Situazione in Asia di GLG

gianfranco

QUi

Di nuovo il tema della denuclearizzazione. Non credo sia in discussione. Semmai ci può essere un arresto (o magari sosta) negli esperimenti; tanto la Corea del Nord ha già raggiunto buoni risultati potendo ormai fabbricare anche la bomba H. Quanto già ottenuto basta per costruire un arsenale atomico; ed è probabile che anche senza ulteriori esperimenti si possano compiere passi aggiuntivi in merito alla produzione di bombe ancor più potenti. Il nord Corea, inoltre, ha anche sperimentato il missile a lunga gittata. Il paese ha tutti gli elementi per mettere in piedi un percorso, certo abbastanza lungo, per giungere ad un’unica Corea piuttosto forte, vera subpotenza che può farsi rispettare sia dalla Cina che dagli Usa. Da mesi parlo di questa prospettiva. Ultimamente ne ha parlato anche Limes(1); è dagli anni ’50-’60 del secolo scorso che il sottoscritto fa previsioni azzeccate, a partire dal XX Congresso del Pcus del febbraio 1956 e poi sulla crisi dei missili a Cuba nell’ottobre ’62 (e nel frattempo una serie di previsioni azzeccate sul percorso del Pci). Potrei citare ancora le supposizioni sui motivi e sui “creatori” del watergate contro Nixon; e sulle vere ragioni del rapimento e uccisione di Aldo Moro (con relativo viaggio di Napolitano negli Usa nello stesso periodo); e poi sulla funzione di Gorbaciov con liquidazione del “blocco socialista”, ecc. ecc. Mai avuto la soddisfazione di una sola citazione da gente che è arrivata con ritardi immani a capire ciò che stava accadendo.
Chiusa la parentesi, e tornando all’argomento principale, la Cina non può non avere qualche preoccupazione per il sorgere della subpotenza appena citata ai suoi confini, ma sarebbe tutto sommato in grado di controllarla. Tenere il nord Corea sotto protezione, ma far si che il sud Corea resti sotto il tallone, sempre più pesante, degli Stati Uniti, credo sia una prospettiva peggiore. Così pure per i nordcoreani. Denuclearizzando, dovrebbero restare sotto lo scudo (nucleare) cinese, rinviando sine die la prospettiva di riunificazione del paese con rafforzamento netto delle due metà. Gli unici ad avvantaggiarsi del fatto sarebbero gli Stati Uniti, da cui la Corea del sud non potrebbe mai affrancarsi. Anche per la Cina – a meno che non pensino, nel più lontano futuro di chiara acutizzazione del multipolarismo, a qualche “alleanza” con gli Usa in funzione antirussa (e antigiapponese, poiché anche tale paese, in tempi medio-lunghi, giungerà a riarmarsi) — non sembra conveniente la prospettiva di una definitiva subordinazione del sud Corea agli Usa.
In definitiva, credo che i colloqui cino-nordcoreani saranno tesi a trovare punti di collaborazione per il periodo immediato e in tempi medi, favorendo anche eventuali trattative di Kim con Trump (di cui si parla di incontro, ancora non si sa quando né se alla fine ci sarà), ma soprattutto favorendo tutte le misure utili a favorite il graduale sganciamento del sud Corea dalla sudditanza stretta a Washington. Il nord Corea non dovrebbe rinunciare alla notevole potenza atomica raggiunta, che è un buon patrimonio da portare “in dote” nel futuro prevedibile “matrimonio” con la parte meridionale. Se ci fosse sul serio la denuclearizzazione del nord, bisognerà mutare le ipotesi sui rapporti tra Cina e Usa a medio-lungo termine.

 

(1)

“Seoul non è disposta a fungere da vittima sacrifcale di un confitto fra Washington e Pyongyang, esposta com’è alle artiglierie nordcoreane. Di più: la crisi sembra accompagnarsi alla riscoperta delle antiche radici nazionali condivise a nord e a sud del 38° parallelo, in parte sopravvissute alla guerra del 1950-53 e a 65 anni di separazione non consensuale. E se c’è qualcosa su cui i coreani sono quasi unanimi è l’odio per il Giappone invasore e colonizzatore (dal 1905 al 1945, per il primo quinquennio in forma di protettorato), esplicito al Nord, rattenuto per cogenza strategica al Sud – dunque tanto più opprimente. A osservare le immagini pubbliche, si direbbe che fra i dirigenti delle due Coree sia in corso una simpatica rimpatriata, in attesa di un possibile vertice fra i due leader. Il colmo per i giapponesi è stato veder sfla- re insieme gli atleti della Corea «alleata» e di quella nemica alle Olimpiadi invernali di Pyongchang. In testa all’allegro drappello pancoreano, l’alfere inalberava una bandiera bianca con ricamato in blu pallido il profilo della penisola nazionale integra e unita, più la provocatoria appendice delle rocce di Liancourt. Ovvero gli isolotti fottanti nel Mare del Giappone (Mare dell’Est secondo Seoul) battezzati Tokdo dai coreani e controllati dalla Corea del Sud ma rivendicati come Takeshima da Tokyo, cui la capitale nipponica, che li vuole afferenti al distretto di Oki (prefettura di Shimane), ha appena dedicato un museo”.