La Seconda Guerra Mondiale e l’origine del disagio americano

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di George Friedman

[Traduzione di Francesco D’Eugenio da: https://www.stratfor.com/weekly/world-war-ii-and-origins-american-unease / Stratfor]

Siamo al settantesimo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale in Europa. Quella vittoria non condusse a un’era di pace universale. Invece, introdusse una nuova costellazione di potenze e un complesso equilibrio tra di esse. Le grandi potenze e gli imperi d’Europa caddero, rimpiazzati dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica, che si cimentarono in una vecchia danza al ritmo di strumenti nuovi. La tecnologia, compagna della geopolitica, si evolse radicalmente con le armi nucleari, i satelliti e i microchip che – insieme a una miriade di meraviglie e di orrori – cambiarono sia le regole della guerra che le circostanze stesse sotto cui la guerra fosse possibile. Una cosa restò immutata però: la geopolitica, la tecnologia e la guerra rimasero compagne inseparabili.

E’ facile dire cosa la Seconda Guerra Mondiale non cambiò, ma ciò che cambiò è altrettanto importante. La prima cosa che balza agli occhi è il modo in cui la Seconda Guerra Mondiale iniziò per le tre grandi potenze: gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica e il Regno Unito. Per tutti e tre, la guerra iniziò con uno shock che ridefinì la loro visione del mondo. Per gli Stati Uniti fu lo shock di Pearl Harbor. Per l’Unione Sovietica, fu lo shock dell’invasione tedesca nel giugno del 1941. Per il Regno Unito fu lo shock del rapido collasso della Francia – anche se in realtà questo non avvenne proprio all’inizio della guerra.

Pearl Harbor scuote l’America

Tra i leader americani pochi avevano dubbi su un’imminente guerra contro il Giappone. Il pubblico presentiva qualcosa, ma senza la chiarezza dei suoi leader. Ciononostante, nessuno si aspettava che l’attacco sarebbe giunto a Pearl Harbor. Per il pubblico americano fu un fulmine a ciel sereno, aggravato dalla distruzione di buona parte della flotta USA del Pacifico. Né l’opinione pubblica né i leader ritenevano che i Giapponesi sarebbero potuti essere tanto efficaci.

Pearl Harbor interagì con un altro shock nella psiche americana – la Grande Depressione. Questi due eventi avevano delle caratteristiche in comune: primo, accaddero senza preavviso. Entrambi erano prevedibili e furono previsti da qualcuno, ma per i più esse avvennero inaspettatamente. Il lascito di entrambe fu l’inizio di un periodo inatteso di grande dolore e sofferenza.

Ciò aprì una nuova dimensione nella cultura americana. Fino a questo punto era prevalso tra gli Americani un profondo ed evidente senso di ottimismo. La Grande Depressione e Pearl Harbor indussero un atteggiamento diverso, secondo cui la prosperità e la sicurezza erano illusioni che celavano le catastrofi in agguato. C’era il timore che improvvisamente sarebbe potuto andare tutto storto, terribilmente storto, e che chi prendeva per buone la pace e la prosperità fosse ingenuo. i due shock crearono un oscuro senso di premonizione che sottostà alla società americana fino ai giorni nostri.

Inoltre Pearl Harbor indirizzò la politica di difesa USA verso il concetto che il nemico può essere identificato, ma che non sia dato sapere dove e quando possa colpire. Perciò la catastrofe può colpire in qualsiasi momento. L’approccio americano alla Guerra Fredda è simbolizzato dal Monte Cheyenne in Colorado. Sepolto nelle sue profondità c’è il Comando per la Difesa Aerospaziale Nord Americano (North American Aerospace Defense Command, NdT), che assume che la guerra potrebbe scoppiare in qualsiasi istante e che abbassare la guardia potrebbe portare a una Pearl Harbor nucleare. Il timore di questo scenario – assieme alla diffidenza verso un avversario astuto e privo di scrupoli – definirono la Guerra Fredda per gli Americani.

Gli Americani analizzarono la loro entrata forzata nella Seconda Guerra Mondiale e identificarono ciò che per loro ne fu la causa prima: gli Accordi di Monaco che permisero alla Germania Nazista di annettere parte della Cecoslovacchia. Questa non fu certo un’opinione dei soli Americani, ma rivoluzionò la strategia USA. Se l’origine della Seconda Guerra Mondiale fu la mancata azione preventiva contro i Tedeschi nel 1938, allora anche la guerra del Pacifico si sarebbe potuta evitare per tempo con azioni più aggressive. Agire presto e in modo decisivo resta la base della politica estera USA fino a oggi. L’idea che la Seconda Guerra Mondiale fu causata dal non aver agito in tempo e decisivamente è alla base di gran parte del discorso americano su Iran e Russia.

