SI CONTANO GLI ALBERI: E LA FORESTA?

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LAGRA2Non credo valga la pena di perdere molto tempo nei commenti alle elezioni comunali svoltesi domenica. A parte che non sono soddisfatto dell’ancora eccessiva partecipazione di questa insipida popolazione alla “triste” recita della “democrazia”; bisogna arrivare ad una astensione di almeno il 50%. Tutti si stanno dedicando all’analisi delle percentuali di voti presi dai vari partiti, dimenticando, io credo, che cosa è veramente in gioco per il prossimo futuro. Comunque, diciamo pure che Renzi non sarà molto soddisfatto, ma certamente il centrosinistra non è in una situazione catastrofica. I pentastellati (o “grillini” come mi piace ancora chiamarli) sono quelli che hanno più ragione di godere; tuttavia, hanno ottenuto risultati per nulla esaltanti a Milano, Bologna e Napoli. In fondo, solo a Roma (dove tuttavia non si deve credere che la Raggi abbia già la vittoria in tasca) e Torino (dove comunque risulterà ancora sindaco Fassino) hanno avuto risultati ottimi. Il centrodestra può essere ben deluso. Dichiara soddisfazione per Milano (dove F.I. ha doppiato la Lega, e lasciamo perdere Fdi) e Bologna (dove in fondo la Lega ha il 10%, F.I. il 6, Fdi il 2). Sono contenti per il primo posto a Trieste (14 e rotti F.I., meno del 10 Lega, 4 e qualcosa Fdi) e per il secondo posto a Napoli (ancora una volta con F.I. primo partito di questo scombiccherato schieramento sedicente politico).

Gli imbroglioni de “Il Giornale” mettono a titoli di scatola: F.I. doppia la Lega. Solo a Milano; e del resto questo risultato (20 a 11 per i berluscones) si vede rovesciato a Bologna (poco meno di 11 alla Lega e 6 e qualcosa a F.I.). Tuttavia, è vero che quest’ultima, pur essendo andata piuttosto male dappertutto all’infuori di Milano, non è per nulla fuori gioco; soprattutto consente a Berlusconi il suo doppio gioco. Del resto, pensiamo a quanto ha detto costui con riguardo a Roma, dov’è riuscito nell’intento di far prevalere l’uomo di Renzi sulla Meloni: scheda bianca al ballottaggio del 19. Questo gioca ancora una volta a favore del piddino; per chi effettivamente si oppone a Renzi la scelta deve cadere sulla Raggi. E tutto lascia supporre che Marchini, alla fine, favorirà il voto dei “suoi” per Giachetti. Almeno da questo punto di vista, diamo un punto a Salvini che ha affermato: a Roma e Torino voterei per il movimento cinque stelle. Ha dimostrato di non essere un viscido personaggio come il “nano”, vera cloaca a cielo aperto.

Dobbiamo però fermarci alla conta degli alberi, dimenticando la foresta? O, se si preferisce un’altra frase similare, dobbiamo guardare il dito che indica la Luna, ignorando l’esistenza di quest’ultima? E’ questo il comportamento di tutti i banali commentatori, che preferiscono non parlare della sostanza del risultato elettorale per continuare a stordire un popolo già rimbecillito con questa futile democrazia del voto. Andiamo al sodo invece e cerchiamo di capire quale potrebbe essere l’effettiva sorte di questo paese.

Belpietro (già direttore di “Libero”) scrive in un editoriale per “Il Giornale” che il voto mette una pietra tombale sul progetto renziano di “partito della nazione”. Semplici balle; o il giornalista è molto ignorante in fatto di politica oppure altera i fatti. Le elezioni hanno mostrato che al momento non c’è reale alternativa al susseguirsi dei governicchi degli ultimi anni. Il problema non è se in futuro verrà o meno cambiato il premier. E’ la direzione di marcia degli eventi che non sembra proprio mutare. Berlusconi – a parte l’evoluzione del suo recentissimo disturbo cardiaco, dal quale mi auguro si rimetta presto – non ha pagato nulla per il doppio gioco svolto da almeno cinque anni; e ciò grazie all’incapacità o peggio dei suoi “alleati” del centro-destra, rabbiosi ma in definitiva senza alcuna attitudine a liberarsi delle mene di un uomo tanto infido. Non è che costui appoggi in specifico Renzi; ha stabilito un accordo con i vertici statunitensi (Obama in particolare negli ultimi anni) e porta avanti gli interessi di questi ultimi.

Ho già ripetuto più volte che non vi è alcun pericolo di conflagrazioni mondiali maggiori; però siamo in una fase in cui gli Usa debbono accettare un certo grado di multipolarismo. Cercano di ridurlo, ma ciò non risulta al momento possibile. L’area decisiva del confronto è ancora una volta l’Europa, malgrado le tante menzogne raccontate. E in Europa, il paese più servo – e, fra i servi, notevolmente importante: sia economicamente che come posizione geografica – è l’Italia. Per questo, mentre durante la presidenza Bush jr. qualche margine di libertà venne concesso (e proprio a Berlusconi), adesso l’allineamento italiano deve essere pressoché perfetto. Il susseguirsi dei governi, da Monti in poi, ha perseguito questo scopo. Siamo arrivati a Renzi; è quello definitivo oppure no? Non credo sia questo problema a dover ritenere la nostra massima attenzione. Dobbiamo servire gli Stati Uniti; e tale necessità viene rispettata con l’inserimento nei posti dirigenti degli organismi più importanti – governo come Confindustria e mille altri, compresi quelli militari e dei Servizi, alla Rai, ecc. ecc. – di personaggi ben accucciati davanti ai “padroni”. E tutto questo sta fra l’altro conducendo alla liquidazione di quei pochi settori economici strategici che avevamo ancora.

