LE ACROBAZIE STORICHE DELLA S-RAGIONE COMUNISTA

“Ho sempre sostenuto che il più grande teorico politico del ventesimo secolo fu Lenin, il quale è il teorico della verità politica: al di fuori
delle scelte politiche non esiste verità.” F. Cossiga
Stiamo assistendo in questi giorni a rovesciamenti della verità, ipocrisie sistematiche ed azioni diversive messe in campo in primo luogo dai sinistri (ma anche destri con Fini e collegati non si dimostrano da meno), tese a coprire il loro essere funzionali agli interessi Usa a mantenere ed accentuare la subordinazione italiana. Il rinnegamento e la mancata elaborazione razionale della propria storia politica e dei propri orientamenti teorici precedenti da parte degli ex-Pci, rappresentano un nodo (su cui anche La Grassa continua periodicamente a ritornare) che non ha solo o tanto una valenza storiografica, ma fortemente politica ed attuale. Un anziano dirigente del Pci aveva a suo tempo detto: “C’ è chi ha vissuto la nostra storia e ora vuole demonizzarla”1. Per fare solo un esempio paradigmatico, quell’insulsa ed inconsistente figura politica rispondente al nome di Fassino sulle colonne dell’Unità, quotidiano fondato da Antonio Gramsci, ha avuto il coraggio a proposito di Stalin di denunciare—a Pci sciolto—la colpevole “connivenza di quei dirigenti che—pur autorevoli come Togliatti—non ebbero il coraggio di sfidare la macchina oppressiva della dittatura.”2 Encomiabile manifestazione di coraggio ex post… Ma quest’operazione politico-ideologica di rimozione, emersa, prima con il salvataggio del PciPds dal colpo di Stato giudiziario di ‘Mani pulite’ ad ispirazione Usa, e culminata poi con l’assunzione di quel partito del ruolo di referente politico della GF&ID a partire dai primi anni Novanta, ha antecedenti significativi e cause lontane e strutturali.
1. Tanto per fare nomi, nella bibliografia dell’attuale presidente della Repubblica possiamo trovare titoli, prefazioni, interventi, curatele, del tipo:
Per il rispetto delle liberta operaie, per lo sviluppo dell’industria italiana : discorsi pronunciati dagli onorevoli Giorgio Napolitano,Luigi Longo, e Luciano Lama sui bilanci del Ministero dell’industria e del Ministero delle partecipazioni statali SETI 1958
Movimento operaio e industria di Stato / Giorgio Napolitano. Editori riuniti, 1962
Rivoluzione in Occidente e infantilismo di sinistra / V. I. Lenin ; prefazione di Giorgio Napolitano ; Editori riuniti, 1969
Il Partito comunista italiano / Palmiro Togliatti ; prefazione di Giorgio Napolitano. – Editori riuniti, 1970
Cultura e democrazia socialista /Gyorgy Aczel; prefazione di Giorgio Napolitano – Editori riuniti, 1972
La classe operaia forza di governo / Giorgio Napolitano. Editori riuniti, 1978
Operaismo e centralità operaia / Napolitano … [et al.] ; Editori riuniti, 1978 ….
Ma già a proposito del suo libro-intervista3 del 1976, uno studioso sottolineò che l’allora “dirigente del Pci si è lasciato andare a tutta una serie di volteggi” tanto che l’intervistatore, lo storico Hobsbawn, cercò di “insidiare Napolitano e poi affrontarlo risolutamente per fargli emettere il flatus vocis socialismo. Prima Napolitano aveva detto ‘rinnovamento radicale’, ‘opera di redenzione e rinnovamento sociale e politico’, ‘processo di elevamento della coscienza di grandi masse popolari’, ‘ricostruzione e rinnovamento’, …, ‘impegno democratico’, (pp. 3,4,8), ma non ‘socialismo’ o termine o perifrasi equipollenti.”4 D’altra parte cosa pensare di uno che, senza temer vergogna, riguardo al 1943 sostenne che “Il Pci si presentò come grande forza democratica, come portatore di valori autentici di libertà e di democrazia.”5 Si intravede tra le righe il sobbalzo
1 Macaluso Corriere della Sera 18 gennaio 2001
2 Fassino ‘A Togliatti mancò il coraggio.’ Unità 30 giugno 2007
3 Napolitano ‘Intervista sul Pci’ Laterza
4 Cortesi ‘Le origini del Pci’ Franco Angeli pag 369
5 Napolitano ‘Intervista sul Pci.’ Laterza pag. 8
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dell’intervistatore che lo interrompe e gli dice “Un momento. Libertà e democrazia, d’accordo; ma non si pensava al socialismo, alla rivoluzione socialista?”6 Incalzato il nostro rispose imperterrito che “nel 1944-45 gli obiettivi immediati e vitali apparivano quelli della liberazione del Nord ancora occupato dai nazisti e quindi quelli della fondazione di uno Stato democratico aperto a successivi sviluppi e trasformazioni in senso socialista”7 Il carattere civile della guerra in quanto non solo rivolta contro l’occupante germanico ma anche contro la Repubblica sociale italiana, scompare insieme al carattere di guerra di classe della resistenza stessa. Secondo lui il Pci era impegnato a perseguire una “rivoluzione democratica” che attraverso il “patrimonio dell’unità antifascista” si concretizzò nella Costituzione “che fissa un quadro di riferimento, offre al movimento operaio e democratico dei punti di forza, il cui enorme valore si sarebbe visto negli anni successivi. [ … ] nella Carta costituzionale sono sanciti principi democratici estremamente avanzati, anche per quello che riguarda l’organizzazione democratica dello Stato” 8 Chi ha invece colto altre immagini del Pci—ben più aderenti alla realtà storica effettuale—e dei suoi orientamenti rispetto a quelle sopra descritte, deve concordare con il giudizio secondo cui “Napolitano è un maestro di dissimulazione ed omissione, del dire e non dire, senza mai affondare il coltello della critica, dell’analisi originale, di un dietro le quinte che non riguardi inutili episodi tratti dalle vacanze capresi di Togliatti”9 Si deve inoltre segnalare la sua maestria nella razionalizzazione a posteriori senza spiegazione alcuna. Infatti, esemplificativamente, durante i moti ungheresi del 1956, in un articolo sull’Unità di quei giorni Napolitano scrisse che “l’intervento sovietico in Ungheria, evitando che nel cuore d’Europa si creasse un focolaio di provocazioni e permettendo all’Urss si intervenire con decisione e con forza per fermare l’aggressione imperialista nel Medio Oriente, abbia contribuito in misura decisiva, non già a difendere solo gli interessi militari e strategici dell’Urss ma a salvare la pace nel mondo.”10 Dopo mezzo secolo, nella sua autobiografia politica, a proposito degli stessi moti ungheresi del ’56, senza un minimo di analisi teoricamente fondata, afferma pensosamente che “La giustificazione del sanguinoso intervento militare sovietico per soffocare il moto popolare bollato come controrivoluzionario è divenuta e rimane … motivo di grave riconoscimento e tormento autocritico.”11 Lo stile degli inspiegati salti (ideo)logici deriva dal tipo di storicizzazione analoga a quella del protagonista del romanzo orwelliano che, notoriamente, ha il compito di riscrivere i giornali e i libri di storia per adeguarli alla situazione attuale. Per esempio, a proposito dei comunisti italiani degli anni ’40 del novecento, Napolitano dice con profondo rammarico, che “L’ideologia di matrice marxista e leninista …pesava sull’approccio culturale del gruppo dirigente del partito [ … ] Così, le posizioni di pensiero e le esperienze innovatrici che in quegli stessi anni si andavano dispiegando in Occidente o che si erano già affermate in precedenza—il pensiero di John Maynard, in Keynes, in particolare, e le politiche da esso influenzate, l’esperienza del New Deal roosveltiano, le prime esperienze riformatrici della socialdemocrazia scandinave, le scelte di governo del laburismo inglese—venivano ignorate in quanto estranee alla teoria marxista, e interne o subalterne al sistema capitalistico.” 12 Sembra emergere qui un nobile precursore della scuola veltroniana di coloro che si iscrivevano e militavano nel Pci, non essendo però comunisti,
