LA PARTNERSHIP RUSSIA-UE

Dovrebbe ormai essere chiaro che ci troviamo alle porte di una crisi economica, politica e sociale gravissima che potrebbe far crollare i pilastri fondamentali sui quali si è retto, per una lunga epoca storica, l’attuale ordine geopolitico.
Quest’ultimo si è storicamente affermato subito dopo la conclusione della seconda guerra mondiale, transitando dapprima per una fase bipolare (in quanto divisione in due campi della formazione mondiale capitalistica), per poi approdare ad un pieno monocentrismo a supremazia americana (ufficialmente solo a partire dalla caduta dell’Unione Sovietica, ma nei fatti molto prima di tale evento).
Tali pilastri, poggianti sull’egemonia planetaria statunitense, in ordine di importanza, sono: un peculiare ordinamento politico-militare di “area”, sanzionato con patti e trattati di cooperazione tra nazioni attratte dall’orbita statunitense (ai quali si sono aggiunti nel tempo accordi bilaterali tra gli Usa e singoli paesi, in ossequio ad una pratica unilateralista utilizzata da Washington soprattutto nei confronti di quelle nazioni la cui posizione geografica è stata ritenuta determinante per i propri piani strategici o per la sua sicurezza nazionale); un sistema economico mondiale con organismi di governo e gestione della sfera finanziaria (il FMI, la Banca Mondiale ecc. ecc.) plasmate su quelle del paese centrale e da questo eterodirette (con uguale esercizio d’influenza e ingerenza sugli stessi apparati economici nazionali dei vari paesi); un apparato ideologico multiforme e coestensivo, che ha prodotto e riprodotto la necessaria omogeneizzazione culturale nell’intera formazione sociale occidentale, accentuando l’esclusione di quelle culture non riducibili al suo sistema valoriale.
Attualmente però l’ordine mondiale fondato sulla potenza statunitense comincia a scricchiolare per il riaffacciarsi sullo scacchiere planetario di vecchi e nuovi giganti politici, militari, economici e demografici (Russia, ma anche Cina, India ecc.).
Tutto ciò ha rimesso in moto la storia, rendendo sempre meno adatto il sistema di potere ad esclusivo predominio di un solo paese per la gestione dei rapporti di forza internazionali.
La crisi che si è subito manifestata sotto forma di caduta dei principali indici di borsa (crisi finanziaria alimentata dall’utilizzo sempre più spinto dei derivati e relativa perdita di credibilità, tanto delle istituzioni economiche mondiali che delle istituzioni deputate al controllo delle attività finanziarie all’interno di ciascun Stato), e che ha avuto (ed avrà ancora) ovvie conseguenze sull’economia reale (fallimenti delle imprese in seguito della stretta creditizia, maggiore problematicità nella realizzazione dei profitti per la saturazione dei mercati e conseguente crescita della disoccupazione in quasi tutti i settori economici), non dipende, tuttavia, dall’eccesso di speculazione. Semmai, quest’ultima è da ritenersi il riflesso di qualcosa di ben più profondo, attinente al mutamento di quegli stessi rapporti di forza tra gruppi egemonici conflittuali che operano nella formazione capitalistica globale.
Il quadro dipinto in documento del LEAP, recentemente pubblicato (RapportNouvelles priorités du futur Partenariat Stratégique UE-Russie), sembra tener conto di questi aspetti, sebbene sia costruito su una visione economicistica di fondo che impedisce di giungere a più perspicue conclusioni. L’accento viene posto sullo
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stravolgimento del panorama delle relazioni internazionali, dopo la fase storica di relativa stabilità caratterizzata dal monocentrismo americano.
In questo articolo prenderò in considerazione il Rapporto citato per evidenziare alcuni punti di concordanza con le analisi da noi fatte in precedenza, nonché alcuni elementi di dissenso, derivanti, in primo luogo, dal nostro differente approccio ai problemi aperti dalla fase storica in evoluzione. Anticipo subito che entrambe le prospettive, pur partendo da “luoghi” teorico-interpretativi differenti, giungono molto spesso a toccarsi e a coniugarsi.
Uno dei sintomi più evidenti della ricalibratura dei rapporti di forza nel contesto geopolitico mondiale riguarda il (seppur ancora troppo timido) riavvicinamento tra Russia e Ue. Si tratta di una questione all’ordine dell’agenda politica che però non diviene prioritaria a causa di profondi ed atavici timori europei, conseguenza delle “catene” spessissime che tengono legate le classi dirigenti del vecchio continente agli agenti strategici d’oltre – atlantico.