Se questo è il fine perseguito con progressione sicura, pur se vi sono delle tortuosità (sempre vi sono, la linea retta non è quella giusta in politica), alla fine si arriverà a ricostituire un partito detto “di centro”. Non è che ci siano destra e sinistra, ormai molto confuse fra loro (salvo che per alcune questioni di costume e di “diritti” detti civili); dire “centro” significa semplicemente indicare che si tratterà di un grosso partitone (pur se magari diviso in correnti come la vecchia Dc) in grado di mantenersi in permanenza al governo, lasciando “ai lati” altre forze necessarie per la recita “democratica”. E, a seconda delle esigenze, il partitone magari darà pure lui vita, come avvenne in passato con la Dc, agli opportuni “compromessi storici”; soprattutto se uno dei “contorni laterali” divenisse troppo “saporito” (cioè numeroso).

Ecco allora spiegato l’andamento delle vicende degli ultimi anni. Chi è il premier non è proprio secondario, e tuttavia non si tratta del problema centrale. Più rilevante è la sussistenza del “Gano di Maganza (o Magonza)”, che assicura l’inanità di ogni opposizione pur però fingendola per deviare e rendere sterile il malcontento di quelle quote di popolazione sacrificate alle esigenze dei seguaci del partito governativo. Al momento, Berlusconi è il “traditore” prescelto e che a tale ruolo si è prestato (solo per le sue aziende e i figli? Anche questo è secondario). E’ vecchio, e ancora più vecchio di lui è il rappresentante degli Usa in Italia da tempo immemorabile, dagli anni ’70. Potrebbero entrambi sparire per motivi naturali. Non credo che ciò creerebbe grossi ostacoli.

La vera disgrazia per questo povero paese è l’assenza di una seria opposizione. Quella di centro-destra è affidata a due partiti che hanno mostrato una rara inettitudine politica. E’ colpa dei loro leader (Salvini e Meloni)? Credo esistano motivi più di fondo per cui si resta ancorati a forme di malcontento soltanto formalmente esasperato, senza la capacità – e magari, concediamo pure, l’estrema difficoltà – di rimettere in completa discussione questa falsa “democrazia”. Essa può andare bene per un paese della forza degli Stati Uniti, che si fingono democratici e compiono atti di prepotenza in tutto il mondo. Non può funzionare invece in un paese come il nostro, che ha bisogno di un governo “antidemocratico”, atto a soggiogare e trascinare la popolazione con opportuni entusiasmi ideologici. Per il momento non esiste un qualsiasi gruppo politico similmente abile. Soprattutto non si sa dove scovare un buon motivo di esaltazione popolare.

In definitiva, qual è l’opposizione che resta? Quella apparentemente, e al momento, più grossa è la “grillina”. E’ pasticciona, si dice. E lo è, ma ancora una volta il difetto principale risiede nell’assenza di una chiara visione dei reali problemi che assillano l’Italia. Siamo base operativa statunitense da ormai 70 anni (anche se nella prima Repubblica esistevano margini un po’ migliori di autonomia, soprattutto grazie all’esistenza del campo creduto “socialista” e che comunque era una spina nel fianco dell’atlantismo). Non sarà certamente questo partito ad assumere una posizione di vera indipendenza; per praticarla sarebbe di fatto necessario spostare i propri rapporti verso la Russia, con cui magari intrattenere perfino una serie di “liaisons dangereuses”. E’ più facile che i pentastellati cerchino di accordarsi con gli Usa per avere il “permesso” di puntare al governo. Se così fosse, si creerebbe una “democrazia” all’anglosassone (soprattutto alla statunitense). Tuttavia, continuo a privilegiare l’opzione di una nuova “balenina” al “centro”, con contorno di “ali” più o meno degne di qualche concessione. Probabilmente, l’“ala” 5 stelle sarà abbastanza grande, un po’ come il Pci nella prima Repubblica; tale partito aveva però una dimensione storica, una elaborazione teorica, un sistema di relazioni internazionali, che oggi nessuno degli schieramenti esistenti può nemmeno sognare.

Questo mi sembra lo stato di salute della “foresta” italiana. Molti alberi sono stati tagliati improvvidamente; la maggior parte degli altri sono assai malati e con radici sprofondate in terreni secchi, scarsi di alimenti. Il risanamento non è per nulla certo; e, se ci sarà, avrà tempi assai lunghi. Risalta in ogni caso con forte drammaticità l’assenza di una forza politica, che abbia almeno il proposito di iniziare una cura. D’altra parte, nessuna cura sarà mai apprestata se non si parte da un corretto ripensamento critico dell’esperienza “democratica”, che ha creato, dopo 70 anni, il deserto nei cuori e nei cervelli di una popolazione allo sbando.