Pearl Harbor (e la crisi del 1929) non portarono solo a un senso di inquietudine e di sfiducia nei confronti dei capi politici e militari, ma sostituirono la mobilitazione permanente alla vecchia pratica di iniziare la mobilitazione solo in caso di guerra. Se la guerra può scoppiare in qualsiasi istante, e se si deve evitare ad ogni costo una nuova Monaco, allora diventa indispensabile mantenere il massiccio apparato militare che esiste oggi. E’ inoltre indispensabile anche la struttura di alleanze a guida USA che non esisteva prima della Seconda Guerra Mondiale.

L’errore di calcolo strategico dei Sovietici

L’Unione Sovietica ebbe la sua Pearl Harbor il 22 giugno 1941, quando i Tedeschi la invasero nonostante il Trattato di Amicizia siglato nel 1939. Quel trattato era stato firmato per due ragioni: primo, i Russi non riuscirono a convincere gli Inglesi e i Francesi a firmare un patto anti-Hitler. Secondo, un trattato con Hitler avrebbe permesso ai Sovietici di spostare i loro confini verso ovest senza sparare un solo colpo. Fu una mossa furba, ma non intelligente.

I Sovietici fecero un singolo errore di calcolo: essi diedero per scontato che una campagna tedesca in Francia sarebbe stata una riedizione della Grande Guerra. Un tale sforzo avrebbe esaurito i Tedeschi permettendo ai Sovietici di attaccarli quando e dove sarebbe convenuto a Mosca. Ma tale opportunità non si presentò mai. Al contrario, furono i Tedeschi a mettersi in posizione tale da scegliere i tempi e i luoghi per un attacco all’Unione Sovietica. Il fatto che l’attacco giunse di sorpresa rese la sfida ancora più ardua, ma il vero problema fu un errore di calcolo strategico, non un semplice errore di intelligence o di comando.

I Sovietici avevano scelto una politica estera dinamica, con alleanze che cambiavano a seconda delle capacità dei vari giocatori. Un singolo passo falso avrebbe potuto portare alla catastrofe – un attacco quando le forze sovietiche dovevano ancora riprendersi dall’ultima delle purghe staliniane. Le forze sovietiche non erano pronte per un attacco, e la loro strategia si sgretolò insieme con la Francia, così che la decisione sulla guerra spettò solo alla Germania.

Ciò che i Sovietici impararono dall’invasione del giugno 1941 fu la convinzione che la politica non può sostituire un robusto esercito. Gli Stati Uniti uscirono dalla Seconda Guerra Mondiale convinti che una delle sue cause scatenanti fu un errore degli stessi Stati Uniti. I Sovietici invece uscirono dalla Seconda Guerra Mondiale credendo che i loro complessi sforzi per creare una coalizione e per mantenere un equilibrio di potere li avessero lasciati alla mercé di un singolo errore di calcolo sulla Francia – un errore inevitabile basandosi sul senso comune.

Durante la Guerra Fredda, i Sovietici svilupparono una strategia che potremmo a ragion veduta definire impassibile. Circondati dalla coalizione a guida americana, i Sovietici preferivano i satelliti agli alleati. Il Patto di Varsavia era più una realtà geopolitica che non una vera alleanza. Per la maggior parte contava paesi sotto il diretto controllo militare, d’intelligence e politico dell’Unione Sovietica. Il valore militare del blocco sarà anche stato limitato, e i suoi spazi di manovra erano ugualmente limitati. Ma nonostante ciò, si sarebbe potuto contare sulle forze sovietiche, e il Patto di Varsavia, a differenza della NATO, era una realtà geografica che le forze sovietiche utilizzarono per garantire l’impossibilità di un’invasione da parte degli Stati Uniti o della NATO. Naturalmente i Sovietici – come gli Americani – restarono all’erta per un possibile attacco nucleare, ma è stato fatto notare che il sistema sovietico era molto meno sofisticato di quello americano. Parte dello squilibrio era dovuta alle capacità tecnologiche. Ma gran parte è da attribuire al fatto che la paura più grande per i Sovietici non era un attacco nucleare, anche se tale timore non va minimizzato. La paura più grande per Mosca era un attacco da occidente. La strategia dell’Unione Sovietica era quella di posizionare le proprie forze il più a ovest possibile.

Si consideri tutto questo a confronto dei rapporti dei Sovietici con la Cina. Ideologicamente la Cina avrebbe dovuto essere un potente alleato, ma l’alleanza cominciò a inacidirsi a metà degli anni ’50. i Sovietici non erano motivati dall’ideologia. Essi erano motivati dalla geopolitica e la Cina rappresentava una potenziale minaccia che i Sovietici non potevano controllare. L’ideologia non aveva importanza. La Cina non avrebbe mai acconsentito a fungere al ruolo che invece era costretta a coprire la Polonia. i rapporti sino-sovietici si deteriorarono alquanto rapidamente.