6 Domanda dello storico Hobsbawn in Napolitano ‘Intervista sul Pci.’ Laterza pag. 9
7 Napolitano ‘Intervista sul Pci.’ Laterza cit.
8 Napolitano ‘Intervista sul Pci.’ Laterza pag 23
9 Giacalone ‘Giorgio Napolitano,un vile’ 20 novembre 2005 http://www.davidegiacalone.it/index.php/costume/giorgio_napolitano_un_vile
10 Napolitano da L’unità del 1956 ripreso dal ‘Il giornale’ 11 maggio 2006 A tal proposito Cossiga ha fatto notare che “Giorgio
Napolitano, … coerentemente anni prima aveva plaudito alla fucilazione di Maleter ed all’impiccagione di Nagy, alla repressione
sovietica della ‘reazionaria e clericale’ insurrezione ungherese, con non dimenticati scritti e discorsi mirabili.” Cossiga ‘La fermezza va e
viene. Ognuno espia come può.’ ‘Il Tempo’ 26 marzo 2007
11 Napolitano ‘Dal PCI al socialismo europeo.’ Laterza pag. 40Il giudizio dell’ex dirigente e parlamentare del Pci, Piero Borghini “Ciò che mi ha sempre colpito, nella sua storia, è che pare non ci sia mai stato un momento traumatico di verità. Tutto è spiegato, storicizzato, smussato. Amendola e Colajanni davano battaglia, lui ha sempre fatto le scarpe alle mosche” in Stella ‘Coraggioso o no? Fa discutere il carattere di Sir George’ Corriere della sera 11 maggio 2006
12 Napolitano ‘Dal PCI al socialismo europeo.’ Laterza pag. 28
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ma socialisti liberali (poi solo liberali) in nuce. Quindi fu del tutto meritato il folgorante ritratto che di lui fece il settimanale satirico Tango: “È gradito agli intellettuali modernisti, alla Nato, a Veca, al Psi, agli imprenditori liberal, a Scalfari: se piacesse anche ai comunisti sarebbe segretario da un pezzo”. 13 Da quanto si è fin qui evidenziato, si desume chiaramente che, la necessità strutturale degli ex-Pci di cancellare le tracce del loro passato o di alterarne il significato probante, rende in massima parte inutilizzabile le loro memorie, al fine di cogliere l’effettiva natura del Partito comunista italiano ed il suo ruolo nella storia della formazione sociale italiana del secondo dopoguerra.
Può invece risultare istruttivo analizzare l’immagine del Pci, il suo rapporto con lo Stato e le posizioni su nodi storico–politici quali la resistenza e la Costituzione, tramite gli scritti di un altro presidente della Repubblica, Cossiga. Questo, al di là del suo gioco di svelamenti parziali, mezze verità, allusioni mirate, sempre peraltro effettuate con fini precisi. Cossiga ha rivestito cariche decisive nei vertici degli apparati statali ed ha sempre mostrato di tessere rapporti con settori statunitensi. Profondamente da sempre anticomunista (anche qui al di là delle boutades, in cui però dimostra cognizione dei fatti di cui tratta) ci offre un utile, seppur involontario, contributo rispetto a chi comunista è stato ma cerca di far scomparire o manipolare il suo passato. Sia chiaro che le note che seguono non vogliono essere un peana alla lucidità analitica o alla lungimiranza dell’ex presidente della repubblica, ma un utilizzo dei suoi scritti per suggerire alcune tesi critiche rispetto alle mistificazioni promosse dalle rappresentazioni ormai dominanti.
Sulla resistenza. In primo luogo, di contro a coloro che dimenticano volutamente o se ne sono vergognati a posteriori, Cossiga ha puntualizzato che “senza l’iniziativa, l’organizzazione, l’orizzonte comunista non ci sarebbe stata la Resistenza”14 Non si può non ammettere che “comprensibilmente, il Pci non avesse quasi monopolizzato il comando della lotta partigiana anche in forme violente (…) e poi ne abbia monopolizzato il ricordo, e anche giustamente perché, la resistenza è stata almeno per l’80 % comunista, e senza il Pci non ci sarebbe stata resistenza”15 Fa inoltre notare, en passant, che “I massacri di fascisti, anche se già arresisi, di non fascisti e anche di antifascisti non comunisti erano perfettamente coerenti con una concezione della Resistenza come ‘guerra civile’, e ancora di più nella prospettiva di una continuazione della Resistenza come ‘guerra di classe’.” 16 Perché nelle sue linee di fondo “Per i comunisti, non per il Partito comunista di Togliatti, la ‘resistenza’ fu non tanto una guerra patriottica quanto una guerra civile, premessa per la guerra di classe per la conquista proletaria del potere. Passare per le armi i fascisti, non solo durante la guerra ma anche quando essa finì, e perfino e talvolta prioritariamente altri antifascisti… quando contrastavano con i propri disegni,…, non è cosa che mi meraviglia; se io fossi stato o fossi comunista non mi avrebbe scandalizzato e non mi scandalizzerebbe neanche oggi. ”17 Il punto centrale che vorrei sottolineare non è tanto la composizione e l’orientamento prevalente della resistenza, ma il suo aver come obiettivo la conquista del potere statale: non il ritorno alla forma democratica dello Stato (liberale nel caso italiano) né la sola sconfitta della forma autoritaria dello Stato (fascista nel caso italiano). Secondo questa linea—che non era quella del gruppo dirigente togliattiano, come ben coglie Cossiga—si doveva perseguire la fondazione di un nuovo assetto sociale e di una forma politica ad esso conforme, radicalmente diversi dai precedenti. Anche se la valutazione
13 Citato in Stella ‘Coraggioso o no? Fa discutere il carattere di Sir George’ cit.
14 Cossiga ‘Il caso Pansa e la grande bugia che fu necessaria.’ Libero 31 ottobre 2006
15 Cossiga ‘Il caso Pansa e la grande bugia che fu necessaria.’ Cit. Ha ribadito lo stesso giudizio di fatto successivamente ‘la Resistenza,che non ci sarebbe stata senza l’apporto del tutto maggioritario dei comunisti’ in Cossiga ‘Non capisco chi protesta per le bandiere rosse nel Pd’ Il riformista 29 aprile 2008
