L’ELEZIONE PRESIDENZIALE, di Giellegi 2 febbraio

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L’elezione di Mattarella mi sembra concludere la lunga transizione iniziata con il piegarsi totale di Berlusconi alla nuova strategia voluta dagli Usa dell’Amministrazione Obama. Questa transizione è stata infatti effettuata con la complicità del leader del centro-destra, tenuta però “sotto coperta”, mascherata da finti malcontenti e moti di opposizione sempre comunque rientrati in nome della responsabilità di fronte alla crisi economica e alla necessità di riforme istituzionali. Di fatto il tutto è stato appunto dettato da oltreoceano, eseguito dal rappresentante degli Usa in Italia (il vecchio presdelarep) e ha attraversato alcune tappe essenziali – sostituzione di Berlusconi con Monti, seguito da Letta – per evitare che l’operazione, condotta troppo in fretta, producesse strappi e malcontenti netti sia in seno al PD che a FI. Si è dovuti infine passare per le elezioni del 2013, con vittoria del centro-sinistra, che hanno poi consentito di affrontare l’ultimo passo: premierato a Renzi, sostanziale democristiano (molto diverso però da quelli dell’ormai sparita Margherita, ancora troppo invischiati con la vecchia prima Repubblica).

Si è appunto fatto passare Renzi per il nuovo che avanza, si è viepiù incapsulato Berlusconi nell’opportuna complicità; e sempre con piccoli passi verso il ben noto patto del Nazareno che ha infine sancito la nascita di fatto del nuovo regime. Per il momento, invece di dare vita ad una forza politica centrista, pur divisa in correnti come la vecchia Dc, si è preferito mantenere l’inganno dell’esistenza del centro-sinistra e di una opposizione di centro-destra, appunto responsabile e leale; sempre pronta con inefficaci punture di spillo a fingere di stimolare il governo alle riforme mentre invece ha lasciato libero campo alla formazione dell’organizzazione politica – sostitutiva di quella ormai fallita rappresentata dai postcomunisti, cui “mani pulite” aveva tentato di assegnare tutto il potere per conto degli Usa – destinata ad amministrare il paese nel corso della complessa operazione tesa a far restare integralmente l’Europa nella sfera di influenza americana. A questa organizzazione, guidata da Renzi, non si oppongono più con una qualche energia né la sfilacciata e sfibrata opposizione interna al Pd né quella esistente nel centro-destra, in cui vi è senz’altro forte malcontento per il “tradimento” berlusconiano; malcontento impossibilitato tuttavia a tradursi in vera alternativa poiché per troppo tempo si è lasciato il “nano” manovrare indisturbato come padrone del partito.

Adesso è troppo tardi per queste vecchie forze. Il passaggio al regime Renzi, con la spalla (sempre più sbiadita e succube) di Berlusconi, è fatto essenzialmente compiuto. A questo punto era inutile, anche se non troppo pericoloso, eleggere presdelarep Amato o Prodi (gli altri candidati erano di pura facciata). Mattarella è sufficientemente rappresentativo del vecchio: la DC di “sinistra”, quella più convinta del “compromesso storico” con il Pci, quella che ha accettato di rendersi minoritaria rispetto ai post-piciisti, sapendo che comunque avrebbe svolto un ruolo importante nel centro-sinistra successivo a “mani pulite”. Il più incisivo personaggio politico della “sinistra” Dc in combutta con i postpiciisti è Prodi. Mattarella non è però diverso come origine da quest’ultimo, ma è più grigio, più scolorito, sembra poter meglio seguire, come un’ombra, il nuovo regime di fatto “centrista”. Alcuni si affannano a ricordare che anche Scalfaro sembrava un personaggio simile mentre poi si è dimostrato più grintoso. Si tratta, a mio avviso, di un errore. Scalfaro ha avuto come compito quello di combattere Berlusconi che, per difendere i propri interessi messi in pericolo dai post-piciisti, si è messo in mezzo rappresentando l’inizio del fallimento dell’operazione messa in moto, da oltre atlantico, con “mani pulite”.

Oggi non c’è bisogno, o almeno così sembra, di combattere qualche nuovo “granellino” venuto ad ingrippare la ruota che gira a favore di Renzi. La scelta di Salvini e della Meloni di votare Feltri è di una povertà politica tale da far dormire sonni tranquilli al premier, con la sua appendice (mascherata) rappresentata da Berlusconi. Mattarella sembra quindi rappresentare il giusto grigiore per un regime che adesso deve andare avanti incontrastato a favore degli Usa. L’operazione fallita con i post-piciisti nel ’93-’94 viene attualmente riproposta in forme diverse; e sembra viaggiare in acque relativamente tranquille. I malumori residui nel Pd e in FI sono per il momento vecchiume in progressiva ritirata. Forse qualche possibilità di resistenza maggiore si trova negli scontenti interni al centro-destra, mentre mi sembra che i “grillini” siano destinati ad un eterno “pasticcio”.

A questo punto, il nodo centrale della questione è rappresentato da un eventuale malcontento di massa che si traduca momentaneamente in astensionismo elettorale. Tuttavia, non so se veramente, come qualcuno sostiene, Renzi voglia andare ad elezioni nella primavera prossima. Ciò dipende da sondaggi non addomesticati come quelli che ci vengono ammanniti dopo l’elezione del presdelarep, secondo cui Renzi sarebbe in vertiginosa ascesa. Ci sono in realtà molte probabilità che si cerchi di tirare avanti fino al 2018, sperando in una in fondo possibile ripresina. Ripeto quanto detto più volte: non siamo a crisi del tipo 1929, ma ad una stagnazione simile a quella di fine XIX secolo; una stagnazione in cui vi furono andamenti altalenanti e con ripresine ora in un’area ora in altra, ecc. A questo punto, è soprattutto necessario appurare quanto malcontento (per ora di tipo apolitico e antipolitico) vi sia nel paese dopo l’elezione a presidente di un rappresentante della vecchia politica democristiana (di “sinistra”, a quel tempo interessata al “compromesso storico” come inizio della discesa agli Inferi del nostro paese).

L’eventuale malcontento antipolitico deve però essere presto interpretato – con una almeno iniziale, embrionale, direzione dello stesso – da crescenti nuclei di forze prive dei vecchi orpelli della passata politica. Bisogna cominciare ad individuare quali sono questi vecchi orpelli, cioè quali sono i più frenanti per la nascita di nuove organizzazioni politiche. Se passerà troppo tempo, è evidente che lo sfilacciamento del paese, la disgregazione del suo tessuto sociale, il prosciugarsi di ogni linfa minimamente vitale, l’imputridire e incepparsi dei vari organi, centrali e periferici, di amministrazione faranno passi da gigante. Non si riuscirà più ad invertire la tendenza ad una semicolonizzazione del paese, di cui l’inglese parlato da Renzi è una comica rappresentazione. L’astensionismo magari si cronicizzerà e chi ha in mano le redini dell’inettitudine e nullità del ceto detto politico continuerà nel suo nefasto gioco, che conduce ad un disfacimento dell’Italia in ogni suo comparto sociale e ad un’autentica catastrofe culturale, cui stiamo assistendo da decenni. Cominciamo a smuovere le acque!