Non si salva nessuno

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Tutti i nostri politici sono servi ipocriti e farabutti degli Usa. Sono funzionari pro tempore dell’impero americano. Tutti, nessuno escluso. Anzi, quelli che urlano di più lo sono ancora di più, gareggiano per distinguersi nel leccaculismo, ambiscono a essere la lingua più efficiente del sistema. Questo è il punto di partenza imprescindibile di qualsiasi analisi politica. Se non si parte da qui, si finisce fuori strada. L’Italia non è solo un Paese rientrante nella sfera d’influenza americana, la Penisola è un territorio presidiato da installazioni militari statunitensi. Durante la Guerra Fredda, la sua posizione di avamposto verso l’URSS le garantiva un certo trattamento di riguardo. Ma dopo il crollo del mondo bipolare, l’Italia ha cessato di avere un ruolo attivo, riducendosi a mera terra occupata e a servizio degli interessi americani, comme il faut. Per questo, chiunque aspiri a una carriera politica in Italia deve essere pro-USA e contro ogni avversario di Washington.
Le posizioni assunte dai nostri leader riflettono questa sudditanza, sono rigide, dogmatiche, e giustificano ogni azione dell’alleato americano, anche la più discutibile, salvo poi condannare, quando compiute dai nemici dell’America, le stesse identiche azioni, anche se in scala minore. È sufficiente osservare l’evoluzione (o meglio, l’involuzione) di tutte le forze politiche una volta approdate al governo. Se da opposizione sollevavano dubbi o critiche, da maggioranza si piegano subito al volere dell’egemone, rinnegando ogni parola precedente. Da qui nasce la loro doppiezza storica.
Se la Russia interviene in Ucraina perché provocata dalla NATO, allora si grida all’aggressore e all’aggredito. Se invece gli Stati Uniti attaccano l’Iran, si sostiene che l’aggredito se l’è cercata perché avrebbe intenzione di dotarsi della bomba atomica. Che sia vero o no, poco importa. Anche se fosse proprio così, sarebbe un diritto legittimo, alla pari di quello degli altri Paesi che già la possiedono. Ma noi dobbiamo raccontare che c’è un pericolo, perché così vogliono gli Stati Uniti e i loro sgherri, ai quali è concesso persino ammazzare donne e bambini in nome di un’autodifesa fittizia. Allo stesso modo, non costituisce mai una violazione del diritto internazionale qualsiasi ingerenza umanitaria che abbia per protagonista la Casa Bianca o il Dipartimento di Stato Usa. C’è sempre un dittatore da abbattere, una democrazia da esportare, un pretesto da far valere, persino di natura etica o morale. Noi siamo i giusti gli altri sono sbagliati. E nessuno ricorda che gli unici ad aver mai lanciato due bombe atomiche sulla popolazione civile, quella giapponese, sono stati proprio gli americani che oggi fanno la morale al mondo sui rischi della bomba islamica.
Ma andiamo oltre. Anche chi predica un mondo senza guerre, spesso senza accorgersene, finisce per fare il gioco di chi detiene ancora il monopolio della forza mondiale hic et nunc. Poiché quel monopolio potrà essere incrinato solo da un altro conflitto risolutivo, dovremmo quindi smetterla di demonizzare la guerra in quanto tale. Condannare la guerra a priori è una sciocchezza, l’uomo non diventa migliore con le parole. Sono le guerre che modificano i rapporti di forza. E quando un polo di potere è eccessivamente arbitrario, solo una guerra ben condotta può impedirgli di agire in modo unilaterale e a proprio esclusivo vantaggio.
A voler scavare più a fondo, si deve riconoscere che le guerre servono anche a risolvere conflitti che, se trascinati troppo a lungo o nascosti, generano danni ancora maggiori rispetto a uno scontro frontale (lo dicevano tanto Schmitt che Ortega y Gasset e prima di loro i padri nobili della scienza politica). Americani, russi e cinesi lo sanno bene. Tutti si preparano a quel momento, ma con approcci diversi.
A chi osserva che Russia e Cina stanno a guardare mentre l’Iran viene attaccato, bisogna rispondere che, al momento, solo gli Stati Uniti sono in grado di intervenire a difesa dei propri protetti, come Israele. Sono loro a detenere la leadership delle sfere d’influenza e a comportarsi da polizia globale. Cina e Russia, invece, esercitano una certa influenza su alcuni Paesi, con cui collaborano per creare un fronte antagonista agli USA. Tuttavia, non possono esporsi direttamente. Primo, perché non sono protettori ufficiali di nessuno; secondo, perché non si fidano pienamente di classi dirigenti che non sono loro diretta espressione e che, domani, potrebbero cambiare campo. E di questi cambi di casacca, ciascuno per le proprie convenienze, ne vedremo ancora molti.
Questo è ciò che distingue i Paesi come l’Italia, che obbediscono ciecamente a Washington, da quelli che ancora si muovono nella logica del futuro multipolare. Per ora, gli antagonisti degli Stati Uniti si stanno rafforzando, si stanno posizionando per uno scontro generale che trasformerà le attuali amicizie e collaborazioni in vere e proprie alleanze. Fino ad allora, ciascuno agisce per sé, con il supporto degli altri, ma senza gerarchie precostituite. Russia e Cina stanno certamente aiutando Teheran, ma in modo non autoritario, non secondo la logica servo-padrone che domina invece l’Occidente. La Terza guerra mondiale non scoppierà finché questi posizionamenti non si perfezioneranno per una dinamica oggettiva che si è innescata da alcuni decenni. Quando i conflitti per interposta potenza e quelli carsici arriveranno a saturazione la guerra totale diventerà l’unica via d’uscita per superare una paralisi pericolosa per tutti. Più degli odiosi bombardamenti americani su Teheran oggi e in Iraq, Afghanistan, Libia, Siria ieri. È vero, la tecnica e la tecnologia hanno reso la guerra molto più distruttiva. La Prima guerra mondiale fu più feroce delle guerre precedenti; la Seconda più devastante della Prima; la Terza sarà diversa da entrambe, e forse ancora più atroce.
Tuttavia, lo scopo della guerra non è distruggere il mondo, ma conquistarlo e affermare un dominio. Se non ci fosse nulla da dominare o da conquistare, nessuno farebbe la guerra. Nessuno lotta per un pugno di mosche. Ecco perché la celebre frase di Einstein: “Non so con quali armi si combatterà la Terza guerra mondiale, ma so che la Quarta si combatterà con pietre e bastoni”, è insensata. Gli uomini non si contendono più le caverne. Se il rischio di annientamento fosse davvero concreto, troverebbero il modo per evitarlo. Non perché sono naturalmente buoni ma perché non sono scemi.
La Terza guerra mondiale sarà diversa dalle precedenti, forse più violenta e mortifera, certamente più sofisticata ma non segnerà la fine del pianeta, darà vita a un nuovo ordine mondiale che toglierà vantaggi a qualcuno e li fornirà ad altri. Se questi vantaggi non esistessero per nessuno semplicemente non si farebbe la guerra. Probabilmente, per qualche millennio o milione di anni useremo ancora l’orbe terraqueo per i nostri scopi.