PAROLE CHIARE

Ci si ricorderà che, quando tutti erano convinti del disarcionamento di Berlusconi il 14 dicembre 2010 (dopo che Fini aveva portato a termine l’operazione per cui probabilmente era andato pure negli Usa), manifestai non certezza ma convinzione che non sarebbe accaduto nulla del genere. Con chi poteva essere sostituito il premier in quel momento? Non sapevo allora cos’era in gestazione negli Usa nei confronti del Nord Africa (e quel che abbiamo visto finora è nulla rispetto all’immediato futuro), tuttavia immaginavo che non si potesse sostituire Berlusconi d’emblée. Da quel giorno – pur, come già detto, non sapendo cosa si stava preparando per l’anno entrante – questo blog ha dato per scontato che iniziava la fine del Cavaliere. La sciocca reazione del centro-destra al “tradimento” di Fini (tentativo di incastrarlo con scandali immobiliari, dopo aver sempre sostenuto che la magistratura era d’accordo con le varie operazioni antiberlusconiane), il non indire elezioni quando era del tutto chiaro che in quel momento il premier le avrebbe stravinte, l’affidarsi a piccole manovre da “prima Repubblica”, cioè a quel “teatrino della politica” di cui aveva sempre detto peste e corna, ecc. ecc. dimostravano a iosa che l’uomo era ormai “schiavo” di qualche “potere forte”, era ormai “ammanettato”, doveva solo servire da copertura per nuove manovre in avanzata che ci avrebbero ridotti a meno di zero.

Non sapevamo quanto stava per avvenire, ma eravamo consapevoli che dietro ogni e qualsiasi manovra ci sarebbero stati gli Usa (e non “in genere”, ma proprio gli ambienti obamian-clintoniani). Avevamo già preso atto che Berlusconi, “amerikano” per eccellenza, era stato in grado di mettere a segno alcune operazioni tutto sommato favorevoli ai “colori nazionali” solo perché gli Usa (quelli “precedenti”) si erano intestarditi nella guerra al terrorismo, iniziata con l’attentato alle “due Torri”, su cui non pronuncio verdetti, salvo dire che è stato in ogni caso un “accadimento” molto favorevole alla strategia centrata su di una zona cruciale dell’Asia. Che ci fossero cambiamenti strategici in atto, l’avevamo colto già negli ultimi due anni della presidenza Bush (liquidazione di Rumsfeld alla fine del 2006), ma ci si accorgeva dell’accelerazione “obamiana” (solo un nome di “rappresentanza”, ben s’intende).

Lo “scazzo” con McChrystal e la sostituzione di quest’ultimo con il generale che aveva già provato la nuova strategia (del caos e delle lotte “interne” all’avversario) in Irak, le diatribe sull’elezione di Karzai (elemento da utilizzare per un nuovo corso della guerra ai talebani), prima invalidata e poi confermata, le discussioni sul ritiro dall’Afghanistan – un ritiro puramente annunciato, mai veramente iniziato, ma che comunque era un segnale lanciato in “certe” direzioni” – l’assassinio (vero o presunto proprio non conta) di Bin Laden, tranquillamente rifugiato in una villa (rifugio non certo sconosciuto ai Servizi pakistani e quindi anche a quelli americani, basta con le balle!), un assassinio che voleva indicare una possibile svolta verso la fine della commedia della lotta al terrorismo (e quindi un mutamento di tattica o strategia); tutto questo, e altro ancora, erano avvertimenti di cambiamento in “qualche altra direzione”.

La nuova non era ancora chiara – l’abbiamo conosciuta a partire dall’inizio di quest’anno – ma avevamo colto la fine della “libertà” (pur minima) concessa a Berlusconi. E avevamo ben interpretato che il reale “governo” in Italia era nelle mani del “vecchio” ambasciatore del Pci negli Usa (1978), viaggio che aveva già marcato cambiamenti all’epoca rilevanti. Oggi è divenuto il garante di operazioni che ormai non lasciano margini di manovra al nostro paese. Berlusconi è soltanto una delle “maschere” nell’ambito della drammatica “commedia dell’arte” (assai scadente in verità) in svolgimento sulla nostra pelle. Tutte le finte resistenze, riluttanze (paradigmatica la sceneggiata sull’aggressione alla Libia), la demenziale campagna elettorale nelle amministrative e referendaria, la disastrosa pantomima relativa alla manovra finanziaria, ormai lo indicano come il prossimo “agnello sacrificale”. Del tutto esplicita l’incredibile intervista di Buttiglione all’“Avvenire” in cui si dice senza veli quello che ripetiamo da mesi: ritiro del premier in cambio di garanzie per le sue aziende e i suoi processi. Siamo ormai in pieno colpo di Stato più ancora che con “mani pulite”. Allora si riuscì a nascondere la sporcizia di quelle “mani”, oggi si dice apertamente qual è il fine.

