Scenari energetici globali

petrolio

E’ stato reso pubblico da qualche giorno il World Energy Outlook 2012 emesso dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA). I giornali italiani ne hanno parlato solo per urlare nei titoli che, secondo l’IEA, gli USA diventeranno i primi produttori di petrolio del mondo e raggiungeranno la piena autosufficienza energetica nel 2035. In realtà il rapporto contiene anche altre indicazioni che sono se non più, almeno altrettanto rilevanti per chi si diletta a modellare realtà future possibili su dati e tendenze il più possibile oggettive.

Il rapporto è diviso in quattro parti: tendenze globali, l’importanza dell’“efficienza energetica”, la centralità dell’IRAQ come futuro produttore di petrolio e gas, la criticità della risorsa acqua nel mercato energetico. Senza entrare troppo in dettaglio riassumiamo in questo articolo le principali indicazioni che abbiamo tratto e che riteniamo utili per la continuità della ricerca condotta da tempo dal blog C&S sul tema energia.

 Nello scenario centrale preso in esame dall’IEA al 2035 il consumo globale di energia aumenterà del 30% rispetto al 2012, con i paesi OCSE che crescono di pochissimo, rimanendo i combustibili fossili a soddisfare la quota maggioritaria (al 2035 secondo l’IEA, il carbone (!) resterà la principale fonte di produzione dell’energia elettrica mondiale). La fortissima crescita dell’estrazione di gas e petrolio di scisto negli USA+Canada, combinata con una forte riduzione dei consumi americani nel settore dei trasporti, condurrà (NB: trattasi pur sempre di scenari probabilistici) gli USA a diminuire in valore assoluto sia il suo import che il suo consumo interno di petrolio (il settore dei trasporti è responsabile da solo del 50% dell’attuale consumo di petrolio – ciò vale più o meno anche per gli altri paesi) ed a rendere disponibile una quota della produzione interna per l’esportazione.

Ma la vera “tecnologia chiave” messa in evidenza dal rapporto IEA 2012 è l’efficienza energetica. Secondo uno scenario alternativo a quello base proposto dall’IEA, chiamato Mondo Efficiente, la crescita del fabbisogno di energia al 2035 si dimezzerebbe. E questo si può ottenere semplicemente eliminando gli ostacoli burocratici e regolativi che impediscono attualmente il pieno dispiegamento di sistemi già oggi economicamente convenienti, creando opportuni modelli di business, strumenti di finanziamento ed incentivi, per garantire un adeguato ritorno economico agli investitori. In questo modo allocando le scarse risorse pubbliche in modo più efficiente ed efficace rispetto a quanto i governi fanno oggi sia per le fonti fossili che per le rinnovabili. Gli investimenti necessari si ripagherebbero abbondantemente con i risparmi ottenuti e si libererebbero ulteriori risorse da dedicare alla crescita che assumerebbe l’aspetto di un vero e proprio “sviluppo”, nell’accezione lagrassiana del termine, laddove la società intera vivrebbe con minor intensità energetica (energia per unità di PIL).

Dal punto di vista puramente tecnico e della corretta informazione, forse su questa indicazione del rapporto IEA, avrebbe dovuto essere focalizzata l’attenzione della comunicazione di massa, con l’obiettivo di influenzare le iniziative politiche dei Parlamenti e dei Governi del mondo. Che poi è la funzione principale di questo tipo di documenti (almeno di facciata).

Ma torniamo all’evento più intrigante della trasformazione degli USA da importatore ad esportatore netto. E’ da precisare che, sempre secondo lo scenario centrale esaminato dall’IEA, se è vero che tra il 2017 ed il 2025 gli USA potrebbero sorpassare l’Arabia Saudita come produttori di petrolio e gas – grazie allo sviluppo della tecnologia del “fracking” – per diventare esportatori devono ancora dotarsi di infrastrutture adeguate a partire dalla liquefazione del gas naturale oltre che, come precisato più sopra, diminuire drasticamente il loro consumo di diesel e benzina per automobili e veicoli pesanti. Un cambiamento non indifferente nella cultura dell’americano medio.

Messa in questo modo, capite che la questione è molto più complessa e non riguarda tanto l’autosufficienza energetica degli USA, quanto la competizione con le altre nazioni e più in generale la geopolitica. Il rapporto sembra invitare gli americani a comprare automobili più parsimoniose, magari che vadano a gas per la felicità di Chrysler-FIAT, liberandosi definitivamente dalla dipendenza dal petrolio del MO. Un effetto che già si può intravedere è la possibile penetrazione di carbone USA, spiazzato dalle centrali americane che guadagnano di più se vanno gas, in Europa, dove invece il gas costa dieci volte che negli USA. Un’altra possibilità è invece che il gas USA, una volta liquefatto e mandato in giro per il mondo per nave, agisca da potente calmieratore del prezzo internazionale del gas naturale, facendo da arbitro tra MO, Nord Africa, Nord Europa e Russia. Mentre il MO, che si vedrebbe precluso il mercato petrolifero di USA ed Europa, dovrebbe sempre più rivolgersi al mercato affamato di petrolio dell’Asia, dove cresceranno di numero sia le automobili che i veicoli pesanti (al 2035 il parco veicoli-passeggeri del mondo raddoppierà rispetto a oggi raggiungendo il considerevole numero di 1,7 miliardi). Il che a sua volta renderebbe ancora più calde le rotte petrolifere nell’oceano indiano e nei mari cinesi del sud e dell’est.

Dal punto di vista politico, pertanto, gli USA si collocherebbero in una posizione privilegiata di dominio, non tanto sulle quantità fornite al resto del mondo, quanto sulle condizioni di queste forniture in termini di prezzo, potendolo in gran parte influenzare in ogni parte del mondo, e di sicurezza di approvvigionamento, avendo la possibilità di manovrare alcuni “rubinetti” chiave del prezioso liquido.

E a questo proposito occorre tener presente il crescente ruolo chiave attribuito dal rapporto IEA all’IRAQ, “che apporterà di gran lungo il maggiore contributo alla crescita dell’offerta mondiale di petrolio”. E ancora: “senza la crescita dell’offerta irachena, i mercati petroliferi incontrerebbero serie difficoltà” con prezzi del barile significativamente superiori a quelli considerati nel rapporto stesso. Il che rimanda alla questione del rafforzamento delle istituzioni interne di questo paese, oggi al centro di sfere di influenze contrastanti, e decisamente lontano da una gestione trasparente e coordinata delle esportazioni petrolifere capace di produrre una stabile prosperità economica all’interno e la necessaria focalizzazione degli investimenti per il loro sviluppo.

 Da ultimo vogliamo sottolineare un’ulteriore indicazione fondamentale contenuta nel rapporto IEA: la crescente importanza dell’acqua per la produzione di energia, il cui fabbisogno crescerà ad un tasso doppio di quello della domanda di energia, riflettendo il contributo crescente dei biocarburanti e del petrolio e gas non-convenzionali. La disponibilità di acqua sarà un fattore decisivo per determinare la fattibilità dei progetti energetici, determinando un’ulteriore pressione sulla competizione crescente per accaparrarsi la scarsa risorsa idrica. Aspettiamoci dunque una crescente integrazione delle politiche in materia di energia e acqua senza escludere sconfinamenti inattesi fra perimetri industriali oggi lontani ma in futuro destinati a sovrapporsi.