Il pubblico sovietico non interiorizzò la paura americana che sotto la pace e la prosperità germoglino i semi del disastro. Le prospettive di vita sovietiche erano modeste in confronto a quelle degli Americani, e nessuno si aspettava che lo stato evitasse i disastri. Lo stato era lui stesso causa di disastri. Allo stesso tempo, la guerra rivelò – sin da subito – un amore primordiale per la patria, sepolto per decenni sotto l’ideologia dell’internazionalismo, e tale amore riemerse spontaneamente. Sotto il fervore comunista, sotto il cinismo indifferente e il terrore della polizia segreta sovietica, i Russi trovarono qualcosa di nuovo mentre gli Americani trovarono qualcosa di vecchio.

La caduta della Francia sorprende il Regno Unito

Per quanto riguarda gli Inglesi, i loro errori di calcolo sulla Francia non ebbero grandi conseguenze. Essi furono sì stupiti dal rapido collasso della Francia, ma forse furono anche sollevati dal non dover combattere di nuovo nelle trincee francesi. Il collasso della Francia fece sì che la loro sicurezza dipendesse da due cose: primo che il Canale della Manica, insieme alla flotta e alla Royal Air Force tenessero a bada la Germania. E secondo che a tempo debito gli Stati Uniti intervenissero nella guerra. Entrambi i loro calcoli si dimostrarono corretti.

Ciononostante il Regno Unito non fu tra i vincitori di ultima istanza della guerra. Anche se non cadde sotto i Tedeschi, fu di fatto occupato dagli Americani. Si trattò di un’occupazione molto diversa, un’occupazione di cui gli Inglesi avevano di fatto bisogno, ma l’occupazione del Regno Unito da parte di forze straniere, a prescindere dalla loro natura necessaria e benigna, determinò la fine dell’Impero Britannico e del Regno Unito come superpotenza. Non furono gli Americani a prendersi l’Impero Britannico. Esso fu distrutto dalla sconvolgente sconfitta dei Francesi. Sulla carta, i Francesi avevano un esercito eccellente – sotto molti aspetti superiore a quello tedesco. Eppure furono sconfitti dopo poche settimane. Se dobbiamo riassumere l’attitudine degli Inglesi, dopo la baldanza arrivarono la stanchezza e lo scontento.

Alcuni di questi sentimenti sono stati superati oggi. Gli Americani conservano ancora il loro timore, anche se sotto molti aspetti la Seconda Guerra Mondiale fu vantaggiosa per gli USA. Essa pose fine alla Grande Depressione e, negli anni seguenti, tra la Legge G.I. Bill, i prestiti VA e il sistema autostradale federale (Interstate Highway System, NdT) la guerra creò la classe media professionale americana, con case di proprietà per molti e con distanze e spazi che divennero di facile accesso. E ciononostante il timore rimase, invece che sparire. La Pearl Harbor di questa generazione è stato l’undici settembre. Dopotutto la paura che la sicurezza e la prosperità siano costruite su fondamenta di sabbia non è una paura irrazionale.

Per i Russi, i sentimenti patriottici ardono ancora sotto il cinismo. Il collasso dell’Unione Sovietica e della sfera d’influenza russa non hanno portato a mosse strategiche particolarmente fantasiose. Al contrario, la risposta del Presidente Russo Vladimir Putin all’Ucraina è stata altrettanto impassibile che quella di uno Stalin o di Breznev. Più che un genio machiavellico, Putin è il degno erede dell’invasione tedesca del 22 giugno 1941. Egli cerca di ottenere profondità strategica controllata dai propri militari. E il suo pubblico lo sostiene in questo.

Per quanto riguarda gli Inglesi, un tempo avevano un impero. Oggi non hanno che un’isola. Resta ancora da vedere se riusciranno a tenerla insieme, data la forza del nazionalisti scozzesi.

Mentre celebriamo la fine della Seconda Guerra Mondiale, è utile studiarne l’inizio. Gran parte di quella che chiamiamo la cultura politico-militare, specialmente quella americana, nacque dal modo in cui la Seconda Guerra Mondiale scoppiò. Per gli Americani, Pearl Harbor e il giudizio su Monaco sono stati la cornice per inquadrare non solo la politica estera e la guerra, ma anche la vita nell’America stessa. Sotto la superficie, non molto a fondo, si annida la sensazione che tutte le cose buone prima o poi debbano andare in malora. Molto di ciò viene dalla Grande Depressione e molto da Pearl Harbor. Il vecchio ottimismo è ancora lì, ma la certezza di un successo manifesto è stata in gran parte stemperata.