Tuttavia, non cadiamoci anche questa volta. Se lo si dice così scopertamente è perché il fronte di coloro che vogliono sostituire Berlusconi è anch’esso all’ultima spiaggia; o riesce nella schifosa manovra o altrimenti possono subentrare altre operazioni molto più drastiche e significative. Chi conosce la storia di Frankestein sa bene che è pericoloso creare un Mostro; ucciderlo diventa poi complicato, poiché egli è talmente connaturato con il creatore (la “sinistra” dei rinnegati e traditori, il complesso industrial-finanziario di tutti i peggiori parassiti del paese) che la sua morte, se vuol essere effettiva, deve coincidere con quella di questi farabutti e mascalzoni, autentici mostriciattoli dei cui aberranti caratteri la Creatura è soltanto lo specchio. Rompiamo pure lo specchio, ma i mostri reali, i nostri incubi, restano nella loro ributtante concretezza. Sono questi che dovrebbero essere presi per primi e processati per alto tradimento in diretta TV a monito della fine di tutti i felloni che da vent’anni tramano per il servaggio di questo paese, per l’impoverimento dei suoi cittadini a vantaggio di coloro che oggi si pongono in Europa come i primi “sicari” degli Usa; con l’Inghilterra che stenta a tenere la posizione e Francia e Germania che scalpitano per la “promozione” definitiva.

Quel che dice Buttiglione non è una boutade, è solo il segnale lanciato – tramite un quaquaraqua che si può smentire e “bruciare” se necessario – da coloro la cui eccitata fretta non nasconde più la paura di non farcela a restare i più fedeli e blanditi lacchè di Obama e soci. Tanto che uno che se ne intende, il bombardatore della Jugoslavia al seguito di Clinton, si inalbera perché avverte uno scalpiccio troppo confuso tra i pretendenti sostituti, con il rischio di portare in primo piano dei Berlusconi “di sinistra” (tipo Montezemolo e Profumo), quando la vera politica di asservimento ha sempre i poteri economici dietro le quinte e gli esecutori in “avanscena” nella sfera della politica, dello Stato.

Il ricatto posto così scopertamente da Buttiglione è dunque segno di nervosismo e inettitudine; inoltre saranno stati senz’altro preavvertiti il riferimento padronale esterno (gli Usa di Obama) e il loro plenipotenziario italiano, ma non credo che questi abbiano dato alcun avallo esplicito alla mossa. E’ tutto un gioco infame che si sta svolgendo sulle nostre teste di “poveri sudditi”. Per il momento la situazione è chiara nella sua sostanza, non nelle forme di evoluzione. Berlusconi non conta più nulla, sopravvive ma non governa effettivamente, copre solo il predominante straniero e coloro che compiono ormai malversazioni continue in Italia. Nello stesso tempo il nostro paese è malmenato nel contrasto tra sicari degli Stati Uniti, che si mollano botte sotto la maschera della cooperazione (maschera sempre più logora e strappata), per essere i primi tra i servi in Europa. Anche questo è sintomo del mutamento strategico statunitense; dall’Asia all’Europa e Medio-oriente, passando per il Nord Africa che è solo un “tramite”.

Tale mutamento ha messo in luce una pericolosa debolezza russa (per divisioni anche interne, almeno sembra). E’ questa ad aver contribuito all’affondamento di Berlusconi e allo scatenamento di altri appetiti a livello internazionale. Molto rilevante quello turco, ormai in pieno attrito con Israele per assumere il ruolo di principale subpotenza di supporto alla Nato (americana) in quell’area. Anche l’Egitto sembra muoversi di concerto con la Turchia contro Israele. In una simile configurazione internazionale nel sud-est (europeo oltre che medio-orientale e forse pure caucasico, almeno credo), sarebbe stata importante una diversa politica russa, non così cedevole e intimorita. L’Iran è ben noto quale avversario di Israele, ma lo diventerebbe pure della Turchia, spostandosi quindi verso est se la Russia attuasse decisioni ben differenti da quelle ultime. Comunque, si tratta di problema a noi connesso per i suoi riflessi, ma con caratteristiche proprie.