16 Cossiga ‘In politica sono utili perfino le bugie.’ Cit.
17 Cossiga ‘Lettera a Pansa.’ Libero 30 settembre 2007
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realistica delle possibilità data l’assegnazione dell’Italia alla sfera d’influenza Usa e l’occupazione militare alleata, non per questo si deve rimuovere—come poi è stato prevalentemente fatto con un accelerazione progressiva con l’incedere della mutazione genetica del Pci—che quella fosse l’aspirazione della resistenza comunista. Il dispiegarsi degli esiti del socialismo nelle formazioni sociali dell’est ha poi reso impensabile ed impronunciabile l’idea che quelli sarebbero stati la forma statale e l’ordine sociale che si sarebbero realizzati. Con tutta certezza possiamo, oggi, capire che non avremmo avuto lo sviluppo capitalistico favorito dal gruppo dirigente Dc e dai gruppi di agenti strategici dell’industria e nella finanza di Stato di cui essa era referente nella sfera politica. La negazione che quella sarebbe stata la meta socialista, unitamente al far passare una scelta tattica come un’originale intuizione strategica ha poi costretto il gruppo dirigente togliattiano a raccontarsi (althusserianamente) delle storie (come, l’esclusione del carattere civile e di classe della resistenza, l’esaltazione dell’innovazione costituzionale e la sua sacralizzazione, la suggestione storicistica del carattere progressivo della democrazia…). Cossiga formula un giudizio di fatto secondo cui la maggioranza degli aderenti al Pci nella resistenza lottavano per un “ideale comunista”, esprimendo poi un giudizio di valore secondo cui quest’obiettivo ideale comunista era però “non calato nella storia e nella concretezza della realtà politica.” 18 La scelta togliattiana di perseguire altri obiettivi, suscitò quindi logicamente “la rabbia per la cosiddetta resistenza tradita o per lo svanire di quella scelta antagonista in cui si era creduto di combattere in un compromesso politico, sociale e civile che sembrava snaturarla del tutto.”19 Indici del fatto che gli obiettivi andavano ben oltre quello della liberazione nazionale, lambendo20 lo stesso atteggiamento di fondo togliattiano ad essi contrario, furono per Cossiga, in primo luogo, le azioni della “ Volante rossa che non fu avvertita se non in ritardo da Palmiro Togliatti che ‘la resistenza non continuava’. ’21. Ed in secondo luogo, il fatto che “il Partito comunista italiano era favorevole all’annessione di Trieste alla Jugoslavia titina, allora ancora alleata dell’Unione Sovietica ,…Palmiro Togliatti ordinò alle brigate partigiane comuniste di porsi agli ordini del IX° Corpus Jugoslavo’22, perciò risulta coerente l’azione con cui “la brigata partigiana Osoppo [ … ] fu alle malghe di Porzus annientata in piena guerra di Resistenza dalla brigata di Gorizia Garibaldi, per essersi rifiutata di porre i ‘Fazzoletti Verdi’ sotto il comando IX° Corpus Jugoslavo’23 Enfaticamente, il nostro si spinge sino a dire che: “Ho difeso apertamente la coerenza di quel partigiano comunista che …ha difeso con orgoglio le foibe ed i compagni comunisti jugoslavi’24. Credo inoltre che il non avere una disposizione politica buonista e gentile con l’avversario, né tantomeno essere un pacifista, gli abbia consentito di rimarcare aspetti del conflitto resistenziale, che oggi tendono ad essere trascurati o lasciati sullo sfondo, riguardo al ruolo della forma violenta nell’attività partigiana. Per esempio, ha fustigato “lo snobismo ‘azionista’ di antifascisti ‘aresistenzialisti’ quali Bobbio e Calamandrei, che hanno condannato l’uccisione da parte dei ‘gappisti’ di Firenze, del filosofo fascista Giovanni Gentile, ma perché era un grande e colto intellettuale come loro, ‘uno di loro’, insomma.’25 Ha anche ricordato, a chi indietreggia oggi davanti alle azioni compiute da settori delle popolazioni che cercano di resistere alle aggressioni americane, che “La cattura di ‘ostaggi’ era attività ordinaria della Resistenza europea contro il nazifascismo. Quando apprese che quattro operai comunisti dei gruppi d’azione partigiana, la “resistenza cittadina”, di Milano, catturati dalle SS
18 Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, 27a seduta, 6 novembre 1997. Inchiesta su stragi e depistaggi: audizione del senatore Francesco Cossiga
19 Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo … audizione del senatore Francesco Cossiga cit.
20 Lambire nel senso che, l’azione togliattiana si dipanava tra il sordo contrasto interno che richiese tempo prima che gli riuscisse di venirne a capo, e esigenze di manovrare dell’Urss staliniano dentro un quadro di rapporti internazionali in definizione.
21 Cossiga Lettera. Libero 27 marzo 2008
22 Cossiga ‘Due o tre cose che so di Napolitano.’ Libero 12 febbraio 2009
23 Cossiga Lettera. Libero 27 marzo 2008
24 Cossiga ‘La sindrome di Piazzale Loreto’ Il giornale’ 3 aprile 2006
25 Cossiga ‘La sindrome di Piazzale Loreto’ cit.
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germaniche, stavano per essere fucilati, la Banda Franchi della medaglia d’oro Edgardo Sogno sequestrò con un ‘inganno amoroso’ messo in atto da un giovane aristocratico lombardo che di questa Banda faceva parte, la figlia dell’ambasciatore del Reich presso la Repubblica sociale italiana, prima console generale germanico a Milano, e poi anche plenipotenziario del Reich in Italia Rudolph Rahn, e minacciò di “farne trovare la testa spiccata dal busto rotolante in Piazza del Duomo” in Milano se non fossero stati liberati e fatti espatriare in Svizzera gli operai comunisti dei GAP di Milano. E i germanici cedettero!”
