Sul ripristino della leva obbligatoria e per una nuova politica di Difesa. (A. Terrenzio)

arm

 

La proposta avanzata, negli scorsi giorni, da Matteo Salvini in merito ad un eventuale ripristino della Leva obbligatoria, ha suscitato una serie di reazioni di diverso tenore. Non sono mancate le accuse di anacronismo e le facili ironie verso tale idea, cosi’ come parole di approvazione e di elogio.

Sara’ in questa sede opportuno fare una serie di valutazioni per spiegare il perche’ della validita’ della proposta leghista.

Molti commentatori non allineati al pensiero unico hanno sottolineato come tale proposta assuma caratteri positivi, soprattutto per quanto riguarda ragioni di carattere sociologico e morale.

A tal proposito e’ indubbio, che il servizio di leva, specialmente a partire dalla fine del II conflitto mondiale, sia servito ad “amalgamare” il popolo italiano mescolando nelle caserme giovani di varia estrazione sociale e provenienza geografica. Valori come la gerarchia, il rispetto, il sacrificio, lo spirito di servizio e di corpo hanno rapperesentato gli elementi di disciplina militare piu’ importanti ai fini della formazione di una coscienza nazionale del cittadino italiano.

Lo spirito comunitario di una Nazione ha bisogno di cementarsi in in un istituzione militare che possa limitare anche temporaneamente la liberta’ personale e instillare nei propri appartenenti quell’orgoglio e quello spirito di sacrificio anche fisico, che è alla base di qualsiasi popolo sovrano. Inoltre, di fronte alla crisi delle varie istituzioni educative, come famiglia, scuola, chiesa cattolica, crediamo che la reintroduzione della Leva, possa servire da argine alle varie tendenze disgregatrici del tessuto sociale italiano.Ogni cittadino e’ realmente tale quando sa essere anche soldato, disposto al sacrifico personale per difendere la propria Patria da minacce interne ed esterne.

Come ricordato da Paolo Mauri su il Primato Nazionale, oltre alla funzione atta ad ‘amalgamare’ gli italiani rendedoli popolo, cosi’ come fecero le trincee della Grande Guerra, e’ anche vero che la funzione principale della leva quella di rispondere ad un determinato tipo di minaccia, considerata prioritaria al tempo dell’ultilizzo della coscrizione obbligatoria. A causa della Guerra Fredda, quasi tutte le nazioni europee prevedevano tale strumento di difesa, nel caso in cui le due superpotenze egemoni del dopoguerra entrando in conflitto, avessero coinvolto, anche i membri dei rispettivi schieramenti: Nato e Patto di Varsavia.

La leva obbligaria prevedeva che il cittadino sapesse maneggiare le armi, anche solo in forma basilare, per poi venire rapidamente inquadrato nei vari reggimenti che, divisi sul tutto il territorio nazionale, avessero saputo fronteggiare una eventuale invasione delle truppe sovietiche.

Con la caduta del muro di Berlino e con il riassetto delle condizioni geopolitiche globali, che per quasi un ventennio hanno visto gli Stati Uniti come unica superpotenza egemone su scala planetaria, scomparsa la minaccia della Guerra Fredda e del pericolo comunista, si passo’ necessariamente ad una riorganizzazione delle forze armate, abbandonando la coscrizione obbligatoria e affidandosi ad esercito di professionisti, meglio addestrati ed equipaggiati.

L’impiego di tali professionisti sembrava più adatto alle circostanze, quelle della “Guerra al terrorismo, nei teatri principali di Iraq ed Afghanistan, nel quadro dei cosiddetti conflitti asimmetrici. Non piu’ quindi eserciti numerosi con conoscenze miltari di base, ma unita’ speciali, con il supporto di mezzi tecnologici avanzati.

Ma con il mutare degli scenari geopolitici odierni, soprattutto grazie al ritorno sulla scena politica mondiale della Russia, ed il conseguente ritorno alla possibilita’ di conflitti convenzionali, la coscrizione obbligatoria, non appare piu’ un’ipotesi cosi’ ridicola e anacronistica.

Inoltre, la coscrizione obbligatoria potrebbe vedere un numero di effettivi, impiegati in operazioni oggi ricoperte dalla Protezione Civile, nell’affrontare, emergenze legate a problematiche costanti del nostro territorio nazionale, come incendi, terremoti e dissesti idrogeologici.

Mentre, per quanto riguarda la proiezione esterna, non si puo’ non considerare la posizione strategica centrale sul Mediterraneo e nei Balcani, ricoperta dalla nostra Penisola, coinvolta nei maggiori conflitti regionali.

Come ultimamente dimostrato dal caso libico, la nostra posizione di subalternita’ militare alla Nato ci ha estromessi da un territorio fondamentale per i nostri interessi commerciali ed energetici, destabilizzando un’area che ci vede in prima linea, per quanto riguarda la sicurezza, specie da quando la Jamahirya e’ diventata preda delle milizie del Califfato.

In una fase di graduale declino unipolare stanutintese, che vede anche la Russia estendere i propri interessi sul Mediterraneo, l’Italia ha urgente bisogno di un ripensamento dei propri obiettivi strategici. Il nostro Paese ha pagato sin troppo l’assenza di una forza militare in grado di difendere i suoi interessi basiliari.

Come e’ noto, un rilancio dei nostri apparati militari, fungerebbe da volano per lo sviluppo tecno/scientifico anche dell’ingegneria civile.

E’ il caso di ricordare ai piu’ scettici che il nostro Paese possiede ancora industrie strategiche di riferimento, come Finmeccanica e le sue partecipare Alenia e Ansaldo (questa. purtroppo, ceduta di recente ai giapponesi) in grado di assolvere tale funzione. Inoltre, sara’ il caso di ricordare, che tali aziende sono gia’ fornitrici di armi e velivoli alle principali potenze mondiali.

Uno Stato che si dica realmente sovrano non puo’ prescindere da reparti militari sviluppati e all’avanguardia e crediamo che una “media potenza” come l’Italia, la quale fino a un decennio fa figurava tra le prime dieci economie mondiali, non abbia mai cercato di sviluppare un apparato militare proporzionato alle sue capacità’ industriali e tecnologiche.

La situazione appare ancor piu’ inaccettabile alla luce di quel che accade nel Mediterraneo, tradizionale sbocco delle proiezioni nostrane e avamposto della nostra sicurezza, il quale sta tornando ad essere un mare piuttosto agitato.

In conclusione, e’ di interesse primario per l’Italia reintrodurre la leva obbligatoria per ragioni di pedagogia nazionale e motivazioni di carattere geopolitico. Crediamo che nella prossima fase multipolare sara’ necessaria non solo una ricollocazione strategica dell’Italia, alla luce di scenari globali sempre piu’ incandescenti, ma anche una politica di Difesa imprescindibile da un potenziamento del settore militare. E data la geografia del nostro territorio, importanza capitale dovra’ essere data alla Marina, in uno scenario come quello mediterraneo che, come si diceva, ci tiene in prima linea.

Siamo certi, che tale potenziamento, avra’ effetti positivi in termini di “peso specifico” del Paese, dato che la “politica delle cannoniere” risulta sempre essere la componente derimente di ogni conflitto.

Siamo coscienti che tutto cio’ potrà realizzarsi solo con gruppi dirigenti all’altezza della nuova fase multipolare e della spregiudicatezza richiesta da questi tempi forieri di grandi mutamenti.