Non minibot ma maxispesa

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Se qualcuno e’ intenzionato a farci credere che i minibot siano la porta per imboccare l’uscita dall’euro cerca di prenderci in giro. Gli economisti sono ormai dei commedianti, pro o contrari a simili iniziative, sono portati ad ingigantire le piccole questioni perché incapaci di affrontare le grandi. Non hanno veramente idea su come far finire questa crisi, ormai più che decennale. In primo luogo, col minibot, non si crea nuova moneta. Altrimenti dovremmo considerare tale anche i buoni pasto coi quali si fa la spesa al supermercato. Ma il valore nominale di un buono pasto, che comporta dei rischi maggiori per il negoziante, viene arbitrariamente ridotto dallo stesso (anche di un 20%) o addirittura rifiutato, perché emesso a volte da imprese poco solide. Ho assistito personalmente a queste scene alla cassa dei vari market. Molte società che gestivano i buoni sono fallite, lasciando i commercianti con carta senza valore tra le mani. E’ vero che un minibot avrebbe garanzia statale, tuttavia, una serie di limitazioni legali lo rendono in partenza diverso dal “cash”. Se posso scegliere tra minibot e gli euro io stesso non manifesterei dubbi a favore dei secondi. In ogni caso, occorre chiarire un concetto. Emettere un titolo significa sottrarre reddito ai privati e aumentare il debito dello Stato. Col minibot si rinomina un debito preesistente e lo si rifonde più velocemente con alcune restrizioni. È un gioco a somma zero, nel quadro economico generale. Con questi palliativi non si va da nessuna parte benché segnalino almeno un po’ di buona volontà rispetto alle chiusure degli anni scorsi, in cui dominavano certi espertoni di economisti che sapevano solo inorridire di fronte a qualsiasi idea che non fosse in direzione dell’austerità e del rispetto delle regole europee, troppo stringenti per i paesi in difficoltà. La domanda statale, per avere effetti anticrisi, in questa situazione pesante, deve essere in deficit di bilancio. Si devono mettere in moto i fattori produttivi che servono per compiere le grandi opere pubbliche. Stampare moneta non si può perché ormai non è controllata dal nostro istituto centrale. Si trovino altri sistemi e si impegnino in questi studi gli economisti veri. Forse i minibot daranno un po’ d’aria alle imprese che contano su certi crediti non ancora incassati ma non risolveranno i problemi centrali del complessivo sistema economico. Come al solito gli studiosi di economia si fanno la guerra sulle quisquilie e non vedono i grandi temi. Utilizziamo invece il rasoio di Occam, almeno per invertire la rotta. Se in questi anni si è operato per garantire il pareggio di bilancio, ricorrendo a misure che chiamare draconiane è poco, si proceda adesso in direzione opposta con uguale forza e insistenza. Alto che mini, qui ci vogliono iniziative maxi. Non è vero che si corrono quei pericoli del passato, allorché l’eccesso di statalismo (effetto di un keynesismo ideologizzato) determinò enormi sprechi accompagnati da episodi di parassitismo e assistenzialismo. L’epoca è profondamente cambiata. Ora servono seriamente grandi investimenti, in quasi tutti i settori, prediligendo ovviamente quelli più tecnologici e strategici. La crisi del ’29 è l’episodio storico più vicino a noi in cui si è operato in detto modo, anche se quella situazione non si risolse esclusivamente grazie al New Deal. Si definì dopo la guerra, allorché fu chiaro chi fossero i vincitori e i vinti dei conflitti internazionali. Si deve quindi comprendere che l’attuale disordine mondiale, con crisi sia economiche che politico-militari di sempre maggiore acutezza, è determinato da uno squilibrio maggiore che imperversa in un campo geopolitico in via di sfaldamento, non più globalizzato (come lo era durante il monocentrismo Usa), o bipolarizzato (nell’epoca del dualismo Usa-Urss), popolato da molti agenti non interessati a coordinarsi ma ad approfittare delle occasioni per estendere la propria egemonia. Ecco perché la crisi, adesso ancora assimilabile ad una lunga stagnazione, ridiventerà presto un vero caos (peggio di quando è principiata con gli scandali sui derivati). Probabilmente ci troviamo in un periodo simile a quello di depressione del 1873-95, allorché iniziò il declino inglese, principale centro regolatore dell’economia mondiale di quei tempi. Adesso è la relativa decadenza americana a favorire un contesto di speculare incertezza. Si arriverà probabilmente ad un altro ’29, anche se nulla si ripete in forma uguale, quanto più ci avvicineremo al policentrismo, in cui la guerra di tutti contro tutti per la preminenza si farà più decisa; e noi stiamo qui ad aggrapparci ai mini-bot? Ci vuole ben altro, una maxispesa statale per esempio, e non perché ciò agevolerà la fine delle difficoltà economiche ma solo per resistere meglio alla tempesta dei prossimi anni. Uno Stato serio che vuole sopravvivere deve spendere, rafforzarsi nei comparti avanzati, pensare alla propria penetrazione estera arrivando a deridere i vincoli che qualcuno vuole imporgli da fuori in ossequio ad una fasulla unità europea. Questa è la strada da seguire, tutto il resto è sudditanza.