L’onestà in politica è la capacità politica

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“La grandezza politica o la prosperità economica di un popolo può benissimo essere raggiunta sotto un governo di delinquenti.”(Giuseppe Rensi)
Anzi, diciamolo, ciò accade molto più spesso sotto regimi guidati da persone immorali che sotto quelli dei moralisti, i quali, va detto, non sono in fondo meno immorali, ma sono infinitamente più ipocriti. Costoro sprecano il tempo e le energie dei cittadini a disegnare arcadie di onestà e purezza che nessuna società umana potrà mai raggiungere e lo fanno insinceramente, per foia di facili consensi e demagogiche scorciatoie. Chi ha le mani pulite non ha le mani e nemmeno il cervello. Meglio un dittatore con le mani sporche di sangue (che poi è la sbrigativa descrizione proveniente dai nostri imbelli politicanti da strapazzo) che i manipoli di fessi dai quali siamo sgovernati.

L’appello alle forze morali o etiche, sempre scarse nell’uomo che resta una delle bestie peggiori su questa terra, serve loro solo da viatico per il perseguimento di interessi personali che, una volta raggiunti, si rivelano ben più striminziti e miseri di quei grandi ideali pubblici tanto sbandierati quanto immancabilmente disattesi. Irrealistici nella forma e nella sostanza se non in rarissime circostanze storiche.
Non a caso, uno dei periodi di massimo splendore dell’Italia fu quello del Rinascimento, “quando si amava, si odiava e si ammazzava il nemico” senza troppe cortesie, con congiure e pugnalate alla schiena tanto frequenti da essere parte integrante delle attese sociali.
Lo ricorda bene Harry Lime, interpretato da Orson Welles nel celebre film Il terzo uomo:
“In Italia, sotto i Borgia, per trent’anni abbiamo avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma abbiamo prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e cos’hanno prodotto? L’orologio a cucù.” E ora nemmeno quello, solo chiacchiere con la censura incorporata.
I virtuisti dalla morale specchiata, i giustizialisti pre-elettorali e i furbastri postincaricati, i dípietrini di un tempo e i residuati globali di oggi, non hanno mai fatto nulla di buono, troppo impegnati a farsi i fatti propri e troppo timorosi per occuparsi davvero di quelli generali che costano rischi immani. Questurini e incarceratori dei peccati altrui, si sono sempre assolti da sé, affondando nell’inconsistenza e nella piccolezza politica, spesso chiudendo la propria carriera con miserabili arricchimenti personali, scoperti dall’ultimo purista che ti epura o da beceri poteri mai veramente divelti che scaricano l’utile idiota di turno oramai consumato.
E ancora oggi, paghiamo le conseguenze di quella stagione giustizialista chiamata Tangentopoli, che ci ha restituito la peggiore classe politica del dopoguerra, mai così servile, mai così inutile. Quest’ultima vorrebbe persino mettere l’elmetto in testa ad un popolo che ha coglionato e poi rincoglionito anche se non ancora al suo livello. Povera patria.