Siamo scelti dalla scelta (il libero arbitrio non esiste)

copertina

 

SPOON RIVER
Quante volte Ernest Hyde ed io
abbiamo discusso del libero arbitrio!
La mia metafora preferita era la vacca di Prickett
che pascolava legata, e circolava
quanto glielo concedeva la fune.
Un giorno che così discutevamo, guardando la mucca
che tirava la fune per allargare lo spazio
che era ormai nudo d’erba,
il piolo saltò e, a testa bassa,
quella ci corse addosso.
<<E questo? Non è libero arbitrio?>> disse Ernest fuggendo di corsa.
Io caddi sotto una cornata.

“Tale la nostra effettiva condizione. Essa ci rende incapaci di conoscere con piena certezza come di ignorare in maniera assoluta. Noi voghiamo in un vasto mare, sospinti da un estremo all’altro, sempre incerti e fluttuanti. Ogni termine al quale pensiamo di ormeggiarci e di fissarci vacilla e ci lascia; e, se lo seguiamo, ci si sottrae, scorre via e fugge in un’eterna fuga. Nulla si ferma per noi. E’ questo lo stato che ci è naturale e che, tuttavia, è più contrario alle nostre inclinazioni. Noi bruciamo dal desiderio di trovare un assetto stabile e un’ultima base sicura per edificarci una torre che s’innalzi all’infinito; ma ogni nostro fondamento scricchiola, e la terra si apre sino agli abissi. Non cerchiamo, dunque, né sicurezza, né stabilità. La nostra ragione è sempre delusa dalla mutevolezza delle apparenze; nulla può fissare il finito tra i due infiniti che lo racchiudono e lo fuggono. Quando avremo compreso ciò, credo che ce ne staremo tranquilli, ognuno nella condizione in cui la natura lo ha messo.”. B. Pascal
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Ho sempre sostenuto che per capire il mondo, anche partendo da punti di vista diversi (siano essi filosofici, sociologici, psicologici ecc. ecc.) non si possano ignorare le teorie scientifiche del proprio tempo. Non si può parlare, ad esempio, proprio del tempo (o meglio, dello spazio-tempo) senza conoscere, anche se da profani, la teoria relatività di Einstein. Altrove, ho scritto di Heidegger e di Bergson, i quali invece lo hanno fatto andando totalmente fuori strada ed evitando accuratamente di ammettere i propri errori. Tanto meno è, pertanto, accettabile che si dica che ogni disciplina ha una sua autonomia, per cui essa può affermare quel che vuole in quanto sostenuta da una intrinseca coerenza logica. Quest’ultima, a sua volta, non basta, anzi, secondo le acquisizioni della meccanica quantistica, a livello microscopico, salta come ogni altra convinzione umana, si chiami causa, effetto, tempo, ecc. ecc. Figuriamoci ora, a livello quantistico, che fine possano fare quegli elementi psicologici sui quali basiamo la nostra vita macroscopica, come la coscienza, la moralità, la libera scelta individuale. Stiamo parlano delle basi del tutto.
Il problema è che non basta sostenere una ipotesi ma occorre anche verificarla, perché in mancanza di riscontro nessa non ha valore. Sono soprattutto i filosofi che si nascondono dietro questo “reclamo” di autonomia (che in realtà cela un mal riposto senso di superiorità), convinti di essere in possesso di un sapere che può anche ignorare il mondo fisico. Ma a questi si deve rispondere come Einstein con Bergson: non esiste un tempo dei filosofi. Oggi, i saperi scientifici, dalle neuroscienze alla meccanica quantistica, ci dicono che il libero arbitrio non esiste e lo dimostrano con prove ed evidenze. I liberali sono definitivamente fottuti, anche se non intendono mollare la presa. Eppure, sono circondati da eventi che li smentiscono od ogni passo. Il liberalismo delle libere scelte individuali o quello della razionalità dei comportamenti singolari sul mercato sono davvero teoresi estremamente arretrate. Decisamente pre-scientifiche. Su questi aspetti il marxismo è stato molto più avanzato. Lo riconosceva anche un critico come Popper. Le robinsonate dell’economia classica e delle scuole successive venivano giustamente irrise da Marx, il quale aveva almeno capito che l’individuo è socialmente creatura di rapporti sociali che lo surdeterminano. Ora sappiamo che si tratta addirittura di processi fisico-chimici che predeterminano quelle che noi percepiamo come opzioni indipendenti del nostro volere. Ma già Schopenhauer ci aveva messi in guardia quando sosteneva che “un uomo può fare come vuole ma non può volere come vuole” perché la volontà non è sua ma, semmai (detto molto impropriamente) della natura.
Effettivamente, il senso della vita, se esiste, è quello di vivere, peraltro secondo “scopi” che non sono nostri e ci sfuggono. La natura procede per prove ed errori (e gli errori sono molto di più delle cose riuscite), secondo quello che un fisico italiano chiama il principio dell’amplificazione quantistica il quale, nei suoi tentativi infiniti, giunge alla materia vivente come una assoluta rarità, benché questa rarità ci fa presumere che esistano altrove, su altri pianeti, forme di vita di cui la natura si serve per i suoi intenti. L’umanità sarà utile alla natura o forse no, forse sarà l’ennesimo errore che finirà in un vicolo cieco, che non porterà a quell’ulteriore salto perseguito dell’indeterminazione quantistica, da quando dal singolo atomo si è prodotta un’agglomerazione di atomi come materia vivente, fase particolare della materia sans phrases. In qualche altro posto ameno, l’esperimento della natura potrebbe proseguire con specie viventi in grado di continuare questa amplificazione che sembra essere il motore immobile di tutto ciò che esiste. Non siamo dunque speciali, mettiamoci l’anima in pace, non siamo nemmeno essenziali al mondo, siamo un granello del suo percorso, probabilmente destinato ad estinguersi senza lasciare tracce. Siamo una prova fisica che finirà come finirà o si evolverà come (non) si evolverà. Già questo mi strappa una crassa risata se penso ai difensori del pianeta che ci rompono gli zebedei per qualche sacchetto di plastica di troppo.