Impossibile dire con certezza per quanto tempo ancora Berlusconi, ormai verso la fine del suo “politicantato”, sarà lasciato durare nella sua fittizia carica in assenza di candidati sicuri, e non fra loro litiganti, per la successione. Non si tratta però tanto di questo o quell’individuo quanto di politiche da attuare, perché comunque l’attacco dei nostri vicini europei mette in difficoltà tutta la dirigenza italiana. Chi prenderà il governo dovrà assumersi responsabilità pesantissime. E’ ormai necessario affermare con nettezza che non vi è più alcuna alternativa meno peggiore per questo paese allo sbando. Al presente, e per un periodo futuro non precisabile, il nostro sfascio è assicurato. Non vi è altra scelta che quella di perseguire, nei tempi oscuri non brevi che ci attendono, una propaganda di tipo nazionale. Sia però chiaro che non è possibile alcuna forma di autarchia. Bisogna semplicemente protestare contro la finzione dell’Europa, bisogna individuare nei suoi principali paesi forze attente alle prerogative nazionali e pronte dunque ad allearsi fra loro proprio in funzione antieuropea; cioè, diciamo più precisamente, anti-UE, perché qui allignano le forze dell’asservimento agli Usa.

Stiamo finalmente notando sussulti indipendentisti in questo nostro paese in mano ai servi dello straniero. Tuttavia, abbiamo le più vive perplessità circa certe proposte fatte, ad esempio l’acquisto di titoli del Debito Pubblico da parte di italiani, tenendo conto che il nostro risparmio individuale è assai alto. Non credo bastino generici patti tra il “popolo” (indefinito nella sua effettiva composizione sociale) e un Governo che sia formato dagli schieramenti attuali. Tutti, dal centro-destra fino addirittura ai piccoli gruppetti che si fingono “antimperialisti” (passando per i già citati rinnegati e traditori che si chiamarono comunisti e oggi sono il “centrosinistra”), sono una grande massa di “paraculi” asserviti ai “cotonieri” d’Italia, guidati dalla Confindustria e da banchieri ignobili, con al vertice una posizione di Stato importante che funziona da collegamento tra gli ambienti “obamiani” (sempre un nome di rappresentanza) e gli schieramenti in oggetto.

Sarebbe molto più decisivo chiedere direttamente, e senza infingimenti di prestito a interesse e rimborsabile (ai cittadini), un reale contributo di solidarietà. Andrebbe però richiesto soltanto quando si fosse già insediato un governo di autentica salvezza nazionale. Pensare ad un insediamento per le vie tradizionali, dette democratiche quando sono continuamente disattese e orientate in senso antinazionale, è ingenuo. Altre dovrebbero essere le strade, e assai dure e drastiche, da percorrere; spazzare via innanzitutto gli schieramenti attuali e controllare adeguatamente, pronti ad interventi d’urgenza, i “cotonieri” e banchieri felloni. Non è con mentalità da “tecnici finanziari” che risolveremo i problemi della dipendenza italiana da poteri esteri, con “quinte colonne” interne. I “metodi d’eccezione” sono ben noti. Il problema è la mancanza di autorità politica ad hoc; perché i nostri apparati di Stato sono inquinati da sessant’anni e passa di sudditanza alla Nato comandata dagli Usa. Se non ci diciamo queste verità, si pesterà solo acqua in un mortaio.

E’ ovvia la necessità di individuare e collegarsi con forze che abbiano gli stessi intendimenti nazionali in altri paesi vicini (i più importanti). Tutte insieme dovrebbero aggredire duramente gli organismi della UE, puri marchingegni ideati per il nostro “comune asservimento”. Sarebbe indispensabile una ostpolitik, ma in concomitante rafforzamento del paese che in quell’area ha subito evidentemente – grazie al mal inteso “socialismo” e al suo “crollo” inevitabile – guasti più duraturi del previsto, dopo un periodo di nascita e crescita di una grande potenza, rimasta però poi in surplace e putrescenza per decenni. E sarebbe infine necessario un vero confronto, e pure scontro, con gli Usa; come minimo per “consigliarli” a riprendere il loro sguardo (d’inizio secolo) rivolto “più a oriente”, oltre la Russia, verso il sud-est asiatico e l’area del Pacifico. Adesso siamo invece al “tallone di ferro” sull’Europa, all’utilizzare la Germania a nord e la Turchia a sud per creare dissidi interni al sedicente “mondo occidentale”, con una complessiva dipendenza e adesione alla strategia statunitense del caos, sperando infine in un progressivo e “strategico” accerchiamento della Russia indebolita.

In attesa – chissà per quanto – di sviluppi oggi lontani dalle possibilità reali, mi accontento di chiudere come il “carbonaro” dott. Montanari (interpretato da Robert Hossein nel bel film di Magni “Nell’anno del Signore”, così malinconico, struggente e disincantato), subito prima di infilare la testa nella ghigliottina:

 

POPOLO, BUONA NOTTE!