La necessità di circuitare queste relazioni prepotenti per dare maggiore spazio e consistenza ad altri legami internazionali – nel nostro caso ci interessano quelli tra Ue e Russia – potrebbe, ben presto, divenire ineludibile per le due entità geograficamente contigue se solo queste vorranno realmente attutire gli scossoni (economici e sociali) provocati dall’entrata del mondo in una fase pienamente policentrica.
In questo senso, il moltiplicarsi degli accordi commerciali e industriali, all’interno dell’Eurasia, potrebbe costituire il primo passo per una maggiore integrazione politica, cosa che permetterebbe ad entrambi gli attori di coordinare al meglio la rispettive azioni nel nuovo contesto mondiale.
Come riportano i ricercatori del Leap, l’ampliamento e l’accelerazione della crisi sistemica globale, impone di “mettere in opera cooperazioni strategiche concrete tra le due entità politiche continentali”. Questo perché, tanto l’Europa che la Russia sanno di dover fare la loro parte per far emergere un nuovo ordine dall’attuale caos geopolitico.
Per ora mi limito a riportare le riflessioni dei ricercatori del Leap, i quali hanno sì compreso che, stante la situazione catastrofica dell’economia mondiale, occorreranno scelte di natura politica per uscire dalla crisi, ma tali opzioni, indirizzate ad spostamento dell’asse economico dagli Usa ad altri concorrenti meno compromessi finanziariamente, non favorirà il raggiungimento di una stabilità (come da loro preteso), ma semmai provocherà fibrillazioni ancor più profonde negli assetti del potere internazionale.
L’individuazione di precisi assi d’intervento con i quali sarà possibile rafforzare il partenariato UE-Russia, secondo il Leap, costituirà la futura base per realizzare una cooperazione strategica tra le strutture di governo politico ed economico delle due aree continentali. In particolare, la stabilizzazione delle relazioni dovrà riguardare il quadro economico-finanziario e il partenariato politico-militare (con riferimento alle politiche di sicurezza), attraverso il consolidamento di un processo bilaterale paritario in grado di assegnare lo stesso peso ai due attori in gioco, garantendo, altresì, il rispetto delle specificità (storiche, politiche, sociali ecc.) di ciascuno di essi.
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L’Europa ha preso coscienza del rinnovato protagonismo russo già a partire dalla crisi internazionale di qualche mese fa, quella che ha visto coinvolte la stessa Russia, la Georgia e l’Ossezia, con il governo quisling di Shaakasvili che ha dato il via ad una aggressione indiscriminata contro la piccola repubblica nord caucasica, sostenuto dagli alleati statunitensi.
Ma, al contempo, la crisi economica ha fatto crescere nei russi l’esigenza di stringere accordi più solidi con l’Europa, in quanto mercato di riferimento per la vendita delle sue materie prime e minerali. I russi stanno utilizzando la forte dipendenza energetica dell’Europa non solo per fare profitti (senz’altro anche questo), ma principalmente per forzare quest’ultima a scendere su un terreno di accordi politici di più largo respiro (e di lungo periodo), al fine di coinvolgere direttamente Stati e organi di vertice politico del Vecchio Continente in una nuova configurazione strategica.
In sostanza, è giusta l’idea della reciproca profittabilità degli affari per iniziare gli avvicinamenti, ma questi saranno solo il primo sprone per dar slancio ad una serie di collaborazioni di natura più squisitamente politica. Dunque, gli aspetti di intesa economica potrebbero, se i due partner agiranno con intelligenza, divenire un veicolo per arrivare ad una strutturazione più favorevole del quadro politico. Questo si renderà tanto più necessario in quanto lo sviluppo delle relazioni bilaterali incontrerà molti elementi perturbatori, da eliminare o arginare nel più breve tempo possibile: tentativi esterni di influenzare gli accordi raggiunti, “colpi” politici, militari o economici, manovre subdole per incrementare le divisioni tra i due partner “in presa di confidenza”. Fin qui nulla da eccepire alle conclusioni tratte dal documento Leap.
Di fatti, non è un caso se l’Amministrazione Obama ha fatto sapere di non gradire le iniziative dei governi alleati, come quello italiano, che depotenziano il fronte delle posizioni comuni (vedi le dichiarazioni di Berlusconi sulla guerra in Georgia) favorendo nemici più o meno dichiarati dell’Alleanza Atlantica. Gli americani per ora hanno circoscritto l’episodio ma per il futuro non tollereranno più “fughe in avanti di questo tipo, nei confronti della Russia o dell’Iran”.