26 E per finire, mentre i radicalsinistri che si avvinghiavano nella condanna—in nome della nonviolenza— della cosiddetta spirale ‘guerra-terrorismo’, Cossiga ha spiegato che, lo svolgimento di attività resistenziali contro le potenze occupanti sempre implica anche atti di tipo terroristico, ma in quel contesto ogni “atto di terrorismo … però non può non considerarsi atto di guerra, perché è proprio delle entità politiche minori—così come lo fu nei Paesi europei occupati dalla Germania nazista durante la Resistenza—non potendo disporre di forze militari di linea (aerei, navi, carri armati e cannoni), usare le uniche armi possibili e cioè quelle proprie degli attentati individuali o di massa: e cioè il terrorismo. Terrorista fu certo in senso militare la Resistenza europea al nazismo”27
4. Sulla Costituzione. Cossiga ritiene che “forse senza i massacri operati da Oliver Cromwell non ci sarebbe oggi in Gran Bretagna il primato del Parlamento, senza il Terrore non avremmo la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e i moderni codici civili, senza i gulag e i processi staliniani l’Unione Sovietica non si sarebbe consolidata e non sarebbe diventata grande potenza politica e militare”28, collocandosi così nel solco della tradizione del realismo politico machiavelliano rispetto al ruolo della violenza nella fondazione degli Stati, di contro ad ogni irenismo da anime belle. Conseguentemente, come ha ribadito in diverse circostanze, afferma: “Io giudico secondo criteri storici. Stalin è stato un grande uomo di Stato, come Roosevelt, Churchill, De Gaulle. Da un coacervo di popoli, lingue, storie e religioni ha fatto,…, un grande Stato”29 Il problema è che la guerra civile 1943- 1945 non ha portato alla fondazione di un nuovo Stato, ma essendosi svolta all’interno e sotto la decisiva azione militare angloamericana, quest’ultima ha favorito e promosso la conservazione e la continuità degli apparati statali repressivi ed amministrativi vigenti. Cossiga indica quattro eventi cruciali nella storia italiana nella transizione dalla prevalenza della forma autoritaria dello Stato alla prevalenza della forma democratica (democrazia di tipo però diverso da quella precedente, al di là delle inerzie storiche e permanenze della forma liberale precedente): “la caduta del fascismo il 25 luglio 1943, la resa dell’8 settembre agli Alleati e in realtà anche ai tedeschi, la Resistenza e la Liberazione, infine la nuova Costituzione del 1948 e il regime degasperiano-togliattiano. Ebbene tutti questi quattro eventi sono stati raccontati ancora dalla storia ‘patriottica e antifascista’ nella chiave del mito. [ … ] Questi miti hanno permesso la costruzione della democrazia, l’edificazione della Repubblica [ … ] Senza il nascondimento della ‘verità’ … non avremmo avuto la Costituzione ‘consensuale’, il regime del ‘compromesso storico’ De GasperiTogliatti … ? ”30. Questo “primo grande ‘compromesso storico’ …preservò il Pci dalla ‘persecuzione democratica’ e dall’altra parte ne sterilizzò le vere e reali possibilità rivoluzionarie” 31 Per queste ragioni ha ripetutamente espresso una valutazione ampiamente positiva riguardo a “Palmiro Togliatti, il grande leader politico del ‘partito nuovo’, che insieme a De Gasperi, preservò l’Italia da una guerra civile devastante, dopo che il nostro Paese aveva combattuto contro i tedeschi invasori quella grande guerra
26 Cossiga ‘Lettera all’Unità Le Farc, le guerriglie e i partiti comunisti’ ‘L’Unità’ 1 settembre 2008
27 Cossiga ‘Basta utopie, la pace si può imporre soltanto con la forza.’ La Stampa 7 ottobre 2003
28 Cossiga ‘In politica sono utili perfino le bugie.’ Cit.
29 Cossiga Lettera a Libero 4 ottobre 2007
30 Cossiga ‘In politica sono utili perfino le bugie.’ Panorama 20 ottobre 2005
31 Cossiga ‘Il caso Pansa e la grande bugia che fu necessaria.’ Libero 31 ottobre 2006
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patriottica che fu la Resistenza, anche fermando quella guerra civile e di classe “.32 Questo perché “senza la scelta strategica dell’ accettazione del parlamentarismo, senza il voto del Pci sull’articolo 7, senza la diffidenza di Palmiro Togliatti verso l’esperienza totalizzante della Resistenza, quel piccolo capolavoro del Trattato di Yalta italiano che è la Costituzione della Repubblica del 1948—attraverso il quale Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti, così come i grandi fecero a Yalta, delimitarono le sfere politiche e d’influenza all’interno del Paese, stipulando un patto di non aggressione—senza questo Palmiro Togliatti, forse cinico ma certo lungimirante, non si sarebbe edificata la democrazia e non si sarebbe avuta la pace civile.” 33 La famosa (e fumosa) Costituzione non è, prima di tutto, il risultato di un confronto interno alle diverse forze politiche italiane, ma la sua genesi è dipesa da una determinata configurazione geopolitica dei rapporti di forza che hanno imposto un dato tipo di accordo agli agenti politici: “Il compromesso, voluto soprattutto da Stalin, si basò su uno scambio: ‘niente guerra civile, e niente messa fuori legge del Pci, come invece avvenne in Germania”. Secondo Cossiga, grazie a quell’accordo, “tra cent’anni ci saranno nelle piazze d’Italia le statue di de Gasperi e Togliatti insieme … con l’aggiunta sotto di Stalin, senza il quale quel compromesso non si sarebbe mai fatto”.34 Dopo la mistificazione che immagina la Costituzione da una scelta prioritariamente nazionale, vi è una seconda e più sottile mistificazione, veicolata dal termine scelta stesso. L’ideologia giuridica dominante immagina che un consesso di Soggetti decida quale forma di Stato darsi, ritenendo inoltre che l’accordo fondativo (il patto) si collochi al di sopra del conflitto tra dominanti e dominati. In questo caso, anche le posizioni cossighiane sono interne ai dettami dell’ideologia dominante: “Credo che dietro alla Costituzione del 1948 ci fosse un vero e proprio patto nazionale. Ma non dimentico che questo patto, già nel nascere, fu incrinato, e gravemente, dalla rottura all’interno della vita politica nazionale tra i partiti costituenti a causa della divisione del mondo in due sfere” .35 Ma è un “patto tra gli italiani che in momenti di tragica contrapposizione tra visioni ideali e politiche ed interessi egemonici di potenza hanno diviso l´Italia, l´Europa e il mondo, …. ha saputo mantenere l´unità fondamentale del Paese” 36 Vi è poi una terza, più corposa e visibile, mistificazione perciò la Costituzione sarebbe frutto di una sintesi culturale mentre invece, anche sul piano culturale, è il prodotto di una specie divisione delle zone d’influenza, perciò la prima parte, basata sull’idealismo degli alti principi liberalsocialisti fu assegnata al Pci (e poi alla sinistra), mentre la seconda, basata su realistici indirizzi per il funzionamento del complesso degli apparati statali fu gestita dalla Dc (sotto la dominanza Usa). Questa divaricazione ha creato l’armamentario di base ed è stato uno dei punti forti, che costantemente riemergono, della cultura di sinistra. In realtà il divario tra principi e loro attuazione deve essere considerato come uno degli effetti ideologici possibili, perché prima ha condotto a pensare che il problema politico principale fosse quello di dare attuazione ai principi ideali, poi ha consentito di tracciare il campo di divisione tra progressisti (sinistra) che ne voleva l’attuazione di contro ai conservatori (Dc) che la ostacolava. Sembrava che le forze politiche che si opponevano fossero l’unico problema al dispiegarsi della togliattiana democrazia progressiva. In questo modo i principi, ritenuti inapplicati o al massimo da integrare, non potevano mai essere veramente smascherati giacché mistificanti di per sé (si pensi al sempre citato articolo 1 ed alle simultanee discriminazioni che in primis i lavoratori iscritti al Pci dovevano subire o all’articolo 11 ed al bombardamento sulla ex-Jugoslavia…). Ogni possibile critica è stata irretita dal rimanere all’interno del formalismo giuridico dell’ideologia dominante, venendo
32 Cossiga Testo di ringraziamento del Presidente Emerito della Repubblica pronunciato nella seduta del 27/05/2008 al Senato della Repubblica Italiana in occasione dei 50 anni di vita parlamentare.