A proposito di questa discussione, sull’ultimo numero di Internazionale è apparso un pezzo dal titolo “La Libertà è un’illusione” che mette in risalto questi temi: “Gli argomenti contro il libero arbitrio risalgono a millenni fa, ma l’ultima ondata di scetticismo è dovuta ai progressi delle neuroscienze negli ultimi decenni. Oggi che è possibile osservare l’attività fisica del cervello associata alle nostre decisioni, è più facile vedere queste come una delle tante componenti della meccanica dell’universo materiale, in cui il “libero arbitrio” non ha alcun ruolo. Dagli anni ottanta in poi, inoltre, varie scoperte neuroscientifiche hanno offerto scomodi indizi del fatto che le nostre cosiddette libere scelte potrebbero in realtà avere origine nel nostro cervello diversi millisecondi (o anche molto di più) prima che ci rendiamo conto anche solo di averle pensate”.
Consiglio vivamente di leggerlo per non farci a nostra volta delle illusioni, come quegli sciocchi di liberali.
Ovviamente, i Liberali più incantati faranno finta di nulla perché nulla può scalfire la loro ideologia, nemmeno la realtà. Quelli più intelligenti, invece, hanno cercato di fare qualche riflessione che però secondo me non regge. Alfonso Berardinelli, per esempio, su Il Foglio ha scritto:

