PIU’ CONFLITTO, MENO DEMOCRAZIA. COSÌ RINASCONO LE VERE ÉLITE. (Commento ad un articolo di Galli della Loggia).

giornalismo

 

Ernesto Galli della Loggia, persona senz’altro intelligente, ha vergato un pezzo sul Corriere di critica alle élite del Paese (intitolato: Le élite senza ricambio), nel quale sostiene che il problema italiano riviene dal fatto che le élite nazionali sono ormai selezionate per nascita e non per merito, laddove sarebbe più producente che si giungesse “a farne parte provenendo da qualunque estrazione sociale e solo perché si possiedono doti e competenze obiettivamente accertate. In una società democratica, insomma, anche le élite per essere legittimate devono avere un carattere democratico…Esse hanno assunto un carattere sempre più odiosamente ereditario. Il principale titolo d’accesso è diventato essere figlio di: nelle università, nei vertici delle professioni, nel giornalismo, nell’alta burocrazia, nella magistratura, nella diplomazia, perfino nel mondo dell’editoria, del cinema e dello spettacolo, la trasmissione o l’acquisizione del ruolo socio-lavorativo per via ereditario-familiare (naturalmente con gli opportuni scambi tra un settore e un altro) è diventato da tempo la regola…Dove maggiormente si respira il tanfo del chiuso è in quel settore dell’élite costituito dall’insieme dei vertici dei gabinetti ministeriali e degli uffici legislativi, dal Consiglio di Stato, dai consigli d’amministrazione dei più vari enti pubblici, agenzie e «Autorità», dalle alte burocrazie addette agli organi costituzionali dello Stato. Sono gli ambiti per l’accesso ai quali molto o tutto dipende assai spesso più che dall’affiliazione politica in senso stretto (che tra l’altro può mutare con la massima disinvoltura), dalla capacità di equilibrismo e di vantaggioso posizionamento tra i diversi clan, dai padrinaggi, dalle consorterie o dalle filiere di cui si è parte o da cui si è sponsorizzati, dall’essere stati allievi di, nello studio di, dall’aver lavorato nella fondazione di…bisogna allora concludere che l’élite italiana più che altro assomiglia a un’oligarchia. È di fatto una vera e propria oligarchia”.

A mio parere il pensiero di GdL è viziato da una sciocca “concessione ideologica“ a principi democratici che con la formazione e la persistenza dei gruppi elitari c’entra poco. L’ élite è sempre un drappello ristretto di agenti strategici, non degenera in una oligarchia perché è una oligarchia, ovvero un’avanguardia preminente che prende le decisioni importanti e le impone al contesto. Una élite può diventare autoreferenziale e perdere il contatto con i blocchi sociali che le consentono di detenere il potere, attraverso l’egemonia e la coercizione. Una élite può sfaldarsi perché la sua visione del mondo risulta arretrata rispetto agli eventi o può risultare troppo dipendente da circoli esterni ai quali, per debolezza e scarsa visione, ha delegato funzioni essenziali che ne compromettono l’indipendenza.

Che il riciclo elitario sia nepotistico, familistico o parentale (mantenendo la possibilità di cooptazione di individui da altri strati, elemento da non sottovalutare) non è necessariamente sintomo di una degenerazione. Infatti, una manina occulta ha voluto rammentare qualcosa a GdL, scrivendo a dagospia quanto segue: “Concordo perfettamente con quanto scritto sulle élite da Ernesto Galli della Loggia (primo marito di Fiamma Nierestein figlia della giornalista del Corriere Wanda Lattes, sorella del poeta di sinistra Franco Fortini e secondo marito di Lucetta Scaraffia, sorella di Giuseppe Scaraffia, marito di Silvia Ronchey, figlia dell’ex ministro ed editore del Corriere della Sera. Qui mi fermo: Galli della Loggia ha ragione”.

In verità, le nostre élite hanno fallito in quanto serve di poteri forti internazionali, perché retrograde e legate ad interessi di terzi, molto negativi per l’Italia in questa fase di mutamenti epocali, al pari di quelle ”cotoniere” Usa prima della guerra civile. Negli Usa ci vollero delle stragi perché queste fossero definitivamente sconfitte e tacitate. Poiché il soggetto collettivo elitario italiano è ugualmente irriformabile, per ragioni speculari, sempre mutatis mutandis, non è con più democrazia che si verrà fuori da tale perniciosa situazione. Piuttosto, occorrerà che anche qui da noi scoppi un conflitto di un certo tipo, violento, molto violento, tra gruppi decisori di più alto valore (che attualmente si vedono poco ma che speriamo si formeranno) e queste classi dirigenti marcite, con un ruolo conservativo-reazionario non più tollerabile. Dovrà scorrere il sangue, metaforicamente o meno, affinché qualcosa si muova, altro che ripristino della meritocrazia e della democrazia.