33 Cossiga ‘Lettera a ‘Il giornale’ 26 maggio 2004
34 Cossiga Intervento alla presentazione del volume “La Guerra del Quirinale” di Marzio Breda (AGI) 28 febbraio 2006
35 Dichiarazione di Cossiga riportata in ‘Costituente: si’ di Cossiga no del premier’ Corriere della Sera 29 maggio 1996
36 Cossiga ‘Votare no per riformare la Costituzione’ ‘La Repubblica’ 8 giugno 2006
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convogliata nella coppia attuazione/inattuazione, mentre in realtà si tratta di una coppia di entità complementari, insieme funzionali alla riproduzione(anche conflittuale) di dati assetti della formazione sociale italiana. Se la Costituzione non è un’elevata sintesi di culture differenti, ha pienamente ragione Cossiga, che è per corso di studi un giurista costituzionalista, quando con fare dissacrante afferma che è in realtà il “frutto del pasticcio corporativistico dei professorini democristiani che all’epoca non avevano alcuna esperienza politica” 37
5. Sul nesso Resistenza-Costituzione. Per istituire un nesso indissolubile tra l’attività resistenziale ed il dettato costituzionale, si è necessariamente dovuto trasformarli in altro da sé. Se la resistenza è stata caratterizzata dalla presenza maggioritaria e dall’orientamento comunista prevalente teso all’insurrezione per la conquista del potere statale(non però nella parte del gruppo dirigente risultata decisiva) risulta logica conseguenza che non vi può essere nessun nesso tra la resistenza qual è storicamente è stata in senso effettivo e la Costituzione quale formalizzazione di un compromesso fondato su un dato equilibrio delle forze politiche e tra blocchi sociali, entro una data configurazione dei rapporti di forza geopolitici. L’istituzione di un nesso tra resistenza e Costituzione è quindi già di per sé stesso, secondo le premesse cossighiane, un mito fondativo. Questo mito si articola al suo interno nelle seguenti parti tra loro strettamente correlate: “Il carattere popolare di massa della Resistenza, l’unità della Resistenza e nella Resistenza, il valore determinante della Resistenza nella Liberazione, il rifiuto di massa della Repubblica Sociale Italiana, costituiscono il ‘mito storico’ sul quale, censurando il carattere di guerra civile e di guerra di classe di gran parte della resistenza e soprattutto della post-resistenza, (soprattutto ad opera del Partito Comunista Italiano e della Democrazia Cristiana) si è fondata la Repubblica. ’38 Ancor più precisamente “La costruzione del mito della Resistenza, in contrapposizione alla vera storia della Resistenza, fu una necessità non solo per la costruzione del Partito comunista italiano (e non più Partito comunista d’Italia), ma anche per la costruzione dello Stato democratico e repubblicano’39 Analogamente anche la Costituzione per essere dislocata in asse con la resistenza ha dovuto subire una forte (dis)torsione circa i suoi significati e le sue reali funzioni. Far immaginare che la costituzione fosse fondata sulla resistenza, un resistenza espunta però dei suoi caratteri più peculiari, conduce necessariamente alla creazione di una mitologia (e sacralità) della stessa costituzione, oltre che ad una falsificazione sul suo reale significato. Se la resistenza diventò esclusivamente una lotta di liberazione nazionale, la costituzione non poteva che rappresentare lo sbocco di questo processo in quanto espressione di valori di democrazia e progresso. In particolare si doveva esaltare il (presunto) carattere progressivo del testo costituzionale e nascondere (nelle pieghe della sua seconda parte) il suo essere espressione della continuità dello Stato, data dalla continuità vertici dei suoi apparati repressivi ed amministrativi, dei gruppi strategici di agenti capitalistici—industriali e finanziari—dominanti, pur se integrati dall’aggiunta degli agenti dell’industria e della finanza di Stato. Questi ultimi, insieme al complesso degli apparati statali, costituiranno la base sociale decisiva per la forza politica che si porrà come loro referente: la Dc. L’ideologia dominante ha quindi dovuto dissimulare il punto centrale: il trattato costituzionale delimitava i confini interni del potere. Questi confini includevano il Pci assegnandogli, nella redistribuzione del potere, un ruolo ad un tempo rilevante ma non decisivo al fine del funzionamento della sfera politica italiana. Inoltre non si trattava, come si volle far apparire, di un compromesso dinamico (visti i vincoli internazionali e quelli autopostisi dall’orientamento—di accettazione e non
37 Cossiga Intervento alla presentazione del volume “La Guerra del Quirinale” di Marzio Breda (AGI) 28 febbraio 2006
38 Cossiga ‘Il mito della Resistenza lo abbiamo creato noi.’ ‘La repubblica’ 20 ottobre 2006
39 Cossiga ‘Lettera a Pansa.’ Libero 30 settembre 2007
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anticapitalistico—del Pci) per questo l’attuazione dei principi (prima parte della costituzione) era veramente materia contrattuale ma interna ai vincoli della riproduzione sistemica. Il tutto mi pare ben colto dall’affermazione cossighiana secondo cui “La Costituzione del 1948,…, sul piano giuridico e culturale risulta prolissa, anzi pessima. Sul piano politico si rivela invece lungimirante e realista. Cito Piero Calamandrei,…,padre nobile dell’azionismo: ‘Per compensare le forze di sinistra di una rivoluzione mancata, le forze di destra non si opposero a una rivoluzione promessa’. Cito Renzo De Felice, …: ‘La nostra Costituzione potrebbe essere paragonata a quella che i linguisti chiamano ossimoro: aperta, ma anche rigida, grossomodo di sinistra ma anche profondamente rispettosa delle masse cattoliche e degli interessi della Chiesa, popolare nel tono ma sostanzialmente garante della libera iniziativa dell’individuo e della proprietà privata.’ “40 Quindi “si era raggiunta con l’unità antifascista e con il mito salvifico, l’unico possibile, dell’unità nella resistenza che si sperava animasse un nuovo patriottismo almeno nei termini ridotti di un patriottismo costituzionale.”41 Questo patriottismo costituzionale quale sintesi di “Patriottismo democratico-liberazione-antifascismo… furono vissuti come un valore unitario. ”42 Si forma qui il mito fondativo che assumendo la forma religiosa ha reso intoccabile la Costituzione, quindi giustamente Cossiga ha parlato di “sacerdozio repubblicano” e relativi riti di “liturgia repubblicana” a seguire. In realtà sarebbe più consono riconoscere che “Ogni Stato è basato su un mito o su una o più ‘grandi bugie’, perché lo Stato non appartiene alla ‘Città di Dio’, ma alla ‘Città dell’uomo’, ed è quindi infetto dal peccato originale, e quindi dalla menzogna, detentore di quel potere potenzialmente illimitato anche se ‘democratico’”43 E come esemplificazione storica di mitologia fondativa afferma che “anche il Regno d’Italia era fondato sullo ‘spirito risorgimentale’ quale ‘spirito di massa’.”44 Il processo storico reale del dopoguerra, mascherato da questa mitologia, è invece consistito in un “processo mimetico che stava portando la Dc al centro del sistema repubblicano e il Pci alla legittimazione democratica garantita dal compromesso antifascista”45
6. Il Pci e lo Stato nel dopoguerra. La collocazione del Pci rispetto al complesso degli apparati statali ha da sempre costituito un nodo teorico e politico estremamente controverso. Ciò è dovuto sia al deficit di comprensione teorica circa lo Stato, la sua natura, le sue funzioni, l’alternarsi delle sue forme, sia riguardo la specifica natura sociale e la dinamica seguita dal Pci. L’essere il Pci considerato come partito antisistema (ambiguo termine politologico), l’apparire come escluso dal complesso degli apparati statali, l’azione—discriminante ed occulta—svolta da questi apparati statali intrecciata con apparati Usa nei suoi confronti, hanno generato un’immagine deformata alla superficie. Sia chiaro, gli elementi indicati hanno inciso sulla carne viva delle vite dei tanti militanti del Pci, per cui perfino Cossiga, ben illustrando i prodromi del funzionamento della democrazia all’americana, ha dovuto ammettere che: “Abbiamo pesantemente discriminato i comunisti, mi limito a dire discriminati, ma è vero che talvolta li abbiamo perseguitati: li abbiamo licenziati, li abbiamo controllati. Probabilmente se avessero vinto loro avrebbero fatto lo stesso ”46 Se si guarda però sotto la superficie degli eventi, alle dinamiche di fondo, si coglie un’altra storia. Se nel primo dopoguerra lo Stato “attraverso la parlamentarizzazione dei giovani di Salò, avviò il processo di inserimento nella
40 Cossiga ‘Italiani sono sempre gli altri. Controstoria d’Italia da Cavour a Berlusconi.’ Mondadori pag. 13-14
41 Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, 27a seduta, 6 novembre 1997. Inchiesta su stragi e depistaggi: audizione del senatore Francesco Cossiga
42 Cossiga ‘Il caso Pansa e la grande bugia che fu necessaria.’ Cit. Cossiga aggiunge alla sequenza anche il comunismo, ma su questo non sono affatto d’accordo.