“Siamo davvero liberi di scegliere?”, si chiede la copertina dell’ultimo numero di Internazionale. Prima ancora di leggere una sola sillaba della risposta e delle informazioni in proposito che la rivista offre, ho già in testa l’ovvia risposta: lo siamo in parte sì e in parte no, in percentuali molto variabili, secondo luoghi geografici, tempi storici, ore del giorno, circostanze ambientali, sociali, carattere e stato di salute. L’esercizio della libertà dipende dall’autocoscienza e dalla cultura, ma in pratica è un atto di volontà, che è forse la più misteriosa delle facoltà umane, perché ha certo qualcosa a che fare con i desideri, senza tuttavia coincidere con essi. Si potrebbe anzi dire che la volontà si manifesta meglio e più distintamente proprio quando respinge i desideri immediati, sa anche metterli da parte dopo averne valutato la qualità, l’origine e le possibili conseguenze. Non credo che si possa e si debba escludere la nostra libertà di scelta. Chi la mitizza si nasconde però troppe cose: a cominciare dalle proprie personali debolezze. La notizia è che “sono sempre di più gli scienziati e i filosofi convinti che il libero arbitrio sia incompatibile con le leggi dell’universo, un’idea che alcuni considerano troppo pericolosa per parlarne apertamente”. Come dire che la verità, cioè la nostra non-libertà, va tenuta nascosta perché sarebbe troppo deprimente e rischierebbe di diffon-dere l’idea che siamo soltanto degli irresponsabili robot biologici manovrati da una onnisciente o cieca Natura…“La libertà è un’illusione”. Direi: dipende da che cosa intendiamo per libertà e da quanto sottovalutiamo o sopravvalutiamo l’influenza del nostro carattere (che cos’è?) e delle circostanze in cui agiamo (che cosa sono?). Volontà libera e autocoscienza non sono puri dati biologici, sono abitudini nate da decisioni, appunto, volontarie e consapevoli, i cui risultati e le cui conseguenze si accumulano e quindi “pesano” come pesa ogni atto compiuto, che non può non lasciare tracce in chi lo ha compiuto. Mi pare che qui siamo sempre al rapporto mai del tutto chiarito fra bio-logia del cervello e mente, coscienza, intelletto e volontà. Non sono forse stati degli scienziati a dire recentemente che i due oggetti di studio più complessi e misteriosi sono l’universo e il cervello umano? Ora si dice che il cervello che compie scelte è determinato dalla logica dell’intero universo. Ma come si fa a chiarire un mistero con un altro? Non sono pochi comunque i filosofi che non accettano l’idea della libertà come illusione. La libertà di scegliere esiste nella misura in cui è un’esperienza continua e condivisa. E se fosse illusoria la deduzione “scientifica” definitiva e forse frettolosa secondo cui il libero arbitrio è illusorio? Quali cervelli e comportamenti umani hanno studiato gli studiosi di neuro-scienze? E se la volontà libera fosse una possibilità che dipende dal volerla, che fosse una realtà cioè che esiste solo per coloro e in coloro che sanno esercitarla nella misura in cui di volta in volta è possibile? Se fosse una facoltà “mistica” che l’umanità moderna non possiede più perché ha cessato di volerla e quindi di esercitarla?…La libera scelta e la volontà che la permette non sono un assoluto idealistico e astratto, ma neppure un dato cerebrale primario e fisiologicamente meccanico. Gli scienziati di solito si vantano della loro attitudine a dubitare e della onesta provvisorietà delle loro conoscenze, mai del tutto generalizzabili e necessarie. E se coloro che negano il libero arbitrio non fossero altro che individui a cui la loro scienza ha reso impossibile concepire e attivare il libero arbitrio? Gli scienziati che negano il libero arbitrio non saranno il perfetto rispecchiamento di una società e cultura che ci tiene a negarlo o non sa che farsene?”

