PER PUTIN E PER LA RUSSIA

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salvini putin-2Si tratta di un articolo di Luciano Fuschini apparso on line su Il Giornale del Ribelle intitolato “Per Putin, ma non perché sia il Buono, http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=49651”. L’autore afferma già nell’intestazione un concetto sacrosanto benché il punto fondamentale non sia il sostegno alla persona del leader ma ad un intero gruppo dirigente, cioè alle sue scelte politiche in ambito nazionale e, soprattutto, internazionale, di cui il capo è terminale carismatico e calamita di consensi. Qualche tempo fa ne abbiamo discusso anche sul nostro sito nel pezzo “Alcuni modi di essere filorussi. Solo uno quello corretto, http://www.conflittiestrategie.it/alcuni-modi-di-essere-fil…”, dove affermavamo che: “Essere filorussi…rappresenta l’unica via per accelerare un processo di “smistamento” della potenza, per impedire o allentare azioni sconsiderate ed unilaterali del gigante oltre-oceanico [gli Usa], leggermente ferito (e perciò pericoloso), fino a quando lo sviluppo del policentrismo non assurgerà ad un perspicuo livello di concretezza storica che schiuderà le porte a cambiamenti profondi e tremendi”. Ovviamente, anche noi riteniamo che i dualismi moralistici con i quali l’occidente fraziona il mondo, per esempio le separazioni dei buoni vs cattivi, degli unti dal signore vs indemoniati, dei giusti vs perversi siano il risultato di un’autopromozione ideologica con la quale i dominatori tendono ad escludere, a priori, dal consesso civile chiunque ne contesti l’autorità. L’asse del male di bushiana memoria rappresenta l’apice di questo raddoppiamento metafisico molto “terra-terra”. Tuttavia, l’ideologia, il racconto passionale che accresce il coinvolgimento collettivo intorno a uomini o situazioni, al fine dell’esaltazione delle loro gesta e delle loro decisioni, nel contesto storico in cui avvengono, è ineliminabile dal discorso umano. Se presentassimo Putin o la Russia esclusivamente per quello che sono, in base ad una valutazione storica obiettiva e scientifica, ci faremmo capire solo dai cinici e dai professori. Per quanto questi attributi siano essenziali per interpretare le profondità del reale, non mi pare che i grandi cambiamenti epocali siano avvenuti, ex cathedra, sull’onda di lezioncine teoriche (che restano dirimenti per la comprensione della società e per l’indirizzamento di una pratica collettiva veramente trasformativa) e di valutazioni distaccate. Per comodità si tende ad abbreviare, ad usare la sineddoche più di quanto non occorra ma non si pensi di poter fare a meno dell’emotività per trascinare le masse dietro ad una idea di cambiamento. E’ vero che la soggettivizzazione delle posizioni politiche può portare all’insorgenza di un culto della personalità, ma si può comunque evitare di diventare prigionieri di questi meccanismi individualizzanti, nonostante restino ineliminabili dal processo di formazione degli eventi e dei suoi agenti. Questo è possibile quando esiste, alle spalle della guida, un’avanguardia consapevole che agisce di concerto con il capo e conserva il potere di sostituirlo allorché mutano esigenze e situazioni.
Per tale motivo, mi sembra ingiustificato l’attacco ad alcune destre europee e a Salvini (qui il retropensiero ideologico di Fuschini è altrettanto evidente) che santificherebbero Putin, mentre non sarebbe proprio il caso considerati la sua spregiudicatezza ed il suo cinismo, confermati dal suo cammino per diventare Presidente della Russia. Salvini è un politico che deve farsi capire dal suo elettorato e dai suoi potenziali nuovi votanti. Il suo compito è di portare quanta più gente possibile sulle sue posizioni che, buon per noi, sono in questo momento alternative a quelle dominanti (e disfacenti per il nostro Paese). Non si può pretendere dal segretario della Lega un linguaggio diverso, non è che costui può presentarsi sulla scena pubblica sostenendo, apertis verbis, che Putin è un figlio di puttana, anche se di una specie migliore dei suoi omologhi dell’ovest. Tanto più che questa è già la posizione della Nato. Non esageriamo con il realismo ed impariamo a differenziare i ruoli nella battaglia, secondo mappature strategiche differenti a seconda delle funzioni che si svolgono. Noi lo sappiamo che Putin non è il pistolero buono, ed ugualmente stiamo attenti a non ridurre la strategia di un Paese ad un individuo che, lo ripetiamo, è unicamente la punta avanzata di un drappello di decisori nella sfera politica, operanti negli apparati statali dove sono perennemente in concorrenza con altri gruppi antagonistici (perché in Russia ci sono aspri conflitti all’interno dello Stato, come altrove). Concludendo “siamo con Putin” [o meglio con quello che Putin rappresenta] non perché sia il Buono in contrapposizione ai killers senza scrupoli made in Usa, ma “per considerazioni di natura storica e di contingenza politica”. Io e Fuschini ce lo possiamo dire francamente perché facciamo un lavoro diverso da Salvini. Tuttavia, riconosciamo anche i meriti di quest’ultimo per l’apertura verso un leader ed una nazione (anche se convogliata da canali emozionali) che tutti demonizzano perché hanno la pretesa di non piegarsi ai padroni del pianeta. Da par mio mi auguro che Putin sappia picchiare sulle teste dei suoi nemici esterni ed interni con la giusta misura, aggirando le provocazioni ma anche evitando inutili tentennamenti.
E pazienza se ne risentiranno diritti umani e libertà di espressione. Le educande non hanno mai fatto la Storia.