43 Cossiga ‘Il caso Pansa e la grande bugia che fu necessaria.’ Cit.
44 Cossiga ‘Il mito della Resistenza lo abbiamo creato noi.’ ‘La repubblica’ 20 ottobre 2006
45 Cossiga ‘Italiani sono sempre gli altri. Controstoria d’Italia da Cavour a Berlusconi.’ Mondadori pag. 132
46 Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, 27a seduta, 6 novembre 1997. Inchiesta su stragi e depistaggi: audizione del senatore Francesco Cossiga
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democrazia di coloro che erano stati fascisti o militanti nella Repubblica di Salò.”47 In modo analogo e nello stesso periodo, Cossiga suggerisce sia avvenuto il processo di “inserimento nella democrazia” e la “parlamentarizzazione” definitiva del Pci, costituendo queste, le modalità concrete di inclusione del Pci nello Stato (l’inclusione, non toglie che venisse anche discriminato e tenuto sotto controllo, ma allo stesso tempo divenne compartecipe—direttamente o indirettamente—dei meccanismi di funzionamento della sfera politica ).“Conventio ad excludendum è la formula politica, così artificiale da dover ricorrere per rappresentarla, al ‘latinorum’ ecclesiastico, che ha consentito al Pci di partecipare al gioco politico della democrazia, senza essere costretto a rinunciare alla propria politica filosovietica, ma per ciò escluso dall’ area del governo. Non dal potere però!”48 Decisivo fu che “Per ottemperare ai dettami del Patto di Yalta era necessario perciò che il Pci rinunziasse alla presa del potere in Italia ottenendo in cambio la ‘promessa’ di non essere messo fuorilegge e quindi di poter vantare una legittimazione democratica da parte dell’avversario politico.”49 Legittimazione che è consistita nel progressivo “associare le masse di sinistra nella gestione diretta dello Stato democratico, legittimando il Pci,…,sia che si tratti di governare dall’opposizione o di governare insieme.”50 Rammenta Cossiga che “il dualismo Dc-Pci funzionava molto meglio del bipolarismo barbarico di adesso, se non altro perché un accordo lo si trovava sempre. Mentre ora ci si scontra quotidianamente con la bava alla bocca, senza combinare niente di buono.”51 Risulta quindi logicamente conseguente sia riconoscere che “il Partito comunista italiano, è una grande forza popolare che con la sua azione ( … ) ha contribuito in modo fondamentale a costruire la democrazia nel nostro paese insieme alla Democrazia Cristiana” 52, sia che “se Togliatti fosse stato in maggioranza in un paese libero—non subordinato all’Unione Sovietica —si sarebbe rivelato un uomo di Stato.”53 Il processo di inserimento e parl amentarizzazione del Pci si è condensato nella struttura e nel funzionamento degli apparati statali rappresentativi espressosi in “un esecutivo debole ed un parlamento onnipotente”54. Infatti “la vera forza del Pci fu il Parlamento. E da lì scendeva per li rami delle istituzioni: municipi, provincie ed infine regioni. L’origine del parlamentarismo esasperato che ancora oggi affligge il nostro sistema,…, è dovuta alla scelta obbligata che solo il Parlamento poteva contenere quel ruolo di contrasto, confronto e trattativa costitutivo della politica italiana basata sul compromesso originario del dopoguerra.”55 Cossiga indica indirettamente come il compromesso storico formalizzato dal trattato costituzionale, si rifletta nell’architettura dell’assetto istituzionale: l’esecutivo, uno degli apparati decisivi del potere statale, era predisposto per procedere con l’assenso implicito dell’opposizione. La centralità del Parlamento, istanza rappresentativa, ricompositiva e mediatoria di per sé dell’insieme degli interessi di diversi raggruppamenti sociali, costituendo la forma in cui la mistificazione dello Stato quale rappresentante dell’interesse generale al di sopra delle classi sociali si concretizza effettivamente: il Governo sarebbe parziale rispetto agli interessi dei raggruppamenti sociali mentre il Parlamento tenderebbe a includerli e rappresentarli tutti (o quantomeno i principali). Apparentemente sembra così che la democrazia all’americana consenta la pluralistica espressione prima, e la rappresentanza poi degli interessi nelle assemblee parlamentari. Solo in seconda istanza verrebbero selezionati solo gli interessi più forti e decisivi (per cui il gioco sarebbe neutrale e si potrebbero perseguire tramite il complesso di apparati statali
47 Cossiga Testo di ringraziamento del Presidente Emerito della Repubblica pronunciato nella seduta del 27/05/2008 al Senato della Repubblica Italiana in occasione dei 50 anni di vita parlamentare.