Ed, invece, proprio la solidificazione della cooperazione tra Russia ed UE dipenderà dalle sfide e prove di forza che queste sapranno aggiudicarsi, affrontandole insieme, (sempre ammesso che questo riavvicinamento diventi più effettivo), rispetto alle quali gli accordi economici e industriali saranno utili momenti di accostamento reciproco. Senz’altro, man mano che verrà dispiegandosi la fase policentrica, l’efficacia dei vari interventi dipenderà sempre più dall’uso che si riuscirà a fare delle armi della politica e, qualche volta, della politica delle armi.
Il Rapporto Leap prosegue mettendo in evidenza come il quadro delle relazioni UERussia dovrà essere adattato alle caratteristiche specifiche dell’epoca che si sta aprendo, con preferenza per le relazioni dinamiche e mobili. Il modello al quale ci si dovrebbe metaforicamente ispirare è quello dell’aereo. Come ogni buona aeronave, il partenariato ha bisogno di: “un motore per fornirgli l’energia necessaria alla sua progressione, di ali per poter volare, di una fusoliera per potere trasportare passeggeri e il carico nonchè garantire la coerenza dell’insieme, e, infine, di una cabina per essere pilotato. Si può anche aggiungere un complemento, cioè un ufficio di revisione
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e di assistenza incaricato della manutenzione, senza dimenticare naturalmente la pista da cui deve poter decollare l’aereo”.
“Per quanto attiene al caso Ue-Russia, queste varie componenti possono declinarsi come segue:
il motore è economico e finanziario. È qui che si trova la dinamica dello scambio e degli interessi concreti quotidiani. È anche in questi settori che si trovano gli attori più potenti e dinamici allo stesso tempo, cioè le imprese. Ma ciò è vero soltanto se le imprese sono realmente imprese (e non società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, problema russo odierno) e che queste rientrino realmente una logica europea o russa (e non interessi dominanti fuori zona, come alcune società europee che sono di fatto degli operatori che servono gli interessi americani). [Tale logica] può essere incarnata da un vertice annuale dei capi economici e finanziari delle due zone; e soprattutto grazie a molti progetti concreti che coinvolgano le PMI delle due entità, come i grandi gruppi di imprese”.
Qui occorre fermarsi un attimo perché i ricercatori francesi affermano una cosa giusta e due profondamente errate. Ben inteso che l’economia fornisce il combustibile per l’approntamento di qualsiasi strategia ma essa non è, appunto, il motore. Quest’ultimo è invece rappresentato dagli organi politici capaci di far bruciare il combustibile per ottenere la massima spinta finalizzata all’azione. In secondo luogo, non è la natura pubblica o privata della proprietà a determinare la maggiore dinamicità delle imprese, ma la loro capacità di agire secondo precise direttrici di conquista dei mercati. L’elemento sul quale concordo è quello secondo cui tanto le imprese russe che quelle europee dovranno agire per consolidare i propri interessi e non quelli delle imprese americane, le quali, per altro, sono ben collegate ai progetti statunitensi di dominanza geopolitica.
La carlinga, sono le amministrazioni, comunitarie e nazionali per l’UE, principalmente federali per parte russa. Spetta logicamente infatti ai funzionari garantire la compattezza dell’insieme e la sua stabilità. Ma attenzione, il loro ruolo deve limitarsi a ciò. Non sono né motori, né leaders, se non si vuole trasformare il partenariato “in un fabbrica a gas„ senza futuro (o, nel caso che li riguarda, “senza gas„).
La cabina, è da qui che si dà l’orientamento. È da qui che i capi politici danno l’impulso, attraverso un vertice annuale Ue-Russia che raccolga capi europei e russi. Un solo vertice all’anno basta per essere certi che si abbia un ordine del giorno efficace: i grandi orientamenti e soltanto questi.
Le ali, naturalmente, sono essenziali, e tuttavia spesso dimenticate, in questo tipo di partenariato, che espone ad un fallimento certo. Queste ali, sono le cooperazioni scientifiche, culturali, universitarie, della società civile,… che danno al partenariato, da un lato il peso necessario per influire su due entità così vaste come l’UE e la Russia; e d’altra parte, a causa della loro inerzia temporale (sono spesso progetti, reti, estesi su 3 a 5 anni), la resilienza che protegge in parte il partenariato dai rischi
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politici di breve termine (e che permetterà loro di planare anche se la fusoliera o il motore hanno difficoltà momentanee).
