mi è sfuggita. Come mai in tutti questi anni, in Italia non vi è mai stato un attentato, un massacro, ecc. come ormai avviene con una certa frequenza altrove. La risposta più semplice è che l’Italia è probabilmente la porta più aperta esistente in Europa per le fiumane di migranti in arrivo. Quindi, si cercherebbe di non inasprire qui gli animi dei nostri cittadini contro un simile processo, perché altrimenti si creerebbe maggiore ostilità all’accoglimento così tanto caldeggiato dai “sinistri”, dalla Chiesa, ecc. Accettare una tesi del genere significherebbe però accreditare che tutto quanto avviene sul piano degli attentati terroristici è perfettamente organizzato e orientato da un centro dotato di grande lucidità strategica e di forte presa direttiva sul complesso delle varie organizzazioni islamiche “radicali”. Credo che si dovrebbe spostare l’attenzione su chi fornisce alle organizzazioni islamiche, in grado di effettuare vari attentati o quanto meno di favorirli e di appoggiarli in qualche modo, una forte alimentazione in termini di armi, di denaro e altro ancora. Questo “chi” è soprattutto molto imbricato con importanti e decisivi “ambienti” statunitensi, che dirigono tutta una rete di complicità presso i governi e organismi politici (in specie di “sinistra”) di importanti paesi della UE. In questo momento, l’Italia è uno dei paesi più deboli e mal governati fra questi paesi. Di conseguenza, al “chi” di cui sopra non credo farebbe piacere un’ondata di paura e anche di rabbia che sconvolga la nostra popolazione. In ogni caso, è bene non stare troppo tranquilli; e senz’altro dobbiamo continuare a porci la domanda con cui ho iniziato queste note. Non è in fondo del tutto facile rispondervi”.
Ed ecco che tutto fa brodo per rimpinguare la complessiva incertezza in cui Roma deve galleggiare, anche i documenti esitati da una poco credibile società di valutazione del credito.
Infine, nell’ultimo intervento si riporta di un sondaggio austriaco che segnala di come stia crescendo tra la gente il rimpianto per la presenza di un uomo forte, come Hitler, alla testa dello Stato. Un austriaco su quattro rivorrebbe il Führer o un Führer per rimettere le cose a posto. Sono convinto che anche in Italia, dove l’emergenza sicurezza e il disorientamento pubblico aumentano a piè sospinto, tale soluzione non sarebbe così sgradita. Specularmente, in altre parti di questa sventurata Europa, vittima delle sue inutili classi dirigenti, qualcuno comincia a sentire nostalgia dei dittatori o di protagonisti più decisionisti di quelli ora in sella. Ho sempre pensato che i nostri avi non fossero ubriachi quando si buttarono tra le braccia dei “despoti” ma piuttosto esasperati dalla corruzione e dall’incompetenza dei loro governanti. L’Italia dei Giolitti e dei Turati era marcia, lo scriveva persino un antifascista come Salvemini: “Se Mussolini arriverà a spazzare via queste vecchie mummie e canaglie, avrà fatto opera utile al paese. Dopo che lui abbia compiuto questo lavoro di spazzature, verranno avanti uomini nuovi, che spazzeranno lui…Se Mussolini venisse a morire, e avessimo un ministero Turati, ritorneremmo pari pari all’antico. Motivo per cui bisogna augurarsi che Mussolini goda di una salute di ferro, fino a quando non muoiano tutti i Turati, e non si faccia avanti una nuova generazione liberatasi dalle superstizioni antiche”. Quella di Weimar, che spianò la strada ad Hitler, altrettanto ed anche di più. Forse, l’Ue di oggi è messa, politicamente e socialmente, peggio ma si salva, anche se non si sa per quanto tempo ancora, grazie ad un relativo grado di benessere, dilapidato di anno in anno dai sicofanti di Bruxelles. La cosiddetta deriva autoritaria potrebbe, un domani non molto lontano, diventare un’ipotesi concreta e, comunque, preferibile all’autoritarismo democratico attuale, ormai troppo mortificante per i popoli europei. Se servirà a liberarsi dal giogo americano e ad aprire una fase diversa che ben venga, a patto, ovviamente, che emergano gruppi decisori e uomini di tutt’altro spessore morale, intellettuale e politico che sappiano riportare l’Europa fuori dalla sudditanza odierna alla prepotenza dominante. Costerà decisamente molto ma la storia lo impone perché in mancanza potrebbe accadere di peggio.