48 Cossiga ‘Italiani sono sempre gli altri. Controstoria d’Italia da Cavour a Berlusconi.’ Mondadori pag. 27-28
49 Cossiga ‘Per carità di patria. Dodici anni di storia e politica italiana. 1992-2003’ Mondadori pag. 129
50 Cossiga ‘Italiani sono sempre gli altri. Controstoria d’Italia da Cavour a Berlusconi.’ Mondadori pag. 168
51 Cossiga ‘Intervista’ Marzio Breda www. corriere.it 2 agosto 2009
52 Cossiga ‘Lettera. Caro Veltroni mi indigna molto il vostro imbarazzo sul Pci.’ Il messaggero 24 gennaio 2001
53 Cossiga ‘La passione e la politica.’ Rizzoli pag. 23
54 Cossiga ‘Riforme pessime, serve una Costituente’ ‘Il riformista’ 31 dicembre 2005
55 Cossiga ‘Italiani sono sempre gli altri. Controstoria d’Italia da Cavour a Berlusconi.’ Mondadori pag. 29
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vigenti obiettivi ed interessi contrastanti con la riproduzione di un determinato assetto di una formazione sociale capitalistica particolare). “L’esperienza di governo amministrativo in regioni, provincie e comuni era stata la strada scelta dal Pci per arrivare alla completa legittimazione che gli mancava dopo la guerra di liberazione dal nazifascismo, da quando De Gasperi escluse il partito di Togliatti dal governo. L’istituzione delle regioni, prevista dalla Costituzione ma inattuata fino al 1962, serviva proprio allo scopo di consacrare il Pci come forza di governo senza incrinare gli equilibri della politica interna e senza contravvenire alle alleanze internazionali dell’Italia in piena guerra fredda.”56 In definitiva è condivisibile l’osservazione cossighiana secondo la quale: “Quando mi sono chiesto per quale motivo il Partito comunista non si sia impadronito del potere con la forza, dato l’alto grado di penetrazione che aveva in tutti gli apparati dello Stato, la spiegazione è stata solo una: la scelta irrevocabilmente democratica e parlamentare fatta da Togliatti e la divisione del mondo in due. Lo Stato italiano non sarebbe stato assolutamente in grado di impedire una presa del potere per infiltrazione o per violenza da parte del Partito comunista. Di questo non ho dubbio alcuno. Ecco il motivo del mio giudizio di democraticità sul Partito comunista: perché il Partito comunista non ha fatto quello che avrebbe potuto facilmente fare. E non lo ha fatto per due motivi: perché Mosca non glielo avrebbe permesso, anzi li avrebbe mollati, e in secondo luogo perché la scelta democratica e parlamentare di Togliatti (la ‘via nuova’) era irrevocabile. La Bolognina non è stata fatta da Occhetto, ma da Togliatti. “57
La stessa forma organizzativa è stata segnata dal doversi inserire entro i meccanismi di funzionamento della forma democratica dello Stato, senza perseguire obiettivi rivoluzionari: “il Pci non è più il partito rivoluzionario di quadri fondato a Livorno nel 1921”58 perché si è andato “trasformando … da partito di quadri in partito di massa” .59 La discontinuità è segnalata anche dal mutamento di denominazione: prima del 1943 abbiamo una forza politica che si chiama ‘Partito comunista d’Italia’ e dopo (con lo scioglimento del Comintern), per sottolinearne il carattere maggiormente nazionale, si rinomina ‘Partito comunista italiano’60: di mezzo abbiamo la rifondazione togliattiana. A proposito della struttura del Pci, Cossiga racconta che “quando divenni sottosegretario alla difesa …mi fu detto che a quell’epoca il Partito comunista italiano era strutturato ancora su tre livelli. La struttura del Partito comunista vera e propria entro cui, come poi ha dichiarato con molta onestà ed ha confermato, Zagladin, esisteva la cosiddetta amministrazione speciale di cui erano al corrente in un secondo momento solo il segretario del Partito e il capo della segreteria (quindi prima Longo e Cossutta e poi Berlinguer e Cervetti). Esistevano due altre strutture. La struttura paramilitare, sia ben chiaro, nulla ha a che fare con il cosiddetto ‘Triangolo rosso’. Tant’è vero che, come è noto, Togliatti, quando accaddero questi episodi, si precipitò a parlare in quelle federazioni. [ … ] L’altra struttura era quella di cui avete senz’altro letto perchè se ne può trovare traccia in qualunque testo sulla storia del Partito comunista: si trattava di una struttura clandestina, un partito parallelo che veniva tenuto dormiente per il caso –e comprendo benissimo la prudenza– che il Partito comunista venisse dichiarato illegale, in modo che potesse essere subito sostituito da una struttura in grado di funzionare.”61 Ne conclude che nessuno di questi livelli, era predisposto per azioni offensive, ossia per eventuali attività insurrezionali tese alla conquista del potere statale, date le scelte strategiche di fondo effettuate dal Pci.
56 Cossiga ‘Per carità di patria. Dodici anni di storia e politica italiana. 1992-2003’ Mondadori pag. 96
57 Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, 27a seduta, 6 novembre 1997. Inchiesta su stragi e depistaggi: audizione del senatore Francesco Cossiga
58 Cossiga ‘Italiani sono sempre gli altri. Controstoria d’Italia da Cavour a Berlusconi.’ Mondadori pag. 13-14
59 Cossiga ‘Italiani sono sempre gli altri. Controstoria d’Italia da Cavour a Berlusconi.’ Mondadori pag. 154
60 Cossiga ‘Il caso Pansa e la grande bugia che fu necessaria.’ Cit.
61 Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, 27a seduta, 6 novembre 1997. Inchiesta su stragi e depistaggi: audizione del senatore Francesco Cossiga
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Un ulteriore contributo per cogliere l’effettiva collocazione del Pci rispetto agli apparati statali, è dato da affermazioni del Nostro relative ad eventi circostanziati, estremamente significativi ed espressivi circa l’esistere di dati e consolidati legami. A proposito della formazione della struttura paramilitare segreta denominata Gladio è indicativo dei rapporti dei governi con il Pci il fatto che ” il Ministro della difesa Paolo Emilio Taviani ne avesse informato l’allora segretario del partito comunista Luigi Longo, assicurandogli che non si trattava di una organizzazione di polizia segreta contro i comunisti”.62 Invece sull’imbricazione progressiva del Pci con gli apparati repressivi dello Stato (dopo l’iniziale esclusione, ma qui siamo nell’ambito dei limiti della Dc della prima fase, analogamente a come la chiusura condusse al rivestirsi della modernizzazione di costume sessantottesca, di colori assolutamente impropri e non corrispondenti ai contenuti realmente perseguiti) è assai sintomatico il rapporto di Pecchioli, Ministro dell’interno ombra del Pci, con Cossiga. “Qualche volta è venuto da me Pecchioli per chiedermi un aiuto [per individuare spie del Kgb infiltrate nel Pci]. Io gli dissi che non potevo infiltrare uomini degli Affari Riservati o del Sid nel Pci, perché, se si fosse scoperto, avremmo fatto una brutta figura sia io che lui.”63 A sua volta Cossiga chiamò Pecchioli circa l’uso delle linee riservate che qualche esponente del Pci faceva con l’ambasciata sovietica a Roma.”Io gli dissi di invitare qualche suo collega ad una maggiore cautela, perché qualcun altro, leggendo avendo riferimenti su quello che veniva detto in quelle conversazioni poteva avere un atteggiamento ben diverso dal mio, direi malevolo.”64. E continua rivelando che “fummo io e … Ugo Pecchioli a mettere su una operazione di guerra psicologica per trasformare i terroristi rossi in criminali comuni. Pecchioli, persona serissima, organizzatore della Gladio Rossa, si era occupato molto di queste cose. Ci aveva fornito i nomi di chi non aveva rinnovato la tessera del Pci (potenziali reclutati). E grazie a lui infiltrammo giovani del Pci nell’ autonomia che ci fecero poi da spie.”65 In conseguenza di ciò diviene comprensibile il riconoscimento dell’azione di Pecchioli che “con profondo senso dello Stato, per il consolidamento prima, per la difesa poi delle istituzioni democratiche e repubblicane, contro la minaccia della sommossa e dell’eversione.”66 Ovviamente allo stesso tempo “Mentre noi collaboravamo con il Pci, dovevamo mensilmente riferire alla Nato sulle attività del Pci e delle organizzazioni ad esso collegate. E chi lo dice è stato ministro dell’ Interno e aveva informatori pagati nella direzione del Pci”67 Da segnalare anche l’intenzione del Pci negli anni Settanta di presentarsi come forza capace di ripristinare l’ordine pubblico e sociale e di difendere le istituzioni statali: “Perché gli ex-comunisti …vogliono nascondere agli altri ed anche a se stessi, che il Pci è stato il più rigido sostenitore del ‘pugno duro’ in materia di ordine pubblico [ … ] il sostenitore della linea della fermezza durante il doloroso caso Moro?”68 Inoltre: “Quando ho fatto picchiare a sangue gli universitari che hanno cacciato via Lama, il gruppo del Partito Comunista alla Camera in piedi mi ha tributato un’ovazione. Se lo vada a leggere!”69
7. Prima di concludere credo sia utile mettere a confronto l’anticomunista ex presidente della repubblica con l’ex comunista oggi presidente della repubblica, su altri due nodi della più recente storia italiana: l’operazione Mani pulite e la guerra alla ex-Jugoslavia. Napolitano nella sua autobiografia parla di Mani Pulite come di un evento asettico, ordinario e generato da cause interne definendola come “offensiva intrapresa dalla