Infine, occorre parlare della manutenzione, o più esattamente dell’evoluzione di una relazione necessariamente dinamica. Un processo di valutazione ogni 5 anni permetterà di assicurarsi che il partenariato strategico resti ben “attaccato” alla realtà delle necessità dei due partner. Per quanto riguarda il tracciato di decollo, questo si impone da sé, è lo spazio della vicinanza comune delle due entità.
La Georgia e l’Ucraina forniscono gli esempi perfetti di momenti ed eventi che contribuiscono a forgiare questo partenariato. Poiché non è soltanto nei congressi e nelle cancellerie che questo partenariato sarà elaborato se vuol essere duraturo. Sarà così sul campo, nei momenti ed nei luoghi di tensione, e con tutta una serie di contributi dei soggetti finanziari, economici, universitari, scientifici,… quanto statali.”
La metafora usata dal Leap mi sembra abbastanza suggestiva ma la stessa resta, come si può ben capire, confinata in un ambito più economico che politico. A nostro modo di vedere sarebbe invece necessario un rafforzamento dei legami politici tra alcuni paesi dell’Ue (in primis il nucleo storico composto da Francia, Germania e Italia), per arrivare, prima o poi, all’elaborazione di una posizione strategica comune che coinvolga pienamente la Russia. Questo è l’unico modo per sperare che l’aereo del partenariato possa prendere davvero il volo.
A breve termine, per il periodo 2009-2010, i ricercatori del Laep ritengono sia opportuno avviare quattro azioni, in tal senso propongono:
Un’azione comune UE-Russia destinata a mettere in evidenza la questione centrale della costruzione di un nuovo sistema monetario mondiale fondato su un paniere di grandi valute in sostituzione del dollaro americano
l’indizione di una conferenza nel 2009 sulla nuova architettura della sicurezza in Europa, destinata a sostituire il sistema nato all’indomani della II Guerra Mondiale e della Guerra Fredda, facente dell’Europa un attore chiave della sicurezza del continente
la definizione di un accordo generale per la stabilità dei prezzi e per l’approvvigionamento energetico al fine di assicurare ai due partners una base economica e finanziaria stabile per relazioni di lunga durata
la messa in atto di un processo di prevenzione dei conflitti con il loro “estero prossimo”, integrato al dispositivo del Consiglio dell’Unione e a quello dell’OSCE
Tutte quante queste iniziative sono certamente di grande avvedutezza ma da sole non bastano allorché gli Stati Uniti si organizzeranno per impedire, ad ogni costo, la cementificazione della costituenda alleanza UE-Russia. Contro queste azioni di disturbo e di imperio occorrerà opporre una resistenza politica molto forte che non potrà nascere spontaneamente dalla mera buona volontà delle parti o dalle iniziative
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ristrette per il perseguimento della stabilità economica. E’ urgente, invece, cominciare a pensare con decisione a soluzioni prettamente politiche, facendo grande uso della diplomazia, per così evitare, almeno in questa fase di riorganizzazione generale, un inutile e rischioso muro contro muro con gli Stati Uniti.
Vero è che se gli Usa si ostineranno a voler mantenere la centralità del dollaro (utilizzando tutti i mezzi a loro disposizione), come dice il Leap, gli attriti non potranno che crescere. Così, ci si renderà presto conto che anche l’affermazione di una maggiore autonomia finanziaria non potrà prescindere dall’innalzamento di una difesa politica efficace, posta a protezione dei processi avviati.
Dunque, vanno sostenuti gli accordi per gli approvvigionamenti energetici o i progetti per l’allargamento del mercato comune alla Russia, ma la loro adeguatezza è certamente subordinata al perseguimento di accordi strategici atti a coinvolgere direttamente gli Stati interessati. Si mandano avanti le imprese, soprattutto quelle di punta, ma chi prepara il terreno per tali intese e se ne serve per i propri progetti strategici nazionali, non possono che essere le entità politiche statali di ciascun paese. E’ altresì evidente che l’Europa dovrà, anche se lentamente, staccarsi da organismi politico-militari come la Nato, i quali hanno ampiamente dimostrato di perseguire gli esclusivi interessi geostrategici americani. Inoltre, proprio lo sviluppo di strutture di tal fatta, avulse dall’influenza diretta degli Usa e direttamente coinvolgenti la Russia come partner paritario, convinceranno quest’ultima che l’Europa si è definitivamente messa sui binari di una fattiva collaborazione.
