La sentenza del tribunale statunitense crea un dilemma per il governo argentino. Da Stratfor

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Styled_logoRiassunto
Il governo argentino si è ritrovato davanti alla Corte Distrettuale di New York il 27 giugno. E’ in gioco la possibilità per i giudici americani di costringere l’Argentina alla bancarotta per i pagamenti dovuti a diversi obbligazionisti che avevano accettato nel 2005 e nel 2010 riduzioni di valore sui titoli statali argentini in loro possesso. La sentenza potrebbe portare a difficoltà economiche in Argentina, creando opportunità per quegli attori internazionali che, prestando il loro sostegno, estenderebbero la loro influenza nella regione.
Analisi
Al momento il governo argentino non è disposto a effettuare pagamenti di 1,3 miliardi di dollari in valore nominale di obbligazioni per i quali è risultata inadempiente a seguito della crisi economica del 2001-2002, un importo che potrebbe anche includere gli interessi. Questo è l’importo in questione nell’attuale caso giudiziario, che segue la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti del 12 giugno la quale ha consentito al giudice Thomas Griesa della Corte Distrettuale di New York di sentenziare in merito. La decisione di Griesa si è basata su un’espressione scritta contenuta nelle obbligazioni originali, che richiede parità di trattamento degli obbligazionisti, obbligando l’Argentina a effettuare pagamenti agli obbligazionisti che avevano rifiutato le condizioni proposte in caso il governo effettui dei rimborsi agli altri titolari del debito. Permette inoltre agli obbligazionisti che hanno rifiutato un compromesso di ricorrere in tribunale per individuare le risorse finanziarie argentine e congelarle nel caso in cui l’Argentina non si conformi alle loro richieste.
In Argentina era previsto per il 30 giugno un pagamento di 900 milioni di dollari, un importo che il governo argentino è disposto a pagare. Buenos Aires è ansiosa di liquidare il gruppo di obbligazionisti che hanno accettato le ristrutturazioni del debito nel 2005 e nel 2010, ma non è disposta ad effettuare un pagamento immediato e integrale di tutti gli obbligazionisti che hanno fatto opposizione. Il governo si è già ovviamente attivato per evitare la sentenza del tribunale e procedere al 30 giugno con i pagamenti trasferendo centinaia di milioni di dollari a enti fiduciari tramite banche internazionali, tra cui 539 milioni di dollari alla Banca di New York Mellon.
Attraverso questi depositi, l’Argentina cerca di dimostrare la sua disponibilità a pagare gli obbligazionisti firmatari degli accordi di ristrutturazione. Il giudice Griesa, tuttavia, ha ordinato alla Banca di New York Mellon di rifiutare i fondi, stabilendo che essi rimangano in Argentina e che il paese debba proseguire i negoziati con i titolari di obbligazioni che hanno fatto opposizione. E’ probabile che l’Argentina entrerà in default tecnico il 30 giugno anche se ammortizzato da un periodo di proroga di 30 giorni.
Questa volta l’impatto della bancarotta sarà diverso per l’Argentina. Buenos Aires non sta attivamente emettendo nuovi titoli di debito e la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti sta già influenzando i mercati azionari argentini, sia quello principale che quelli secondari, che trattano i titoli di debito argentini. La situazione economica argentina è fragile, e un’ulteriore perdita di fiducia potrebbe incoraggiare la fuga di nuovi capitali, con implicazioni negative per il valore del peso argentino. Infatti, il valore del peso sul mercato nero sta già diminuendo e nuovi cali della domanda potrebbero spingere il governo a svalutare la moneta in fretta.
I pericoli insiti nel pagare gli obbligazionisti che hanno fatto opposizione, tuttavia, sono più preoccupanti per l’Argentina del rischio di un default. Il debito nelle mani degli obbligazionisti coinvolti nel caso giudiziario di New York rappresentano solo una frazione di quello che il governo deve in capitale e interessi – 1,5 miliardi di dollari su un totale di 15 miliardi di miliardi. E questi obbligazionisti che non hanno accettato i precedenti accordi sono sparsi in tutto il mondo e comprendono creditori in Italia, Germania e Regno Unito tra gli altri. L’Argentina attualmente detiene circa 29 miliardi di dollari in riserve di valuta estera, e quindi in teoria un pagamento integrale sarebbe possibile, anche se lascerebbe il mercato dei cambi in valuta estera pericolosamente a corto di fondi, considerate le continue sfide alla bilancia dei pagamenti. In più, c’è il rischio che gli obbligazionisti che hanno accettato lo scambio obbligazionario del 2005 e del 2010 citino in giudizio l’Argentina per l’intero importo delle obbligazioni originali sulla base di una clausola dei titoli scambiati che permette loro di farlo fino al 2014. Ciò significa che l’Argentina deve ritardare qualsiasi tipo di accordo con gli obbligazionisti in opposizione almeno fino al 2015.
Tuttavia, alla fine l’Argentina sarà costretta a pagare tali obbligazionisti. Le esportazioni in calo indicano che il paese sta affrontando un pericolo reale di crisi finanziaria e di assottigliamento delle riserve estere. Per gestire questo rischio, l’Argentina sta lavorando per rianimare il proprio settore energetico per mitigare l’impatto finanziario delle importazioni, sperando di tornare allo status di esportatore netto. Questo, però, richiederà anni se non decenni. Nel frattempo, l’Argentina avrà bisogno di accedere ai mercati creditizi internazionali, anche se non a costo di liquidare la metà delle sue riserve in valuta estera per pagare i titolari di obbligazioni in opposizione. Il modo più probabile che l’Argentina ha di risolvere questo dilemma è quello di temporeggiare prima di sottoscrivere un accordo definitivo circa i suoi debiti.
E’ improbabile che le sentenze dei tribunali statunitensi abbiano un impatto politico significativo in Argentina. Anche se la controversia può provocare ulteriori tensioni economiche, nessun partito ha interesse a usare il problema come leva per scalzare l’attuale governo. Le elezioni del 2015 si stanno avvicinando e la presidente Cristina Fernandez de Kirchner ha raggiunto il limite massimo di mandati. I politici dell’opposizione hanno appena cominciato a costruire alleanze ed elaborare strategie per queste cruciali elezioni – non vogliono il caos che accompagnerebbe la caduta del governo Fernandez. E’ opinione generale negli ambienti politici argentini che i tribunali americani abbiano agito in maniera insolitamente dura nel trattare il default argentino, e che gli Stati Uniti abbiano oltrepassato i limiti, il che rende improbabile che il governo Fernandez venga incolpato di eventuali ripercussioni economiche.
Il caso giudiziario probabilmente aumenterà le tensioni nelle relazioni USA-Argentina. La sentenza ha già portato un certo numero di attori internazionali, tra cui il Brasile, la Russia e le Nazioni Unite, ad esprimere preoccupazioni circa gli effetti finali del default argentino. Andando avanti, sorgeranno più opportunità per gli attori stranieri di esprimere il loro sostegno sia verbale che concreto. Il presidente russo Vladimir Putin ha già annunciato che si incontrerà con Fernandez a Buenos Aires nel mese di luglio, in occasione del sesto vertice annuale dei BRICS in Brasile, dove un ulteriore sostegno alla posizione dell’Argentina potrebbe essere annunciato a breve.