RAPINATORI DI SPERANZE

Con l’arresto di Massimo Ciancimino, figlio di Don Vito ex sindaco mafioso di Palermo, i coristi da prima serata delle procure e i magistrati che amano la fama più della giustizia, sono scivolati sulla stessa buccia di banana piazzata per far capitombolare il Bananone di Arcore e i suoi compari, un po’ picciotti ed un po’ pupari.

Per sbucciare Silvio e tutto il suo impero mediatico costoro si sono inventati, complici alcuni loschi pentiti come Spatuzza, che le stragi e la strategia delinquenziale di Cosa Nostra agli inizi degli anni ’90 servivano a preparare il terreno all’ascesa politica di Al Tappone. Ma la cosa non sta in piedi per ragioni che possiamo spiegare brevemente. Assodato che, se pur non si può parlare di vera e propria trattativa, tra Stato e mafia si stabilì almeno  una tacita intesa, questa deve essere stata necessariamente gestita da chi allora aveva in mano la direzione del Paese, cioè Ciampi (e prima di lui Amato) da Palazzo Chigi e Scalfaro dal Quirinale. Due nomi che sono i terminali di un sistema marcio il quale poteva sopravvivere soltanto abdicando alle sue funzioni e svendendo la sua autorità. Ma oggi lorsignori non ricordano nulla e tra mezze verità appena sussurrate ed omissioni palesi tentano di pararsi il culo per proteggere se stessi ed i poteri internazionali che imposero il regime change. E’ notorio che la criminalità organizzata non interviene mai negli affari politici di alto livello se non direttamente interpellata, oppure quando la situazione non permette l’equilibrata coesistenza degli interessi di ciascuno. Nel clima rivoluzionario di quel periodo, con gli assetti mondiali della Guerra Fredda oramai saltati, i boss hanno contribuito ad un cambiamento storico palingenetico accettando una riconfigurazione del loro ruolo e un diverso rapporti con i vertici dello Stato. I loro referenti politici del passato erano stati tolti di mezzo, dunque occorreva ritessere una trama di rapporti e di intese coi sopravvissuti. Del resto, i parenti siciliani d'oltreoceano dovevano aver  spiegato loro quel che stava per accadere. La cancellazione del 41 bis da parte del Governo Ciampi fu l’obolo che quella classe dirigente versò alla Mafia per ricalibrare il contesto e resistere alla tempesta evenemenziale. Ma dietro quella concessione vi era un segnale che il trasmittente faceva passare dalla Sicilia per garantirsi l’amplificazione del messaggio sull’altra sponda dell’Atlantico. L’unico giornalista che si è preso la briga di calendarizzare quei fatti e di dimostrare che le ipotesi dei togati non sono nemmeno verosimili è stato Davide Giacalone di cui segnaliamo gli articoli sul tema reperibili sul suo sito (www.davidegiacalone.it). Con questi presupposti ed indizi ricaviamo una storia del tutto diversa da quella ufficiale su quel periodo che se non interpretata correttamente, cioè alla luce degli avvenimenti geopolitici, diventa la solita narrazione da propinare agli studenti delle scuole medie superiori per appassionarli agli eroi dell’antimafia e ai falsi padri della patria. Su queste basi mendaci è nata la II Repubblica figlia della forca giustizialista e dell’horror vacui strategico-politico. Finché tutta questa merda non verrà a galla quella italiana resterà una transizione interminabile. Abbiamo avuto un passato non esaltante ed ora ci stiamo consumando in un presente di vigliaccheria e idiozia senza fine. Con queste peculiarità nel nostro futuro c’è solo il cimitero. A meno che qualcuno, compattando un diverso blocco sociale meno impastoiato di identitarismo di destra e di sinistra, non riesca finalmente  a dare una lezione  a questi rapinatori di speranze che hanno usurpato la vita pubblica rovinando le nostre esistenze. Non c'è bisogno di un colpo di Stato, come invocato da qualche invecchiato e rincitrullito professore di sinistra, per ora sarebbe sufficiente bel un colpo allo Stato per scuoterlo dal suo torpore e sgombrarlo dalle puttane di partito e dagli svenditori di sovranità nazionale per esigenze di carriera.