Probabilmente, la decisione russa di accettare sulla vicenda osseta, la mediazione europea, è servita a lanciare un messaggio ai governi del Vecchio Continente circa la necessità di regolare, cooperando in maniera finalizzata, ogni problema sui territori maggiormente attinenti alla sicurezza nazionale euroasiatica, impedendo così a Washington di fare, ad ogni costo, la “sua parte”.
In questa direzione, potrebbe essere molto positiva la creazione di un corpo di reazione rapida russo-europeo avente l’obiettivo di arginare i possibili conflitti che toccano e toccheranno le rispettive aree d’influenza, anticipando le mosse degli americani, sempre pronti ad approfittare delle divisioni intereuropee (soprattutto ad est) per mettere il naso nelle faccende continentali.
I ricercatori del Leap ritengono che il dialogo tra le due potenze (Russia-UE) sia, inoltre, utile per affrontare problemi come il terrorismo, la droga e la proliferazione nucleare. Ma quest’ultime sono false questioni che non troveranno più collocazione nell’agenda politica internazionale non appena sarà chiaro (lo è già ma il “subdominante” finché non ha sufficiente forza di reazione preferisce abbozzare) che gli Usa le hanno fomentate per assicurarsi, di fronte agli organismi internazionali, la legittimità di intervenire arbitrariamente, su ogni teatro strategico, a sostegno della propria strategia egemonica. Per esempio, scenari come quello afghano costituiscono avamposti privilegiati per tenere sotto stretta osservazione tre o quattro potenze emergenti (India, Cina e la stessa Russia) limitando i loro possibili movimenti geopolitici. Per questo il governo “democratico” statunitense mentre dichiara e si impegna per un lento disimpegno dall’Iraq, rafforza contemporaneamente i contingenti in Afghanistan.
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Gli Usa sono in difficoltà ma proprio perciò ridefiniscono le loro priorità razionalizzando al massimo le energie, concentrandole su quelle zone del globo ritenute a maggior impatto geopolitico.
Si vede così ancor meglio che Russia ed Europa, come giustamente rilevato dal Leap, da sole non potrebbero mai divenire “un polo di potenza comparabile agli Usa, alla Cina o all’India, [soprattutto] se continueranno a sprecare energie per difendersi l’una dall’altra, piuttosto che collaborare”.
Il futuro partenariato russo-europeo dovrà prevedere delle sinergie virtuose per proteggere l’area del Mar nero dagli appetiti statunitensi, con quest’ultimi che hanno incrementato i tentativi per proiettare nell’orbita della propria egemonia questi territori.
I paesi dell’Asia centrale costituiscono, per la Russia, zone ad interesso strategico primario, sia perché sono snodo ineludibile per la prosecuzione delle politiche energetiche che hanno già dato grandi risultati, sia per motivi strettamente attinenti alla sua sicurezza nazionale (l’ “estero prossimo” da non far cadere sotto il giogo americano).
Da questo punto di vista, l’iniziativa del presidente Medvedev, il quale ha annunciato la creazione di una Forza di Reazione Rapida della Csto, l’alleanza militare che raggruppa Russia, Bielorussia, Armenia, Kirghizistan, Kazachistan, Uzbechistan e Tagikistan, ha proprio lo scopo di prevenire qualsiasi arbitrarietà da parte degli Usa in caso di scoppio di conflitti o di crescente instabilità nella zona.
Per concludere, dobbiamo ribadire che non è certamente realistico, al momento, pensare che sia l’UE “allargata” a poter divenire parte integrante di questo partenariato con la Russia. Crediamo, invece, che sia molto più fattibile una partnership ristretta con il coinvolgimento di tre o quattro paesi dell’Europa (il nucleo storico al quale accennavo prima), più appunto, la Federazione Russa.
Questa cooperazione sarà indispensabile, come ribadito dai ricercatori Leap, per aprire una strada di maggiore indipendenza all’intero continente. Ma non solo. Se queste premesse non cadranno nel nulla vedremo sorgere davvero un ulteriore polo geopolitico capace di giocare la sua partita nella fase policentrica in approssimazione. Il nuovo ordine mondiale potrebbe portare questa impronta eurasiatica.
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