Nuova strage a Parigi di A. Terrenzio

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Dopo appena dieci mesi, dalla strage alla redazione di Charlie Hebdo, Parigi torna ad essere l’epicentro europeo di attacchi terroristici rivendicati dall’Isis.

Otto terroristi islamici hanno fatto irruzione armati di Kalashnikov nel teatro Bataclan, sparando nel mucchio e provocando una carneficina Altri luoghi pubblici sono stati teatro di un attacco sincronizzato e pianificato da professionisti.

Il bilancio provvisorio, in termini di vittime, e’ il piu’ pesante mai registrato in una capitale Europea: 129 morti ed oltre 350 feriti.

L’’intezione è di paralizzare nel terrore tutti i cittadini europei: ogni luogo, d’ora in poi, sara’ un possibile bersaglio.

Hollande , dall’Eliseo, ha dichiarato: “la reazione della Francia contro i terroristi di Daesh sara’ impietosa”.

Parole ipocrite se si pensa al ruolo svolto dalla Francia nel sostegno ai c.d. “ribelli moderati”, contro il governo leggittimo di Assad, e nella distruzione della Libia di Gheddafi.

La Francia paga il prezzo, salatissimo, di una politica estera sbagliata ed irresponsabile che, con la complicita’ degli Usa di Obama, ha destabilizzato intere aree del nord Africa e del Medio Oriente, spalancando le porte ai tagliagole del Califfato.

E’ evidente però che il disegno anti-Assad, tramite il sostegno a tali bande di fanatici, doveva avere delle ricadute sul suolo Europeo.

Perche’ la Francia?

A poco tempo da tale attacco non si possiedono gli elementi per capire bene come mai la Francia sia stato l’obiettivo prediletto dei fondamentalisti islamici, ma diverse osservazioni ci portano a sostenere che fattori come la destabilizzazione di Paesi governati da regimi laici piu’ l’evidente cortocircuito di un modello “multiculturale” fallimentare siano i principali elementi da prendere in esame.

Giovani arabi ed africani, di seconda e terza generazione, cresciuti ed emarginati nelle “banlieaux” parigine, non si sono mai pienamente integrati nel tessuto sociale e culturale francese, divenendo facile preda della propaganda dell’islamismo radicale, esponendo cosi’ la Francia a possibili ‘effetti collaterali’.

Va menzionata anche la politica scellerata delle “porte aperte” sostenuta dalla “guache cauviar”, con tutte le Boldrini in versione francese e i vari Bernard Henry Levi, I quali hanno prima esortato i bombardamenti su Libia e Siria e poi invitato al buonismo dell’accoglienza indiscriminata i milioni di disperati pressanti ai nostri confini.

Tuttavia, aleggiano ancora enormi dubbi sulla dinamica dell’attentato. Possibile che i servizi di intelligence d’oltralpe, a nemmeno un anno di distanza dall’attentato alla redazione di CH, si siano fatti raggirare ancora una volta, in maniera cosi’ sorprendente? Che sia sfuggito loro il controllo di individui e di armi che transitavano all’interno del territorio francese?

Delle due l’una: o i servizi francesi sono totalmente incompententi ed inadeguati, oppure (ipotesi da non scartare), essi hanno agito con prudenza per non svelare il il loro doppiogioco, come certe connivenze indicibili con i terroristi.

A proposito dell’impreparatezza dei servizi transalpini, Maurizio Blondet, in un suo editoriale, giuge a considerare anche l’ipotesi di una “false flag”. Se il fuoco della propaganda portera’ i media occidentali ad alzare il livello di scontro in Siria, contro Assad, e quindi contro la Russia di Putin, il retropensiero sarebbe legittimo. Si chiama “strategia della tensione”.

In un momento in cui le forze del Califfato sembravano arretrare di fronte all’offensiva dell’esercito siriano, grazie all’assistenza russa, il terrorismo d’esportazione potrebbe essere utile a coprire gli errori americani e rifidelizzare i partner dubbiosi, già sul piedi di smarcarsi dall’amico Atlantico.

Anche se Obama e Putin si sono appena incontrati al G20 di Antalya, in Turchia, per discutere di terrorismo e di immigrazione, difficilmente potremo aspettarci un cambio di orientamento da parte loro, di certo non sono disposti ad attuarlo gli strateghi del caos di Washington e i loro subordinati leader Europei.