Berardinelli, che è persona di un certo valore, cerca di salvare “qualcosa” del libero arbitrio spostando la questione sulla provvisorietà delle conoscenze scientifiche, “ipotizzando” che un domani teorie di segno opposto giungano a smentire quanto recentemente trovato. Sia pure così, questa riflessione non modifica quanto abbiamo “appena” imparato dalle nuove scoperte. Inoltre, la contestazione dell’esistenza del libero arbitrio non viene soltanto dalle scienze “esatte” ma anche da quelle sociali, le quali, per l’appunto, hanno messo in evidenza la prospettiva dei rapporti sociali che surclassano e determinano le scelte individuali, benché il singolo possa avere percezioni diverse e sentirsi persino libero.
Da parte mia, sono convinto che dobbiamo tenere sullo sfondo certe “verità microscopiche”, anche accettando che le vere scelte siano prodotte a livello quantistico, possiamo ugualmente provare a mettere insieme i cervelli che, quantisticamente, condividono e producono una certa visione del mondo. A livello sociale, per quanto surdeterminati, i gruppi composti da individui possono produrre dei cambiamenti di non poco conto per la nostra situazione. Poco ci importa che alla base di questa scelta i soggetti siano stati scelti da una “Scelta” fisica indipendente da loro.

Restando invece al puro ambito della scienza fisica, che ripeto possiamo tenere sullo sfondo, parlando dei nostri rovelli sociali, mi sento di condividere l’analisi del fisico Damiano Anselmi, che qui riporto:

“Noi siamo convinti di “volere”, di “pianificare”, di “decidere”. Ebbene, dobbiamo sapere che, nel momento “tesso in cui “vogliamo”, la “nostra” decisione è stata già presa, dentro di noi, da qualche parte nel nostro cervello. Spesso di notte. Quando ci alziamo ci sentiamo un pochino diversi, e cominciamo a ricamare mentalmente attorno alla decisione già presa, anche se non ci rendiamo conto di averla già presa. E poi, quando ci abbiamo ricamato sopra abbastanza, proviamo perfino la sensazione di averla voluta! Come se ci fosse una volontà in noi, come se nella natura esistesse davvero qualche fenomeno fisico che corrisponda a quella che noi chiamiamo appunto “volontà”. “Non è così. Infatti, ormai abbiamo una certa familiarità col mondo microscopico, fino alle scale atomiche e anche scale più piccole di quelle atomiche. L’esplorazione della natura microscopica ci ha rivelato un solo tipo di fenomeni inaspettati, i fenomeni quantistici, i “veri getti di dadi”. Non abbiamo trovato nulla che si possa ricondurre alle nostre nozioni di volontà, coscienza, intelligenza, razionalità, pensiero, calcolo, intenzionalità, pianificazione. Queste sono tutte nozioni derivate, non elementari. Esse emergono quando consideriamo strutture complesse fatte di tanti atomi, come gli esseri viventi, che “Esse emergono quando consideriamo strutture complesse fatte di tanti atomi, come gli esseri viventi, che “sono in grado di modulare le probabilità delle loro decisioni e risposte. Ma le decisioni rimangono sempre casuali. Per la precisione, rimangono di natura quantistica.” “non esiste alcun libero arbitrio…Non c’è un “io”, un soggetto che decide. Di nuovo, la fisica non ci mostra alcun fenomeno a sostegno di questo tipo di idee, per quanto comuni o naturali ci sembrino. Esse non appartengono alla fisica… “In particolare, quando prendiamo delle decisioni, crediamo di essere “noi” a prenderle, ma le nostre azioni maggiormente premeditate non sono altro che il frutto del gioco del “caso”. A farci credere che siamo noi a decidere è un insieme di rielaborazioni interne che avvengono nel nostro cervello dopo che la decisione è stata già presa in noi (ma non “da” noi), quantisticamente. Quelle rielaborazioni interiori consistono nel rimetterla in discussione, smentirla, cambiarla, oppure, ma sempre in modo quantistico, cioè casuale, confermarla”…“Noi, in fondo, siamo fatti di atomi. Siamo semplicemente agglomerati di atomi raggruppati in maniera diversa da come sono raggruppati nel tavolo che sta davanti a noi, nella sedia o negli altri esseri viventi. La materia vivente è una fase particolare della materia. Gli atomi che costituiscono noi non possono che obbedire alle leggi fisiche a cui obbediscono tutti gli atomi dell’universo. E nella natura, nelle leggi della fisica, non emerge nulla che abbia qualcosa a che vedere con quelle cose che chiamiamo volontà, o libero arbitrio, o coscienza.”