62 Cossiga in una lettera inviata al ministro della Difesa Arturo Parisi. 07 marzo 2008 www.siciliainformazioni.com
63 ‘Cossiga racconta i rapporti Kgb-Pci’ Secolo d’Italia 25 febbraio 2004
64 Cossiga racconta i rapporti Kgb-Pci’ cit.
65 Cossiga ‘Intervista’ Corriere della Sera 10 maggio 2009,
66 Cossiga ‘Elogio di un comunista.’ L’Unità 21 ottobre 2006
67 ‘Cossiga aveva spie pagate nel Pci.’ Corriere della Sera 4 dicembre 2001
68 Cossiga ‘Il Pci era per la fermezza.’ Unità 1 novembre 2008
69 Cossiga. Resoconto stenografico intervento in Senato 29 Ottobre 2008
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magistratura per colpire abusi di potere e corruzione. … fenomeni degenerativi diffusi e di dominio pubblico, che sollecitavano il più energico esercizio dell’azione penale.”70 Che il suo partito il Pci-Pds sia ad un tempo rimasto escluso dall’operazione politico-giudiziaria e ne sia stato il principale beneficiario politico deve risultare per Napolitano una coincidenza del tutto casuale… Cossiga ritiene invece che nel caso di Mani Pulite “si sia trattato di un ‘colpo di Stato’. Legale. Nel senso che un ordine autonomo dello Stato,…,ha modificato gli equilibri della vita politica democratica, decretato la morte di partiti storici, usando come arma di giudizio storico e politico l’‘indagine giudiziaria.”71 Pur non giungendo (e qui forse si rivela una delle sue chiare ambiguità e retroterra filoamericani) come Pomicino ad individuare la matrice Usa come ispiratrice del colpo di Stato giudiziario, almeno non finge ipocritamente che non sia successo niente…
Per quanto riguarda l’aggressione alla ex-Jugoslavia, Napolitano sempre nella sua autobiografia non ne fa menzione: segnala la nascita del governo D’Alema e dice poi “fui chiamato da Walter Veltroni … a seguire la politica europea.”72 in cui la guerra alla ex-Jugoslavia evidentemente non rientrava … Ed è una dimenticanza(???) non casuale, visto che il Nostro si era allora schierato tra gli interventisti umanitari.73 Mentre Napolitano, per anni responsabile del settore esteri del Pci e poi ‘ministro degli esteri ombra’ dello stesso partito, ha ignominiosamente glissato sulla guerra condotta contro la ex-Jugoslavia, Cossiga scrive: “La guerra nel Kosovo: una nuova emergenza internazionale irrompe nella storia e complica la cronaca politica nazionale. [ … ] Fui informato da britannici e americani che la guerra era molto più vicina di quanto non sembrasse da Roma e che all’Italia sarebbe stato chiesto di combatterla sul fronte principale dell’Adriatico. Una decisione così importante non poteva essere affidata ad un governo tecnico. [ … ] Forse è proprio in quel momento che dentro di me si è formata la convinzione che solo D’Alema avrebbe essere potuto essere all’altezza di quel compito. [ … ] D’Alema seppe convincere gli italiani che si trattava di un intervento militare di tipo nuovo, in un mondo che non tollera che siano oppressi i deboli, non ammette i genocidi, la torture, gli stupri etnici. C’è in questo un mutamento progressivo che la sinistra deve assumere come proprio’ ha scritto nel libro ‘Kosovo. Gli italiani e la guerra’, pubblicato nel 1999. Il primo ministro seppe far leva sui principi fondamentali delle battaglie per i diritti umani, argomento tradizionale dei pacifismi più estremi, per giustificare un intervento militare che, al di là di ogni eufemismo dialettico, è impossibile non definire guerra nel senso più tradizionale e terribile della parola. […] Fummo tutti d’accordo a non chiamarla solo ‘guerra’ !”74
8. Questo excursus, in cui ho utilizzato formulazioni cossighiane curvandole—in modo non arbitrario però—aveva uno scopo preciso: suggerire come la riscrittura di sinistra delle vicende del Pci, della resistenza, della Costituzione—dovuta ricollocarsi del Pci stesso entro la dicotomia destra-sinistra e del suo progressivo divenire ed apparire, sinistra esso stesso, sino al suo scioglimento in altro da sè—sia radicalmente falsa e mistificata. Lascio da ultimo ancora la parola a Cossiga: “Veltroni ha detto che non è mai stato comunista. Lui si è iscritto al partito perché era trendly. Faceva fino essere comunista. Quando lui ha detto: ‘Io non sono comunista’, io gli ho subito chiesto: ‘Ma che cazzo sei? Voglio capire.”75 Rispondiamo noi: era kennedyano (e oggi obamiano), cioè filoamericano, il che significa servile dei confronti dei dominanti Usa, come tutta la sinistra odierna che è un ostacolo, un effettivo impedimento all’accrescimento, nella fase attuale, della nostra
70 Napolitano ‘Dal PCI al socialismo europeo.’ Laterza pag. 273
71 Cossiga ‘Per carità di patria. Dodici anni di storia e politica italiana. 1992-2003’ Mondadori pag. 21
72 Napolitano ‘Dal PCI al socialismo europeo.’ Laterza pag. 305-306
73 Si veda ‘Napolitano e Macaluso: scontro sul Kosovo.’ In ‘L’Unità’ del 4 giugno 1999
74 Cossiga ‘Per carità di patria. Dodici anni di storia e politica italiana. 1992-2003’ Mondadori pag. 65 e 80
75 Cossiga ‘Per carità di patria. Dodici anni di storia e politica italiana. 1992-2003’ Mondadori pag. 279
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autonomia e della nostra sovranità nazionale. Rispetto ai rinnegati piciisti che hanno trasformato la loro storia precedente nell’attuale vuoto di memoria storica e dignità politica, fa una certa impressione il Cossiga che intima perentoriamente: “Di fronte a questa vostra assenza, se io fossi un operaio, un impiegato, o meglio ancora un pensionato che ha militato e forse è stato anche perseguitato perché era comunista, mi chiederei e vi chiederei: ma voi chi siete?”76 C’è infatti da chiedersi, parafrasando Gaber, ma ‘Qualcuno era comunista?’
“Ma mentre sulla scena politica si seguono queste banali rappresentazioni, nelle quali tutte le ambizioni umane intessono
la loro menzogna, sullo sfondo giganteggia la maschera sghignazzante della realtà.”
Antonio Gramsci ‘Fuori della realtà’ ‘L’Ordine Nuovo’ 17 giugno 1921
76 Cossiga ‘Lettera. Caro Veltroni mi indigna molto il vostro imbarazzo sul Pci.’ Il messaggero 24 gennaio 2001
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