Sognare è la sorte dei deboli: attenti ai cialtroni

Ogni epoca è vissuta da uomini che si lamentano della decadenza e della corruzione del proprio tempo. A volte si tratta di una mera attitudine caratteriale (certa gente deplorerebbe gli sbalzi della vita in qualsiasi caso), ma più spesso si tratta di una percezione psicologica inevitabile allorché il soggetto si smarrisce al cospetto di eventi che non stanno mai fermi e trasfigurano il mondo davanti ai suoi occhi. La caduta delle precedenti convinzioni e la perdita di stabilità nei diversi ambiti sociali (politici, economici culturali), soprattutto nelle fasi di immensi cambiamenti, ingenerano nell’individuo  la paura di quello che si manifesterà innanzi, il timore di non riuscire a comprendere la direzione in cui evolveranno gli avvenimenti, la propria collocazione rispetto alle novità ed il proprio ruolo nella Storia. Tuttavia, c’è da distinguere tra una “degenerazione” relativa che è sempre possibile correggere in quanto è solo spaesamento soggettivo di fronte ad una oggettività in mutamento, da una degenerazione assoluta che è peggioramento complessivo della situazione senza movimento mentale da parte di chi, per inedia e mancanza di strumenti di discernimento, subisce le metamorfosi sociali senza nemmeno tentare di comprendere e direzionare i processi in atto nelle diverse sfere dell’esistenza associata. L’oscuramento intellettuale di chi dovrebbe fornire risposte meno estemporanee e banali sulla crisi in gestazione (perchè siamo ancora agli inizi), dicendosi dalla parte degli esclusi dai percorsi decisionali, è la prova lampante che il sistema dei capitalismi sta già incedendo indisturbato a riconfigurarsi secondo le sue logiche e dinamiche(sempre conflittuali) intrinseche che condurranno ad una ridefinizione dei rapporti di forza tra le formazioni nazionali all’interno della formazione capitalistica globale. I poveri in saccoccia si troveranno ancora in mezzo a questi fenomeni restandone stritolati, mentre i poveri di zucca, ma bravi a parole, si ricicleranno facendo carriera e servendo altri padroni. Oggi mi pare che siamo in questa condizione e troppi dati lo confermano. Appena ieri leggendo Schopenhauer e il suo “Il mondo come volontà e rappresentazione” coglievo tali aspetti, laddove nell’introduzione alla seconda edizione del 1844, egli registrava l’involuzione morale dei suoi contemporanei e la perdita di spirito dei suoi anni. Ma erano appunto in procinto di scoppiare grandi accadimenti a sostegno del fatto che quella società era in ebollizione, in essa brulicavano corpi collettivi in cerca di vie alternative e innovative per costruire un altro futuro. Non c’era ristagno ideologico e alterazione etica perché non si aveva lo sguardo rivolto ad un passato fuori dal periodo storico come avviene per i nostri tempi in cui si conciona a vanvera di edificazione dell’avvenire con materiali di vecchie e sepolte generazioni. Inoltre, lui aveva come interlocutori quelli che spesso definiva, un po’ ingiustamente, vacui (Fichte e Schelling) e ciarlatani (Hegel) ma che erano pur sempre eccelsi pensatori e non improvvisatori di narrazioni per masse di studenti sciocchi e incolti, pronte ad essere mandate al macello o a trasformarsi in squadracce. Giganti  che fanno rimpicciolire a formichine gli pseudo-intellettualini di oggi i quali arringano le moltitudini al fine di vendere i loro squallidi e inutili libri o occupare posticini nell’accademia. Non voglio annoiarvi con la filosofia di cui per altro non sono esperto, ma dopo aver letto il discorso di Slavoj Zizek tenuto ai manifestanti del movimento “Occupy Wall street” a New York, apparso su Liberazione, e l’intervista all’ex pot-op Franco Berardi Bifo, pubblicata sulla Stampa, mi sono caduti i coglioni per terra. Mentre Bifo ha dichiarato che non siamo mai stati così vicini al comunismo come in questo momento (facile sperare e sparare siffatte cazzate quando si hanno nel cervello i chip resettati) Zizek offriva, sotto il tempio della finanza Usa, a giovani affamati di stupidaggini, le sue croste teoriche sulla nonviolenza e la fine del capitalismo.  Costoro sono sempre i primi a blaterare di rivolgimenti inevitabili che conducono all’eden degli sfruttati, ma lo fanno per meglio obnubilare le traiettorie evenemenziali ed impedire che qualcosa cambi davvero. In momenti incasinati come questi, gli imbonitori e i depistatori spuntano come funghi perchè sono gli anticorpi che il sistema libera nell’organismo sociale per attaccare  le idee non conformi che possono mettere a rischio la sua tenuta. Questa frotta di stregoni è pericolosa e va isolata senza tentennamenti. Tali truffatori vi parleranno sempre di un mondo migliore e di sogni rivoluzionari perché il loro mestiere è proprio quello di far affaticare il pensiero critico dietro alla processione utopie irrealizzabili, per dare il colpo di grazia a chi si lascierà disorientare e stremare dalle chimere irraggiungibili. Ricordatevi delle parole di Pasolini (oh generazione sfortunata… tu obbedisti disobbedendo), di Brecht (al momento di marciare molti non sanno che alla loro testa marcia il nemico. La voce che li comanda è la voce del loro nemico. E chi parla del nemico è lui stesso il nemico) e di quelle di Lenin (sognare è la sorte dei deboli).

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